Sulla poetica di Magris e Tabucchi, i nostri più grandi scrittori
settembre 5, 2013 in Letteratura da Mario Baldoli
Disponibile in traduzione inglese di Anna Zorzi
In principio era il viaggio, era l’Odissea, l’avventura più famosa, quello che fonda la nostra civiltà. L’hanno scritto più volte Magris e Tabucchi, i due scrittori italiani più importanti e più conosciuti all’estero. Anche i più venduti, se si escludono Saviano e Camilleri (la serie di Montalbano è rappresentata anche alla tv inglese) che sono tuttavia scrittori di generi particolari, così come il nobel Dario Fo.
Dopo la generazione di Sciascia, Calvino, Pasolini, c’è la generazione di Tabucchi e Magris, uomini che dal viaggio prendono spunto per le loro opere principali, da Danubio a Girare per le strade. Oltre al viaggio, inteso come ricerca dello spirito, altro elemento comune tra i due è la scrittura di saggi e l’intervento politico su giornali e rivista. Sono due scrittori engagé, impegnati, si sarebbe detto una volta. Tabucchi ha scritto anche molti racconti e romanzi, tra cui l’indimenticabile Sostiene Pereira, da cui è stato tratto anche un film con Mastroianni. Come avviene nell’Iliade, l’orizzonte di Magris è rivolto verso est. Triestino, è il più profondo conoscitore al mondo della Mitteleuropa verso cui è ambientato il suo lavoro, a partire dal primo saggio Il mito absburgico. L’orizzonte di Tabucchi è invece quello occidentale, quello dell’Odissea. Innamorato del Portogallo, vi ha passato quasi tutta la vita e da quel confine d’Europa ha tratto continua ispirazione. Morto nel marzo dell’anno scorso, Tabucchi è uno scrittore che si mette continuamente in discussione, un creatore di dubbi e un romantico, quando segue il suo istinto che lo porta a sondare realtà al tramonto e fascini perduti. Solo Tabucchi poteva scrivere Sostiene Pereira, dove “sostiene” mette subito in guardia il lettore dal credere di trovarsi di fronte la verità.
Magris è più razionalista e controllato, immerso in un’erudizione a volte ingombrante, che soffoca l’opera. Il suo Danubio è un libro straordinario, un viaggio dalla sorgente alla foce: ma dove nasce il Danubio? E il Reno? Nascono forse insieme? L’uno è per un tratto affluente dell’altro? Un problema ancora aperto, trattato con sottile ironia. Danubio è anche un diario personale, con i nomi e gli umori degli amici che a tratti l’accompagnano, un viaggio erudito tra fatti storici lontani nel tempo, uomini in guerra, religioni senza pace. E genti che ancora si guardano con sospetto, lingue diverse, da difendere o imporre, una geografia ad anse, come il fiume. Nei Meridiani di Mondadori, quasi una consacrazione, sono ora usciti alcuni dei suoi libri più famosi.
Contemporaneamente Sellerio ha ripubblicato quattro struggenti racconti di Tabucchi: Donna di Portp Pim, Notturno indiano, I volatili del Beato Angelico, Sogni di sogni. Sono testi che spaziano dal 1983 al ‘93, rivelatori della malinconia dell’autore, del suo senso di perdita irreparabile. Il modo di procedere per appunti, di cogliere nel particolare uno spicchio di vita senza la pretesa di spiegare niente, tutto sostenuto da una cultura mai esibizionistica, ne fanno uno scrittore unico, una perenne sorpresa tra viaggio e sogno.
Nel prologo a Donna di Porto Pim, Tabucchi esprime questa sua poetica: I libri di viaggio posseggono la virtù di offrire un altrove teorico e plausibile al nostro dove imprescindibile e massiccio.
In Donna di Porto Pim, la sua riflessione sulle Azzorre, monti di fuoco, venti e solitudine, lo porta a frequentare gli ultimi balenieri, quelli che ancora inseguono con due scialuppe, tendendo le scotte e lanciando gli arpioni, il mammifero più grande del mondo. In quell’atmosfera vita e morte s’incontrano. Ne I volatili del Beato Angelico, l’ironia di Tabucchi tocca il vertice: com’è difficile suicidarsi in Europa! Ma non a Lisbona dove ciò avviene “correttamente e in piena libertà”. C’è un luogo da cui si vola nelle grandi dimensioni dello spazio, lo stesso Cristo, sulla riva del Tago, sembra un invito al gran salto, dritto su un trampolino, con le braccia spalancate. E c’ è un altro modo, più lento e dolce, è la saudade,.una categoria dello spirito per chi sa aspettare. Credo chiuderebbe questa breve nota col suo: Ora stava arrivando la malinconia, come avevo previsto.