Quando l’amore s’increspa e si frange
giugno 1, 2024 in Approfondimenti, Recensioni da Viola Allegri
Malinteso è probabilmente l’aggettivo (tale nei vocabolari, ma io lo direi participio) molto presente nelle definizioni del nostro tempo. Da Kafka, Heidegger, Arendt, Sarte, Camus, Simone del Beauvoir, oggi Di Cesare, per restare in letteratura e filosofia, mentre in politica dalla guerra franco prussiana del 1870 alla Prima guerra mondiale a quelle di oggi si sente sul collo la sua presenza minacciosa, foriera di catastrofi. In particolare l’esistenzialismo l’ha compreso e lo reincontriamo in due brevi romanzi di Simone De Beauvoir pubblicati da Ponte alle Grazie con Isabella Mattazzi, curatrice di Malinteso a Mosca, e traduttrice di Le inseparabili con la postfazione di Sylvie Le Bon de Beauvoir, la figlia adottata da Simone.
Quest’ultimo testo, più volte abbandonato e riscritto, poi inserito nelle Memorie di una ragazza per bene, è stato infine ritrovato in un cassetto della scrittrice.
Simone e Zaza hanno nove anni e si conoscono a scuola, sono le più brave, sono nello stesso banco ma sono profondamente diverse. Zaza non obbedisce passivamente alle suore, le sfida; poco tempo dopo, quando l’adolescenza si fa sentire, ha una storia d’amore non proprio platonica con un ragazzo, Merlau Ponty (nel libro i nomi sono tutti mutati) il quale, intellettuale educato e religioso è troppo legato alla tradizione per amarla come lei desidera.
Al contrario Simone è molto più ingenua, obbediente, innamorata dell’indipendenza di Zaza, succube del suo pensiero, soffre quando non la trova in classe, cerca di comprenderla, in una ricerca costante della verità diventa atea: perchè credere in un Dio crudele? Anche lei si adegua alla soggettività e va oltre: è così monotona la vita dei grandi, giornate tutte uguali, non si impara più niente. Lentamente e tuttavia quasi all’improvviso Zaza scopre quanto l’ama Simone e le confida i suoi segreti.
Ormai sono alla soglia dell’Università, per Simone ci sarà lo studio, per Zaza la famiglia vuole un cospicuo matrimonio. Malintesi, prepotenze familiari, affetti a cui è sempre legata, sotterfugi che arrivano ad atti come tagliarsi un piede, ordini implacabili sono il destino orribile di Zaza che sceglie un feroce malattia.
Come sempre, non descrivo la trama per intero, altrimenti perchè leggere un libro o vedere un film?
L’altra chicca che l’editore propone è Malinteso a Mosca, anch’esso con nomi diversi, è in trasparenza il ritratto di Simone e di Sartre. Inizia con un viaggio a Mosca per incontrare la figlia precedente di lui. Tutto si svolge felicemente, le due donne simpatizzano subito, mentre lui è un vecchio comunista che dai tempi della guerra d’Algeria (sottinteso qui il mai risolto conflitto tra Sartre e Camus) non ha combinato altro che incontri e brevi scritti, si accontenta di vivere il presente con eccezionali bevute di vodka che non basta a svegliarlo. Lei lo giudica con sarcasmo, perché lei guarda al futuro, ma intanto si sente vecchia, fagocitata dal mondo (un pensiero che ritorna in tutti i libri di Simone): la giovinezza, la bellezza, il sesso sono spariti, la carne è diventata molle, i tratti disfatti, la bocca sfondata; anche lui è vecchio, tartaglia, dimentica le parole, ma non se ne preoccupa, lui è calato nel presente.
L’Unione sovietica non è ciò che avevano pensato. Il suo superbo paesaggio è interrotto da irrazionali divieti: qui, là non si può andare. La giovane figlia di Sartre è abituata, non si meraviglia, l’atteso permesso arriverà, basta attendere, cosa incomprensibile per Simone. L’idea che oggi bisogna soffrire perchè domani ci sia l’uguaglianza è fallita. Aveva ragione Orwell, non Brecht. Il tempo della coppia passa velocemente, anche se sente troppo la frequentazione dei caffè, come a Parigi. E’ il momento di tornare, lei è felice, ma scoppia il malinteso: hai detto che partiamo, no ti ho detto che restiamo ancora qualche giorno. La polemica cresce di tono, le bottiglie scolate fanno da paravento, la rabbia sfocia nella solitudine, l’amore si frange, emergono ambizione perdute e rinunce: è strano come si adattino le opinioni di una persona amata, anche se sono opposte a quelle che si avevano finora. Torna un pensiero di Kafka: un castello di carte cade non perchè si muove il tavolo, ma perchè è di carta. Il malinteso è uno scarto tra due dimensioni opposte nel tempo: la perdita e il declino nella vecchiaia, alla quale aggiungerei l’egoismo e l’intolleranza.
Il malinteso è un granello di sabbia che sfascia l’ingranaggio (vedi in proposito Trotskji, Letteratura, arte, libertà) è comune a tutti. Si è vissuti giustapposti, ognuno per sè, non fusi insieme. Il romanzo prende poi un’altra svolta, ma letti insieme danno un quadro omogeneo dei problemi aspri che la vita ha messo e ci mette davanti.