Ritorno alla polaroid
settembre 16, 2014 in Arte e mostre, Interviste da Pino Mongiello
GIOVANNA MAGRI: VISIONI DELL’INVISIBILE
Giovanna Magri, gardesana di origine, insegna fotografia alla Libera Accademia di Belle Arti (Laba) di Brescia. Sulla sua opera recente è uscito un libro, Visioni dell’invisibile, Maretti editore, 2013, particolarmente curato. Tema degli scatti: un ideale viaggio dantesco nelle dimensioni di Inferno, Purgatorio e Paradiso, con l’evidenziazione, per ciascuna delle tre cantiche, di un colore simbolo, segno e cifra di un diverso “status” mentale, cioè di un diverso pensiero che contraddistingue la riflessione dell’autrice.
Macchina preferita da Giovanna Magri è una Polaroid 20-25, oggi ormai in disuso per il mercato. Alle pareti della sua casa-atelier alcune opere raccontano frammenti di vita, degli altri e sua.
Le immagini di questa fotografa, portate a misura quasi naturale del soggetto rappresentato, e sistemate in cornici che puntano a valorizzare la loro valenza iconica, sono di forte impatto, ma chiedono ugualmente di essere decodificate. Le sue immagini sono il risultato di un processo creativo nel quale anche la macchina fotografica ha un ruolo, non so dire se preponderante. Certo, quella macchina è indispensabile al risultato. Ma attenzione a non farne un feticcio, così come bisogna fare attenzione a non cadere negli automatismi. Prima di fotografare c’è bisogno di razionalità o, se si vuole, c’è bisogno di elaborazione mentale – dice Giovanna Magri; e aggiunge: “l’approccio fotografico esige uno studio a monte. Leggo, rifletto, studio, elaboro pensieri, cerco parole che mi aiutino a tradurre il bagaglio acquisito in immagini. Soprattutto, non sono le cose ad attrarre la mia attenzione… sono gli uomini. Mi interessa il ritratto, il volto, il gesto, ciò che appare ma, più ancora, ciò che non appare eppure c’è, magari è nascosto ed aspetta solo di essere svelato. Ci sono angoli ben sconosciuti anche a noi!”
Per fare il suo libro sulla Divina Commedia Giovanna Magri ha impiegato cinque anni. Ma Dante e la sua Commedia sono stati per lei un “pretesto”, un’occasione per esprimere una propria metafora esistenziale, una ricerca introspettiva dell’uomo nel quotidiano e, potrei dire, il tentativo di analizzare la propria vita specchiandola nei soggetti da lei ritratti. Le figure umane non hanno mai subìto il loro stare in posa; c’è sempre stato consenso, da parte dei modelli o delle modelle, nell’accettare di farsi ritrarre, vestiti o nudi che fossero, con la gestualità che la circostanza richiedeva. “Hanno sempre partecipato al mio progetto senza recitare, e si sono sempre trovati a loro agio davanti alla macchina fotografica”.
I volti che occupano le pagine del suo libro scandiscono tre tempi dello spirito: infernale, purgatoriale, paradisiaco. Le manipolazioni dell’autrice sugli elementi chimico-fisici degli acidi e dei colori della polaroid sono evidenti, oserei dire necessari per attribuire ai soggetti i connotati voluti, per assegnar loro le atmosfere cercate. La resa emotiva è davvero carica di tensione. Tutto mi incuriosisce della ricerca messa in atto da Giovanna Magri. Ho cercato di scoprire qualcosa di lei nella nota biografica posta a fine libro ma, come al solito, le notizie fornite sono piuttosto asettiche e di routine. Ma c’è un riferimento “personale” che mi fa riflettere: “Come autrice e ricercatrice: studia la storia della fotografia e il linguaggio dei grandi maestri; in particolare da anni approfondisce la ricerca del ritratto-autoritratto nei suoi molteplici significati artistici-filosofici-psicologici… Storia e storie nella città dell’anima … Un viaggio nell’infinito mistero che è l’uomo!”. In effetti, non trovo nelle immagini di questa fotografa l’espressione di un gioco estetico. C’è invece una forte pressione, rivolta a chi le guarda, perché si orienti verso una profonda riflessione esistenziale.