Renzo furioso
marzo 17, 2015 in Grammatica studentesca della fantasia, Racconti e poesie da Stefano Gatti
TIPOLOGIA NARRATIVA
Nel mezzo dei tumulti milanesi per la carestia del pane, Renzo scorge, tra la folla, la donna più bella che abbia mai visto. È Angelica, principessa del Catai, scappata dall’Oriente dopo un fulmineo e fallimentare matrimonio con il fante Medoro. Il giovane ne rimane folgorato, ma i doveri verso la promessa sposa Lucia lo tormentano.
Quel giorno Renzo non avrebbe mai pensato di avere altra preoccupazione che non fosse quella di salvarsi la pelle in mezzo al caos della rivolta. Questo prima di incontrarla. Nella sua vita gli era capitato di vedere di sfuggita nobildonne agghindate o giovani ragazze dalla genuina bellezza, ma la struggente emozione provata semplicemente incrociando lo sguardo della principessa del Catai era qualcosa di indescrivibile. È quel tipo di emozione che ti fa spegnere il cervello e mandare al diavolo ogni proposito preso precedentemente. Il matrimonio con Lucia non sembrava più tanto importante e l’amore che credeva di aver provato fino ad allora appariva adesso con un ricordo lontanissimo e sbiadito.
Così, quando Angelica sparì dalla sua vista, Renzo pensò solo a una cosa: a come rintracciarla. Una donna del genere non può passare inosservata e gli ci volle quindi poco tempo per scoprire che era fuggita in Francia. Per due giorni, nascondendosi dove e come poteva, Renzo tentò di escogitare un piano per uscire da Milano e valicare le Alpi: rubare un cavallo o unirsi a qualche viandante diretto a Nord sembravano tutte idee buone, ma nessuna era effettivamente praticabile.
La soluzione al suo problema apparve il giorno seguente, camuffata sotto le vesti di un anziano e affamato signore. Quando il vecchio, blaterando qualcosa riguardo a palazzi incantati e donne guerriere, si avvicinò a Renzo, il giovane pensò di trovarsi davanti una banale seccatura. Solo quando l’uomo gli propose di barattare il suo cavallo per un po’ di cibo, Renzo lo prese sul serio. Rubare del pane in città rimaneva un’impresa certamente meno ardua che non procurarsi un cavallo.
Ottenuto il pane, Tramaglino si incontrò con l’uomo in una stalla e qui vide la cosa più incredibile in cui si fosse mai imbattuto, seconda solo allo sguardo di Angelica. Era inutile chiedersi perché quel cavallo avesse le ali e il muso di un volatile, nessuna risposta sarebbe parsa plausibile. L’unico fatto che contava in quel momento era che quella bestia l’avrebbe portato dove voleva.
Una volta spiccato il volo in sella all’ippogrifo, Renzo perse la cognizione del tempo e in un breve quanto lungo tragitto si trovò in Francia. Qui soggiornò per un breve periodo in una locanda, così da potersi riposare e raccogliere informazioni per trovare la donna in fuga. L’oste, noncurante dei reali interessi del suo ospite, si mise a raccontargli una storia accaduta pochi giorni prima: «Giovane, devi sapere che fino a poco fa ha soggiornato nella mia taverna il più grande guerriero che abbia mal calpestato il suolo francese. Ogni notte, allo stesso posto, beveva e si disperava a causa di un amore mai ricambiato. Solo quando conobbe l’esistenza di una magica fonte d’amore si alzò dalla sua sedia, con lo sguardo di un uomo che aveva ritrovato uno scopo. Orlando era il suo nome, mi punisca Re Carlo se non dico il vero».
Renzo, prima degli eventi che lo travolsero, non avrebbe creduto all’esistenza di una fonte del genere, ma questa gli appariva ora come la più brillante delle soluzioni. Informatosi presso l’oste riguardo alla strada presa dal paladino, si decise a cercare questa fonte, la cui acqua avrebbe fatto innamorare Angelica. Il ragazzo confidò forse troppo nelle doti del suo ippogrifo, ignorando quanto il principe d’Anglante fosse veloce in sella al suo Brigliadoro. Quando giunse nei pressi delle acque miracolose non solo scoprì che il paladino era arrivato prima di lui, ma che la donna che mai prima d’allora aveva ricambiato l’amore di Orlando e che ora lo abbracciava teneramente era la stessa per cui egli stesso aveva deciso di valicare le Alpi.
Misero uomo, hai gettato via un amore per rincorrere l’infinita ombra del vero, e ora ti disperi; impazzisci come fece colui che ti sta di fronte. A poco valsero i tentativi di Orlando e di Angelica, calmare il giovane era ormai impossibile: stracciate le vesti e abbandonato ogni lume della ragione, Renzo diede sfogo alla sua follia in modi che avrebbe poco senso descrivere. Sparito tra boschi e selve, nessuno si preoccupò più di lui. Lucia seppe solo che egli l’aveva abbandonata e nessuno dei suoi cari poteva permettersi di raggiungere la Francia.
Sappiamo per certo che l’ippogrifo rimase dove Renzo lo lasciò, così come è noto che il senno degli uomini alberghi in terre lontane. Se qualcuno si spinse in volo verso terre ignote per aiutare il giovane, non è affar nostro.