Persia in lotta 2

aprile 8, 2023 in Approfondimenti, Persia da Mario Baldoli

Continua la riflessione di G9 sulla rivolta delle donne persiane, iniziata con il rifiuto del velo (hijab) ed estesasi contro il governo. Da quando gli ayatollah hanno aperto le università alle donne- se pure separate rispetto agli uomini, esse sono diventate la maggioranza delle laureate e attualmente in Iran vi sono 400 scrittrici rispetto a 350 uomini scrittori. La maggior parte delle donne ha fatto studi all’estero ed ha quindi una cultura cosmopolita. Esse si sono quindi impadronite del genere romanzo e saggio, mentre per gli uomini l’ispirazione era da sempre solo la poesia e da poco si sono avvicinati al romanzo, il più famoso dei quali è La civetta cieca di Sadegh Hedayat, che descrive l’insufficienza e il crollo dell’uomo di fronte a un mondo indecifrabile.

Bibi Khanoom Astarabadi

Bibi Khanoom Astarabadi

Lasciamo al prossimo articolo la più toccante – autentica- storia d’amore che io abbia mai letta, e iniziamo un percorso vagabondo negli ultimi due secoli. Quanto scrivo dipende largamente dalle osservazioni critiche di Anna Vanzan, grande traduttrice e conoscitrice del mondo islamico e persiano in particolare.

Comincio da una delle prime scrittrici di fine Ottocento, Bibi Khanum che si impone nel 1895 con il libretto I Vizi degli uomini. Bibi manipola con sapienza al femminile alcuni versi misogini del Corano, il fatto che le donne devono obbedire ai mariti:

Mie sorelle nella fede! Seguite questo ammonimento solo se avete un marito che sia un buon credente e un giusto, uno che non persegua le vie del peccato e che tratti la moglie bene e con gentilezza (…) Non è che ogni uomo sia superiore a ogni donna, né ogni donna è inferiore a ogni uomo. Seguono esempi di superiorità femminile, infine: Non tutti quelli che frettolosamente si mettono sulla testa un cappello e l’assestano, sono illuminati condottieri.

Bibi per prima usa la lingua con molte varianti: prosa colta che mescola citazioni dotte e scurrili soprattutto nell’uso del linguaggio sessuale. Descrive mariti omosessuali che dopo vicende boccaccesche finiscono castrati, uomini che fumano oppio e giocano d’azzardo. Gli organi genitali sono nominati senza riguardo.

Immagini e scritti osceni sono frequenti nella letteratura persiana già all’inizio dell’Islam, con funzione di disprezzo, in questo caso verso la presunzione degli uomini, ma tale licenziosità è ricorrente in tutta la letteratura medioevale, leggi per es. Mahsati Ganjavi, Abu Nuwàs, me anche il grande Hafes.

 

Goli Taraghi

Goli Taraghi

Passo ora ai racconti di Goli Taraqqi (a volte tradotta con Taraghi, n.1938), figlia di uno scrittore e laureata in filosofia a New York, emigrata in Francia, ma spesso tornata in Iran.

La signora Melograno

Gli aeroporti non sono solo i non luoghi di cui scrive Marc Augé, provate a prendere un volo per Tehran. Alla protagonista, donna emancipata che torna in patria, si appiccica una vecchia analfabeta che deve raggiungere i suoi figli in Svezia.

All’apertura del check -in una folla turbinosa si lancia al controllo, sgomita, per passare, lamenta indifferibili urgenze, su tutte quella della madre morente, mentre l’altoparlante informa che l’aereo è al completo, ma sembra che qualcuno sia pronto a viaggiare anche in piedi o nella stiva. Nel frattempo la protagonista ha compilato l’ultimo documento della vecchia subendo montagne di ringraziamenti e lamentele per quei figli lontani che poi vorrebbero trasferirsi di nuovo, mentre lei li aveva consigliati, ecc ecc. che cosa gli mancava a casa?

