Woody in the moonlight
dicembre 10, 2014 in Cinema da Elisa Masneri
Il 2014 non poteva finire senza l’annuale film di Woody Allen, che come regalo di Natale ci offre Magic in the moonlight. Dal 1982 ad oggi Allen, ormai quasi ottantenne, ha girato un film all’anno. Insomma, come con i libri di Bruno Vespa, nasce spontanea la domanda: “È davvero possibile riuscire ad avere qualcosa di nuovo e importante da comunicare ogni anno?”. Non è più giusto valutare questi lavori per quello che sono, cioè un tentativo di sfruttare la propria fama al massimo, finché dura?
Woody Allen può vantare una filmografia quarantennale composta da film ormai considerati classici della storia del cinema. Lui stesso è un mito vivente della commedia statunitense, anzi è ciò che resta della gloriosa commedia classica hollywoodiana, il genere che insieme al western ha fatto di Hollywood una leggenda e che ora è stato relegato in un angolo per lasciare il posto ai kolossal sui supereroi.
Woody Allen è un classico perché chiunque, anche chi lo odia, riconosce i suoi film dalle prime note della colonna sonora, dalla prima scena del trailer, dalla locandina. Si potrebbe ribattere che questo è un chiaro indizio di quanto ormai sia collaudato il “prodotto Allen”, sempre più scarno di idee e ricco invece di cliché. Invece io credo che l’immediata riconoscibilità sia una prova del genio, è ciò che distingue un bravo regista da un maestro. Fellini docet.
Magic in the moonlight è la perfetta sintesi di quanto avete appena letto: ambientato nel sud della Francia sul finire degli anni ’20, è un tipico film dell’ultimo Woody Allen. Il protagonista, Colin Firth, è un illusionista famoso che mantiene il mistero sulla sua reale identità e nel frattempo smaschera finte medium e truffatori. Il suo scettico pragmatismo viene sconvolto dall’incontro con la deliziosa sensitiva Emma Stone, che con un paio di “impressioni mentali” mette in crisi le sue certezze di una vita.
Torna il tema dell’illusione, già presente in Scoop, torna il fascino della notte di Midnight in Paris, tornano le riflessioni ciniche sull’esistenza di Dio e sul senso della vita. Meglio vivere felici e illusi o infelici e disincantati? Niente di nuovo, insomma. Una commedia divertente ma non troppo, leggera, veloce e innocua. Non il film migliore di Allen, ovviamente, che pare essersi un po’ troppo addolcito con l’età.
Ciò nonostante, io lo consiglio: nelle ultime settimane ho visto Boyhood (interessante), Interstellar (non fa per me), Il giovane favoloso (bravissimo Elio Germano, idea ambiziosa) e altri film chiacchierati. Nessuno secondo me è stilisticamente al livello del pur prevedibile Magic in the moonlight: difficile trovare in altre pellicole quei dialoghi così ben scritti, quell’ironia inimitabile, quelle inquadrature eleganti e quell’atmosfera raffinata d’altri tempi.
Anche quando la storia non è per niente rivoluzionaria, il copione intelligente che la compone riesce a creare l’equilibrio perfetto tra bellezza estetica delle immagini e profondità dei sentimenti espressi. Il connubio tra ciò che si vede e ciò che si prova, insomma, che è l’obiettivo che dovrebbe avere ogni film.
Magic in the moonlight è semplicemente una salutare boccata di aria fresca, niente di più. Ma non è poco, di questi tempi.