Quando la cultura è puro godimento, un libro di Sonia Trovato
aprile 23, 2018 in Letteratura, Recensioni da Mario Baldoli
Una toga nera da cui uscivano due grosse mani si agitava davanti all’imputato, poi la voce mandò un tuono: Che c’azzecca Montalbano?
L’imputato, trasbordante da larga sedia lignea – gli occhi spenti – è il ben noto, recidivo siciliano Camilleri che, a domanda insidiosa, ha appena tirato in ballo tal Montalbano. Del pubblico ministero, di nome Antonio, pronuncia suditalia, non vediamo, dalla nostra postazione, che quei fasci di toga svolanti, ma ne immaginiamo la bile montante.
Giustamente Antonio ha preso cappello: l’imputato Camilleri vuole scaricare l’accusa: nel presente caso “soggezione e dipendenza (eufemismo per non dire “copiatura” ci ha supplicato l’avvocato difensore, certo Tomasi veniente da Lampedusa, un principe del foro) di metodo, percorsi, simboli letterari”, la vuole scaricare su qualcuno che non esiste, se non nella sua fantasia, sulla carta, in televisione, rivelando ancor più l’attitudine all’illecita dipendenza, ora andando a similitudine de Il cavaliere inesistente di Italo Calvino, come nessuno sapesse chi era Calvino e si facesse prendere per i fondelli.
Quindi: Che c’azzecca ’sto Calvino?
Il Camilleri, surrogato, strapazzato, spazzato, sussurra: Fu Ludovico.
Stupore, l’aula mormora, s’alza un rumore malevolo.
Ecchiè? il pm è esacerbato. Se l’avesse con sé metterebbe mano alla sua Beretta a percussione APX, trasformata per lui in 40. S&W con la nuova ottica Red Dot e la solita canna di 108 mm, teoricamente infallibile.
Il Lampedusa toglie l’assistito dagli infingimenti: È Ludovico Ariosto.
Rapida consulta degli smartphone approda a un signore del 1400-1500. Che c’azzecca?
“Fu lui a cominciare – prosegue Camilleri – è una storia lontana”.
Cominci, ordina Bradamante la giudice.
E s’illumina l’oscuro: “Il mio libro prediletto…. della mia infanzia …con le illustrazioni di Gustavo Doré, meravigliose fimmine nude, così, violentate dai frati, liberate dai cavalieri… e il polpastrello andasse a carezzare un posto preciso… ci faceva supra col dito circoli insistenti, continui”.
Alt, il vostro cronista si affida alla fantasia del lettore.
Il Tomasi interrompe i circoli continui e chiama a testimonio tale Aron Hector o Italo, uno che parla con sottile elegante accento tedesco: E’ vero – asserisce l’Italo – Ariosto è la profonda radice, ci siamo tutti appesi, io come Camilleri, come la Valentina di Crepax che purtroppo non è in aula, trattenuta da uno scoop.
Basta così – ammonisce la Bradamante.
Il libro di Sonia Trovato, A chi nel mar per tanta via m’ha scorto, che significa “seguìto” dice lo smartphone. Sottotitolo: La fortuna di Ariosto nell’Italia contemporanea, Carocci editore, è da leggere perché è tutto godibile. La cultura sa essere seria, ma quando è anche giocosa lascia al lettore un’impronta che dura per sempre.
Ludovico è catapultato nel nostro tempo: chi sapeva che Svevo aveva scritto un Ariosto governatore? Nemmeno lo smartphone.
I vecchi avevano forse sentito alla radio Calvino sceneggiare l’Ariosto, qualcuno aveva letto anche un Paperin furioso, con la strega Nocciola, Gastolfo e relativi Saraceni, cioè la banda Bassotti, fantasia di Luciano Bottaro; altri aveva visto a Spoleto l’Orlando di Ronconi e Pane e tulipani di Silvio Soldini. Chi legge i giornali ce lo trova anche in Jovanotti: Ludovico? Il mio rapper preferito.
Antonio Di Pietro resta a metà col suo Azzecc, perché Bradamante sospende la seduta: Con Ariosto non è mai finita, sussurra sudata.