La descrizione della folla è minuziosa: dall’urlo imperioso dell’Ego, all’accorta attenzione di chi è abituato e sfrutta ogni minimo varco, infine la protagonista, attardata dalla vecchia, si appende ad un impiegato fingendo di conoscerlo e riuscendo a passare. Poi sull’aereo tutti trovano un posto, mentre le hostess crollano di sgomento e stanchezza. La vecchia non tace, non si trova la sua cintura che lei copre completamente, pensa di scendere alla prima fermata, non capisce che dovrà cambiare aereo ad Orly, La protagonista infine la mette su una specie di montacarichi e riceve in dono una melograna, simbolo di felicità e d’amore. Solo a casa si trova in tasca il biglietto della vecchia per Stoccolma, chissà ora dov’è.

Episodio umoristico nel senso pirandelliano: si ride, poi si riflette e si piange.

I racconti di Goli che hanno al centro figure marginali e insignificanti, sono intrisi di atmosfere senza speranza, guardano persone marginali con esperienze dolorose e occasioni mancate, indecisi.

In La grande padrona dell’anima mia, descrive i mali del paese alla fine degli anni Settanta (la cacciata dello Shah è del 1979): gli scontri all’università, gli studenti sbandati, gli intellettuali in dubbio tra fuggire o restare a combattere, gli amici ormai irriconoscibili, un poeta impazzito. Goli comprende l’incombente oscurantismo che rappresenta attraverso una donna, la moglie del protagonista una volta impegnata a laccarsi le unghie, ora divenuta studiosa del diritto islamico. Quanto a lei (Goli): capivo che diventare donna significava diventare una sciocca, che essere una brava ragazza significava ingannare il prossimo. La governante le diceva: Una donna è più sfortunata di un cane, aspetta di diventare grande e capirai perché. Nel V secolo a.C. Euripide faceva dire cose ben più gravi e una più estesa maledizione a Medea.

Uno scontro di civiltà si legge in Madame Lupo. La protagonista con due figli esule in un appartamento a Parigi è continuamente rimproverata dalla francese che vive nella stanza sotto di lei: i figli fanno rumore, anche se si muovono a piedi nudi su una moquette, la francese le instilla un senso di colpa che la persiana riversa sui nativi che vivevano nei boschi quando loro avevano 3.000 anni di civiltà. Ironizza sui francesi che si costringono a regole feroci: quando suona il campanello non aprono la porta, prima guardano dallo spioncino, poi chiedono chi è, poi riguardano dallo spioncino, mettono la catenella e aprono un frammento di porta, tutto prima di aprirla a metà. Villano persino il comportamento dell’impiegato della luce, entra senza salutare, controlla, esce sempre senza salutare. Il confronto con l’Iran è impietoso: non ci sono chiavi alla porta, chi entra è accolto sul divano con una tazza di tè. Si incomincia poi a parlare.

Emigrata in Francia, soffre acutamente la sofferenza dell’alieno, del senza dimora. Scrive in persiano ed è sempre molto amata in patria dove torna spesso perché l’Iran è così assurdo che torno per trovare una storia da scrivere, e ogni volta vi incontro un personaggio pronto a entrare nei miei racconti. Per lei, come per la maggioranza delle scrittrici iraniane, colpevoli sono uomini e donne, prepotenti gli uni, queste incapaci di liberarsi da una mentalità introiettata da secoli, pronte anche a tradirsi senza sentirsi in colpa.

In La casa della nonna Goli realizza per intero il “realismo straniante” della letteratura femminile persiana: una festa di matrimonio si trasforma nell’orribile raduno di parenti alcuni dei quali nemmeno si conoscono, l’atteggiamento ipocrita di una famiglia ultra allargata nella quale la giovane protagonista vive una situazione surreale: il jinn che sembra perseguitarla ”arriva come il vento a dirmi che papà era egoista e cattivo”. Lo rafforza la maestra a scuola: “Chi non rispetta i genitori e non crede quello che dicono finisce per bruciare all’inferno”. Il jinn incalza: “Ti hanno raccolto dalla strada, ti mentono coccolano solo tuo fratello, gli hanno comprato scarpe e cappello”. Solo le fate possono vincere i jinn, ed eccole apparire, “le palpebre si chiusero senza paura mentre delle bollicine di luce danzavano dietro ai miei occhi: stavano giocando nella mia mente”.

Il racconto rimane aperto, non c’è un finale, solo la descrizione di un mondo ancorato al suo non essere.

 

di Mario Baldoli

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