Primavera: un’interpretazione botanica del dipinto di Botticelli
giugno 27, 2024 in Arte e mostre, Recensioni da Roberta Basche
Tra le molte interpretazioni che la Primavera di Botticelli ha suscitato nel corso dei secoli, Mirella Levi D’Ancona nel volume pubblicato da Olschki e tradotto dall’inglese da Sarah Cuminetti e Cinzia Pasquini, ne propone una “botanica” avvalendosi di 40 tipi di piante e fiori dettagliatamente dipinte dal pittore fiorentino.
Le fonti a cui la storica dell’arte fa risalire la genesi del quadro sono i Fasti di Ovidio e le Stanze di Poliziano.
La prima parte del testo analizza il contesto storico in cui è nato il dipinto e l’interpretazione che ne è stata data nel tempo, la seconda, corredata da immagini delle piante dipinte da Botticelli, le descrive singolarmente suggerendone la simbologia attraverso testi poetici e letterari.
Il primo gruppo di personaggi è costituito da Zefiro, Cloris, Flora.
Nel racconto di Ovidio Cloris, ninfa di una bellezza impareggiabile “un giorno, mentre raccoglieva fiori, fu notata da Zefiro(…) il quale fu colto da una repentina passione tanto folle da spingerlo a possedere la fanciulla. Dopo lo stupro, però il Dio rinsavì; per fare ammenda la sposò dandole in dote il dominio dei fiori e quel giorno il suo nome cambiò da Cloris in Flora, sposa felice che accoglie la nascita di ogni tipo di fiore”.
Nell’opera, il dio dei venti si identifica per la veste blu- è nato dal mare- e per le guance gonfie, la ninfa per le rose che escono dalla bocca come narrato nei Fasti di Ovidio.
La terza figura “radiosa e sorridente vestita di bianco, adornata di fiori sul vestito, il capo e attorno al collo, intenta a spargere rose mentre cammina nella Primavera di Botticelli, dovrebbe quindi essere identificata come Flora”.
Il suo corpo e le sue vesti sono avvolti da fiordalisi, margherite, mughetti, ellebori, myosotis, foglie di mirto, fragole, viole.
“Botticelli- scrive Levi D’Ancona- ha raffigurato il dettaglio eloquente delle rose che spuntano dalla bocca di Cloris, ma ha tuttavia modificato il motivo tradizionale raffigurando anche altri fiori- violette, fragole, pervinche e fiordalisi che escono dalla bocca della ragazza insieme alla rose citate da Ovidio”.
L’altro gruppo di personaggi è rappresentato dalle tre Grazie danzanti che si trovano sulla sinistra del quadro.
“Al regno ove ogni Grazia si diletta
Ove beltà di fiori al crin fa brolo
Ove tutto lascivo drieto a Flora
Zephiro vola e la verde erba infiora”
(Stanze, I.68)
e anche:
“Letizia balla in mezzo alla via
Voluttà con bellezza si gavazza(…)
(Stanze, I.74)
Venere, la prescelta, spicca come figura solitaria al centro del quadro.
Levi D’Ancona ipotizza che il dipinto fosse stato concepito originariamente come Il Giudizio di Paride, le tre Grazie rappresentando Giunone, Venere e Minerva; sullo sfondo l’aranceto con una doppia simbologia: le arance sono emblema mediceo e l’arancio era anche il dono di nozze delle tre Grazie a Giunone.
Le altre due figure isolate del quadro sono Cupido, raffigurato “bendato mentre scocca con l’arco un dardo infuocato verso una delle Grazie”, dipinto sopra la dea Venere incorniciata dal mirto, e Mercurio che chiude la narrazione.
Suggerisce l’autrice che originariamente “la Primavera sia stata concepita per la storia d’amore tra Giuliano dei Medici e Fioretta”, poi interrotta alla morte di Giuliano durante la congiura dei Pazzi.
Il quadro fu probabilmente donato da Lorenzo il Magnifico a Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici e Semiramide Appiani in occasione del loro matrimonio.
Secondo tale ipotesi “il simbolismo vegetale enfatizza ulteriormente l’idea di matrimonio incarnata dalla figura di Flora” la cui veste è ricoperta da fiordalisi e garofani, rispettivamente attributo della sposa felice e fiore del matrimonio.
“L’anello di congiunzione tra la parte destra della Primavera ispirata ai Fasti di Ovidio e la parte sinistra vagamente basata sulle Stanze di Poliziano è- secondo l’autrice del saggio -l’ambientazione delle figure in un aranceto”.
Quasi tutte le piante raffigurate nel quadro sono legate al matrimonio o fioriscono in primavera, quando si sarebbero dovute celebrare le nozze Medici-Appiani, poi rimandate al mese di luglio in seguito alla morte della madre di Lorenzo il Magnifico.
Ai piedi della Grazia centrale, identificata da Levi D’Ancona come Semiramide Appiani, si osservano eragrostide, borraggine, viola, simboli di felicità, gioia e dono dell’amore.
La Grazia volge lo sguardo verso “lo sposo(…) raffigurato nelle vesti di Mercurio” accanto al quale c’è una pianta di lino che secondo Ficino simboleggia l’attrazione amorosa.
La storica ipotizza che “l’interesse di Botticelli per il simbolismo botanico sembra aver avuto origine con la traduzione in italiano della Storia naturale di Plinio”.
Questo interesse è manifesto anche nell’opera Madonna Bardi, dipinta quasi contemporaneamente alla Primavera, sebbene il pittore abbia riservato minore precisione al dettaglio botanico.
L’analisi botanica dell’opera di Botticelli invita ad uno sguardo in cui le piante non fungono solo da cornice per i personaggi, ma arricchiscono il significato del quadro.
di Roberta Basché