Scoprire Marco Polo
ottobre 4, 2018 in Libri perduti o da tradurre da Mario Baldoli
Nel 1937 veniva pubblicato a Firenze in copie numerate un gioiello di originalità, erudizione e riflessione Storia letteraria delle scoperte geografiche di Leo Olschki , edito da lui stesso, fondatore dell’omonima casa editrice. Il numero limitato di copie, per altro con antiche preziose illustrazioni, fa pensare ad un gioco intellettuale rivolto ad amici e dotti conoscenti, anche perché l’argomento era in parte nuovo per l’autore, professore di filologia romanza a Heidelberg,
Il libro è quasi introvabile malgrado una piccola ristampa nel 1999, e andrebbe riproposto insieme con gli studi, ormai molto diversificati su quel favoloso passato.
Oggi siamo lontani dalla mera cartografia e ci illudiamo di aver fatto passi da gigante perchè abbiamo sviluppato varie branchie, tra cui la “nuova geografia” legata a nuove curiosità, ai dati statistici, alla geografia antropica fondata sui fenomeni economici politici e culturali fino alle proiezioni artistiche di Alighiero Boetti e Grayson Perry. Sulla storia delle mappe a partire dall’antichità, va comunque segnalato il libro di Simon Garfield, Sulle mappe. Il mondo come lo disegniamo, Ponte alle Grazie 2016.
L’anno dopo la pubblicazione della Storia letteraria, a causa delle leggi razziali Olschki lasciò l’Italia e andò ad insegnare all’Università di Berkeley negli Stati Uniti. Lì sviluppò a fondo il rapporto fra storia e geografia nell’antichità, un intreccio di discipline che culminò in L’Asia di Marco Polo, il suo ultimo libro (anch’esso da ripubblicare, ne furono stampate solo 500 copie).
In esso Olsckhi rovescia la prospettiva e racconta Il Milione per argomenti: I precursori di Marco Polo, La civiltà asiatica, Aspetti naturali e prodotti, Politica e religione, La medicina asiatica, Figure poliane. Rilegge così Il Milione, uno dei nostri libri più belli e trascurati. Scrive Olscki: Il volume rappresenta il primo tentativo di raggruppare sistematicamente l’enorme massa di dati e indizi eterogenei contenuti nel Milione e nella vasta letteratura che lo concerne.
L’originalità della Storia letteraria mostra il completo distacco dall’idea che “la storia deve esporre i fatti come sono veramente accaduti”. Che ciò fosse impossibile era già evidente al termine della Grande Guerra, e poi ribadito in molte opere da storici che non tenevano in gran conto ciò che dichiaravano.
Bisogna arrivare alla storiografia delle “Annales” per mettere in chiaro definitivamente che la storia è anche la percezione degli avvenimenti e che non procede entro confini definiti, ma è per natura interdisciplinare: lo storico è l’”Orco della fiaba” di Marc Bloch.
Risultato che Leonardo si trovava davanti quando nella sua Storia, (che esplora i sec.XI-XIII, con puntate che raggiungono i conquistadores e l’isola utopica di Thomas More) incontra la duplicità della geografia medioevale sottolineando che “altro è trovare, altro è scoprire”. Scrive, scoprire è riconoscere nella realtà qualcosa di degno di essere descritto e trasmesso.
Con Marco Polo ci troviamo nel mezzo del trovare e dello scoprire, della simbologia medioevale e dell’occhio attento del mercante, con alterna prevalenza.
Gli esploratori dell’epoca, almeno fino al tempo dei Conquistadores, vivevano insieme il desiderio d’avventura e di ricchezza, la fede e uno sfrenato desiderio sessuale con conoscenze “obbligate”, fondate non su un reale sapere, ma ancorate ai libri degli antichi scrittori latini.
La scoperta dei Paesi in cui mercanti come i Polo e navigatori come Colombo si erano avventurati obbedivano in prosa e poesia ad uno schema fisso che si differenzia per varietà di stile, ma non per novità di elementi.
Tuttavia non facciamoci illusioni – osserva l’autore – anche oggi dipendiamo dai nostri luoghi comuni, come in passato, quando dominavano altre fantasie.
Lo schema fisso di quel passato è l’iperbole con cui l’Oriente come le Americhe sono descritti.
I mondi nuovi sono sempre ricchissimi, in particolare in oriente: palazzi e regge con immensi saloni per migliaia di persone, colonne altissime con ornamenti d’oro e avorio, dragoni d’oro, smalti, congegni meccanici che provocano suoni e movimenti (talvolta per grazia del diavolo) e abbondanza di reliquie: gli elementi appaganti del gusto europeo per il colore e il magico. Il tutto senza che le fonti locali ne parlino, anzi Karacorum, la capitale mongola precedente alla Pechino di Kubilai Khan aveva una reggia con colonne di legno.
Così Marco cita esseri strani, ma solo in luoghi dove non è mai stato (ad esempio Giappone e Siberia), usi e costumi improbabili, la fontana dell’eterna giovinezza e altre eterne primavere, storie ascoltate forse nelle stazioni sosta. Sembra credere alle leggende: la montagna di Bagdad si è mossa per le preghiere dei cristiani o il Palazzo del Vecchio della Montagna, il tenebroso signore con la sua setta di assassini imbottiti di oppio. Sentiamo in lui la voce di Erodoto: Fin dall’inizio la storia mi ha richiesto aggiunte.
Appare (inventata, ma creduta vera almeno fino ad Ariosto) la Lettera del prete Gianni, discendente dai Magi, ricchissimo e cristiano, una Lettera. che è la prima utopia dell’era cristiana, infatti tutti vi vivono in pace e giustizia. Più lontani, a nord-est, sono Gog e Magog, tribù apocalittiche associate al viaggio in oriente di Alessandro Magno, viaggio su cui si fantasticava in Europa come in Asia.
La fantasia geografica di Ariosto fu tanto stimolata dalle favole e dalle esperienze dei viaggiatori da dedicare loro un’ottava dell’Orlando Furioso:
Chi va lontan dalla sua patria vede
Cose da quel che già credea lontane;
Che, narrandole poi, non gli si crede
E stimato bugiardo ne rimane:
Chè il sciocco vulgo non gli vol dar fede
Se non le vede e tocca chiare e piane;
Per questo io so che l’inesperienza
Farà del mio canto dar poca credenza.
Diversamente la pensava Calvino che dedicò un libro a Marco Polo, Le città invisibili, un affascinante immaginario dialogo tra Marco e Kublai Kan, signore di un impero così vasto da essere quasi del tutto sconosciuto.
Leonardo Olschki, fatta emergere la contraddizione della geografia medioevale – trovare e scoprire, ripetere la tradizione e insieme aprire gli occhi sulla realtà – individua la fonte che sta alla base di tante descrizioni: il libro Mirabilia Urbis Romae, disordinato Baedeker di stravaganze e luoghi comuni sorti intorno alla domus aurea di Nerone, cui si sommò l’influenza della poesia franca e di quella epica.
Da allora molti scrittori si sono occupati di geografia, o fantasiosa come Swift e Defoe, o vicina al vero, come Kipling e Conrad. Ma è bello anche ricordare Charlotte Bronte che in Jane Eyre denuncia i germi di nuove malattie apparse in Inghilterra, casta allusione alla sifilide.