Il triste ricordo di un grande poeta
marzo 22, 2015 in Grammatica studentesca della fantasia, Racconti e poesie da Lorenzo Bissolotti
TIPOLOGIA NARRATIVA
Cosa succederebbe se Beatrice, anziché condurre Dante attraverso i cieli del Paradiso, si innamorasse di Virgilio e scappasse con lui nel profondo Inferno?
È una calda domenica in quel di Ravenna. Un piccolo bambino esce nella piazza del Duomo e si accovaccia a un emaciato signore che, triste e svogliato, conta sulla sua pelle il passare del tempo e con esso la sua sofferenza.
Una goccia cade sul braccio del bambino, che istintivamente alza gli occhi e scorge, dal naso importante di chi lo sorregge, un rivolo di pianto. Notando l’espressione incuriosita del bimbo, l’anziano canuto inizia a parlare del suo più grande dolore, più per sfogarsi che per informare.
«Ero giovane e innamorato. Una donna che era un angelo, sì, un angelo che nel mio cuore era venuto in terra a mostrarmi un miracolo. Decisi di seguirla e più tardi (ero già adulto, ormai) iniziai il viaggio per poter abbracciare lei e, con lei, Colui che tutto muove. Per questo travaglio, chiesi all’anima di un grande poeta di accompagnarmi. Lo spirito di Virgilio mi accompagnò giù all’inferno e poi sempre più su, finché non vidi lei: Beatrice. Con lei avrei dovuto salire, e salire ancora, sino al primo motore immobile, ma non fu così.
Ci trovavamo quasi sulla cima del monte Purgatorio. Io e Virgilio eravamo alleggeriti da ogni peccato, tant’è che la mia materia era alleggerita e parimenti gli altri spiriti fluttuavano per l’aere. Non sapevamo dove avremmo dovuto incontrare Beatrice, l’unica cosa che Virgilio mi disse fu che dovevo essere puro. Finalmente, la incontrai. Il mio cuore ebbe un sussulto: era lì. Ci salutammo e iniziammo in tre la salita.
Subito, mi accorsi che tra Virgilio e Beatrice c’era un’intesa strana. Parlavano tra loro; lui illustrava la società latina e lei quella fiorentina; discutevano di arti e di cultura e io mi rimpicciolivo progressivamente. Arrivammo finalmente a un bivio. Avrei dovuto salutare Virgilio e proseguire con Beatrice, ma non fu così. Beatrice non riusciva a dissimulare la voglia di seguire la mia guida di nuovo nell’Inferno.
La terra tremò. Fulmini. Un frastuono assordante. Caddi. Mi rialzai una decina di minuti dopo. Ero solo. La donna ch’ebbi tanto amata era fuggita con il mio mentore. Con il passare del tempo mi sentii sempre più leggero. Non provavo odio o ira. Soffrivo perché i miei sogni erano svaniti. Piansi e i rivoli delle mie lacrime crearono un fiume, il fiume della salvezza. Un intenso bagliore mi destò dall’angoscia e quando alzai gli occhi scorsi l’arcangelo Gabriele. Il monte sarebbe crollato a causa dell’azione indegna dei due amanti e il mondo si sarebbe capovolto, a causa del peccato enorme da essi compiuto. Chiesi all’angelo un’ultima cosa prima di tornare tra i vivi.
Partii non appena mi fu dato il permesso e mi recai all’Inferno. Ero nel girone dei lussuriosi. Li scorsi. Gli andai incontro. Beatrice, tra le lacrime, mi comunicò il suo scoramento e la sua vergogna per aver commesso peccato dinnanzi a Dio, dopo che l’aveva accolta per l’intercessione della Vergine. Le ribadii il mio amore e lei rispose parlando del suo. Stetti sette giorni e sette notti ad ascoltarla e poi mi rivolsi a Virgilio. Lo abbracciai e lo perdonai. Poi l’angelo mi portò sulla Terra.
La mia morte spirituale era già avvenuta, la mia anima è ora nel cielo, dinnanzi alla Vergine, ma il prezzo di questa concessione è il lento vagare per questo mondo del mio corpo, appesantito dai peccati di altri, privo di anima, volata in cielo per il dolore più grande».
Il bambino abbraccia Dante e tornò dalla mamma. Dante dorme.