Sulle orme di Leonardo, il segno di Papa Faye
dicembre 21, 2014 in Nuovi cittadini da Beatrice Orini
Cognome: Faye
Età: 44 anni
Paese d’origine: Senegal
In Italia dal: 2002
Professione: artista
Stato civile: divorziato
Sogno: Una vita più tranquilla, senza stress, una vita di pace
Nudi siamo venuti e nudi andremo. Quello che abbiamo qui non dobbiamo accumularlo, ma dividerlo con gli altri: chi può aiutare aiuti. Io cerco di dire con la mia arte quello che non va, che bisogna pensare più all’essere che all’avere. Così riflette Papa Faye, artista senegalese nato nel 1970 a Pikine, nei pressi di Dakar, e dal 2002 a Brescia.
Dopo una pausa di alcuni mesi, l’anno scorso, per ritrovare radici e serenità nella sua terra, ha scelto di tornare qui per riprendere – dice – la mia arte, le mie idee, perché ho una cosa almeno da dire in questo piccolo mondo. In effetti, Papa pensa che ogni persona debba lasciare un segno grazie a cui gli altri si ricorderanno di lei quando se ne andrà: io vorrei che si ricordassero di me per un piccolo gesto che ho fatto e che è bello. Nella mia arte parlo spesso della donna, che è il laboratorio del Signore, è lì che il Signore crea la vita. Per me Dio ha cuore, è femminile; l’uomo invece ha distrutto il mondo. E sembra rispettare poco la donna, soprattutto da queste parti: Qui si usa la donna come oggetto, poi si permettono di dirci che da noi le donne sono sottomesse… Eh no! Quando mia madre si alza e parla, mio padre sta zitto. Le nostre donne, però, hanno un ruolo e gli uomini anche. Qui è tutto al contrario.
Papa – primogenito di una grande famiglia: il padre, fabbro e guaritore, ha tre mogli e 21 figli – sottolinea un altro aspetto positivo della sua Africa, anche se premette di sentirsi più occidentale che africano (ho la pelle nera ma la testa bianca!): Noi siamo forti perché abbiamo il legame. Nella mia famiglia siamo trenta in casa e viviamo con sette euro e cinquanta al giorno, prendiamo il pane la mattina, a mezzogiorno mangiamo tutti e mettiamo da parte dei piatti perché non si sa mai che arrivi un ospite imprevisto: le nostre case sono sempre aperte”.
A preoccuparlo davvero è l’immagine sbagliata dell’Europa che c’è in Africa: Io dico la verità su come si vive qui, per questo non ho molti amici di colore… Li vedo come fanno, chiamano e dicono cose che non sono vere a quelli che sono là… Un lavoro, la macchina, la casa… Invece magari vendono borse. Che vergogna hanno di dirlo? Finché faranno credere questo, non torneranno mai giù in Africa senza soldi. Bisogna togliere dalla testa alla nostra gente che vai in Occidente e la tua vita è già fatta. Anzi, quelli che si perdono qui sono più di quelli che ce la fanno. Anche la tv contribuisce a dare un’immagine sbagliata e le persone prendono e vanno. Come asini.
Papa, invece, ha scelto di ribaltare il meccanismo: Quando vado giù, io non porto i soldi, sono loro che me li mandano per il viaggio. I soldi che guadagno qui, li investo nell’arte e, quando arrivo là, ho solo i miei sandali.
Ma non è facile, in Italia come in Africa, vedere riconosciuta la propria dignità d’artista: Un giorno – racconta – un professionista italiano mi ha chiesto che lavoro faccio, io gli ho detto che sono un artista e lui mi ha risposto: “Ma fare l’artista non è un lavoro!” Sentire questo da un italiano, per me, è una vergogna. La cultura artistica mondiale è qui, i grandi sono qui, e proprio qui non viene riconosciuto il lavoro dell’artista? “Non è una sicurezza”, mi ha detto lui. Ah, perché timbrare il cartellino ogni giorno è una sicurezza? La sicurezza è ciò che ogni persona fa onestamente per vivere. Il mio caro maestro Leonardo da Vinci dice che nei momenti duri l’unica cosa che si salva è la creatività. E Papa la coltiva con passione e dedizione, lavorando soprattutto di notte a un’arte sempre più spirituale: Ho letto la Bibbia e sto finendo il Corano dove tutto è uno, tutto porta a Dio, dice Papa, che, musulmano, parla però di un credo universale. Ora sto cercando di decontestualizzare il David di Michelangelo Buonarroti, che è natura, ma anche spirito. Non si dedica, però, solo a questo: oltre a lavori occasionali, tiene corsi di percussione e ballo ai ragazzini dell’oratorio di San Faustino: I bambini mi hanno fatto rinascere – assicura –, mi hanno dato una gioia… Ora sono più leggero e più forte. Don Armando poi è un santo! La gente non lo conosce, ma lui sta seminando, lui vede quello che sarà tra dieci anni. Lui ha creduto in me.
Molti e fecondi, i suoi progetti: Sto preparando una mostra a Verona per l’inizio del 2015, poi Mantova, forse Orzinuovi, ma anche la Francia, dove, prima di venire in Italia, avevo un gruppo che si muoveva tra musica, danza e teatro e degli amici che adesso sono famosi.
Papa ha un sogno – Una vita più tranquilla, senza stress, una vita di pace; ritornare all’uno, all’unità: senza distinzione di razza o sesso – e ha pure un segreto: Sai qual è? Non bisogna correre. Me lo diceva sempre mio padre: “Quando la massa corre verso di là, Papa, tu stai seduto e prendi la strada contraria, perché dove vanno tutti qualche volta è inganno; troverai da solo la tua strada, perché andrai con il tuo tempo. Non seguire la massa”, diceva, “è come un gregge”.
Non ha seguito la massa, Papa. Lui non corre, ma cammina dritto incontro alla sua arte, fermandosi sui testi sacri, ma anche sulle riflessioni di Che Guevara: “Per fare una rivoluzione, prima devi sapere, poi avere”, scriveva… Io sto cercando di sapere e quando saprò, avrò. E lì potrò fare una rivoluzione.
Cammina, Papa Faye, nuovo bresciano credente e rivoluzionario, libero e forte anche per il sostegno del suo caro maestro: Uso l’arte come un’arma. Leonardo mi salva: è energia.