Quattro secoli per capire la libertà e pochi decenni per dimenticarla
dicembre 29, 2016 in Approfondimenti, Libri perduti o da tradurre da Mario Baldoli
Come si è evoluto il concetto di libertà nella storia, un tema ferocemente attuale oggi quando essa si cela nella più lunga delle eclissi.
Su un argomento così dimenticato Quentin Skinner, uno dei più grandi filosofi al mondo, in occasione del prestigioso riconoscimento internazionale Premio Balzan, ha tenuto la Lectio magistralis: Thinkingabout liberty, an historian’sapproach, Olschkieditore, 2016.
Il suo discorso segue l’evolversi dell’idea di libertà nella storia.
Per comprenderla Skinner muove da Hobbes (Leviathan, 1651): perché un individuo sia libero occorre che possa agire in modo alternativo, cioè possa scegliere. Cosa possibile, a meno che non soffra di qualche limitazione fisica, cioè di qualche grave malattia.
Locke (Two treatises of government, 1689)continua: se c’è coercizione (qualunque essa sia) non posso agire in piena libertà. Ma quando c’è coercizione? Solo nel caso in cui tu avvisi una persona che sarà punita; non è invece coercizione se prometti una ricompensa, perché la persona può decidere di no.
Altri scrittori inglesi, James Harrington (Oceana, 1656) e John Milton (Ready and Easy Way to Establish a Free Commonwealth, 1666), mostrano che vivere soggetti al potere di un altro significa vivere come uno schiavo. Di conseguenza la monarchia, con i suoi privilegi, è un inevitabile nemico della libertà.
A fine Settecento Jeremy Bentham (On the limits of the penal branch of legislation, 1780) sostiene che abbiamo coercizione solo in vista di una punizione, ma si distingue dai precedenti perché considera la coercizione anche come coercizione della libertà.
Infine è Mary Wallstonekraft (Vindication of the Right of Woman, 1792) a denunciare come schiavitù la dipendenza economica delle donne.
John Stuart Mill (On liberty, 1859) sostiene e sviluppa lo stesso argomento di Mary Wallstonekraft: se i padroni tengono gli schiavi con la paura, i padroni delle donne esigono più della semplice obbedienza, impediscono loro di agire senza permesso, né acquistare proprietà, così che la posizione della donna nel diritto inglese è peggio di quella di tanti schiavi in molti paesi. Mill ritorna sul fatto che la libertà può essere tolta da atti di interferenza di agenti esterni, ma pone altri problemi: se tu stesso ti togliessi la libertà? E se tu fossi schiavo della passione? O fossi schiavo della consuetudine e ti adattassi al “Cosa si fa di solito?”Ma la perdita della libertà può essere dovuta anche alla tua autocensura. Mill, profeta del presente!
Queste definizioni ci rimandano al Diritto romano che distingue la libertà in uomini liberi e schiavi. La libertà è assenza di dipendenza da un potere arbitrario, ma è anche soggetta a precedenti relazioni di dominio e dipendenza, cioè la schiavitù. Ciò distingue quel diritto dalle concezioni liberali.
Secondo Karl Marx la libertà si lega alla condizione sociale, è questa che determina la consapevolezza. In una società capitalistica e borghese siamo costretti ad agire in base a una falsa consapevolezza dei nostri reali interessi.
Finora, osserva Quentin Skinner, la libertà è data da un’assenza ed è definita da assenza di interferenza.
Bisogna arrivare, alla ripresa dell’hegelismo, per incontrare definizioni in positivo. Secondo Thomas Hill Green (On the Different Meanings of Freedom), libertà è la liberazione del potere di tutti per contribuire al bene comune.
Va oltre Hanna Arendt (What is freedom?): la libertà è agire “in associazione con gli altri”, associazione che si spinge fino a interdipendenza tra libertà e politica, che si potrebbero anche sovrapporre.
Nella seconda metà del Novecento la Scuola di Francoforte riprende l’analisi di Marx volgendola contro la società dei consumi e i suoi valori falsi e alienati.
Di secolo in secolo, e quanto faticosamente, possiamo vedere come si è evoluto il concetto di libertà.
Skinner conclude giudicando la libertà di oggi, il tempo della democrazia e della parità dei diritti.
È una conclusione tragica: restano le sopravvivenze gerarchiche, i popoli dipendono dalla volontà dei governi, Le democrazie occidentali sorvegliano la vita dei cittadini senza il loro consenso, la privacy è invasa, le nostre mail sono lette, l’autocensura (per es. nei mass media) toglie la libertà di espressione. I lavoratori dell’industria vivono in un crescente grado incertezza e di soggezione ai loro padroni (termine che si dovrebbe usare, invece dell’ipocrita “datore di lavoro”). Gli immigrati clandestini vivono soggetti ai loro padroni anche per lo stipendio. Le donne vivono in dipendenza economica, sottomesse a poteri arbitrari e soffrono di violenze domestiche.
Nella sua lezione avvertiamo come di secolo in secolo, e quanto faticosamente, si è evoluto il concetto di libertà.
Aggiungo che nessuno oggi ha il coraggio intellettuale di quei filosofi perchè abbiamo imparato a rinunciare alla libertà.