Un superlodato pessimo film
gennaio 13, 2018 in Cinema, Recensioni da Mario Baldoli
Si proietta in questi giorni in città un pessimo film che gode di ottima stampa. È Morto Stalin, se ne fa un altro di Armando Iannucci. Il titolo è così tradotto dall’inglese The Death of Stalin.
Il film racconta le ultime ore del dittatore e la lotta politica per la successione. Inevitabilmente richiama un grande film del 2004 La caduta. Gli ultimi giortni di Hitler.del tedesco Oliver Hirschbiegel. Il suicidio di Hitler nel bunker ha in sé la potenza di un dramma, mentre il film su Stalin è semplicemente un’opera buffa.
Stalin morì nel marzo 1953 per cause naturali vicino alla sua dacia fuori Mosca, circondato dalla sua corte di adulatori che non chiamò subito un dottore perché già pensavano alla successione.
Nessuno di loro fu il nuovo Stalin. Non l’odiato capo della polizia segreta Beria che fu arrestato dal Comitato centrale del partito comunista e ucciso nel dicembre del 1953 in circostanze mai chiarite. Tutto ciò è raccontato dal film in parodia e con vari errori storici.
Fra i molti: Molotov non era ministro degli esteri quando Stalin morì, ma era stato allontanato nel 1949; lo diventò più tardi. Il maresciallo Zhukov non era fielmaresciallo, ma era stato esiliato in qualche regione dell’Urss perché Stalin era geloso dei suoi successi nella guerra. Divenne vice ministro della difesa in un successivo governo.
Fu Kruscev a presiedere l’incontro per riorganizzare il governo, non Malenkov. Beria arrestato tre mesi dopo la morte di Stalin, non quasi simultaneamente, ma fu ucciso nel dicembre 1953.
Saranno licenze poetiche, anche se la storia non procede col ritmo scatenato del film. Oggi si ricorda Stalin come colui che portò alla modernità l’Unione Sovietica e che fu il vincitore della Germania nazista, un grande, mentre Hitler è il diavolo.
Per i sovietici la sua morte fu una benedizione, e non inganni la grande partecipazione ai funerali (sempre uguale per ogni dittatore), perché quella morte interruppe una nuova ondata di terrore che Stalin aveva preparato contro i potenziali rivali, gli eretici e soprattutto contro gli ebrei sopravvissuti alla Shoà.
Nei suoi ultimi anni voleva ricreare il periodo del Terrore del 1937-39 quando fece uccidere più di 600.000 persone. Il film tocca anche come fantasie di regime il “complotto dei dottori” diretto contro i dottori ebrei, complotto che due mesi prima della morte Stalin aveva denunciato pubblicamente. Medici importanti furono arrestati e torturati fino a far loro confessare di appartenere a una gang terroristica sionista”. La sua brutale autorità richiamava il principio hobbesiano che nessuno è sicuro nello stato di natura.
Questi ultimi mesi di odio selvaggio sono rappresentati nel film in caricatura, come una farsa, mentre furono un periodo terribile per i sovietici, uccisi, incarcerati, torturati nella prigione nota come Lubianka o mandati al Gulag con l’accusa di cospirazione o di deviazione borghese. Stalin non fu una farsa.
La morte di Stalin è rappresentata con sorrisi, forse intesi come ironici, ma certamente il film non aiuta a capire la Russia degli anni Cinquanta. Kruscev tre anni dopo denunciò i crimini del dittatore al congresso del partito comunista, anche se ci volle molto tempo per smantellare la repressione e la sua ombra non è ancora del tutto scomparsa dalla nuova Russia.
Un film su Stalin sarebbe una grande sfida per qualunque regista, ma questo è solo un presuntuoso trattenimento.