Per una città interculturale e interreligiosa: il caso “Brescia”
aprile 1, 2017 in Approfondimenti, Recensioni da Pino Mongiello
Un libro recentemente edito da Morcelliana, patrocinato dall’Accademia Cattolica di Brescia, formula proposta sul tema dell’accoglienza degli stranieri
Se si osservano le cose del mondo che stanno attorno a noi c’è poco da stare allegri. Assistiamo, purtroppo, a ripetuti e cruenti scontri di civiltà. Persino tra i sistemi religiosi presenti sul nostro pianeta, nonostante i numerosi confronti che da anni si attivano a livello di vertici e di fedeli, ed anche nell’analisi dei rispettivi testi sacri, sembra che non si riesca ad andare più in là di un semplice accostamento civile. La speranza di andare più in là, cioè verso un’autentica conciliazione, appare sempre più priva di consistenza.
È sulla base di queste considerazioni che l’Accademia cattolica di Brescia, diretta da mons. Giacomo Canobbio, ha avviato una ricerca sul futuro dell’umanità, certa che tale operazione stia a cuore dei popoli e delle religioni, chiedendosi innanzitutto che cosa sia stato finora compiuto per governare l’urto di culture e religioni, a noi ben noto. L’Accademia Cattolica ha quindi affidato a un gruppo di borsisti una ricerca storico-pratica su “quanto la storia della città di Brescia attesta relativamente all’integrazione degli stranieri…”. Nel lavoro dei borsisti “sono stati analizzati i passaggi che hanno cambiato la morfologia delle città e, di conseguenza, si può vedere come le città stesse siano cambiate in relazione ai cittadini che le abitano”. Il loro lavoro, articolato in diversi saggi, è ora compendiato nel libro dal titolo Per una città interculturale e interreligiosa (Morcelliana ed., 2016).
Per entrare nel vivo del problema, è il caso di soffermarsi sull’ultimo capitolo del libro, quello cioè che offre dati e spunti per alcune soluzioni “pratiche”, di tipo urbanistico-residenziale, tenendo presente, tuttavia, che “l’urbanistica da sola non può garantire la convivenza pacifica all’interno della società”. In questo saggio gli autori fanno riferimento, in via di principio, alle parole del cardinale Martini quando espone il suo “ideale di città”: … “ci vogliono spazi di silenzio, anche nel centro della città; … dopo il silenzio e l’ascolto occorre il dialogo. Per questo ci vogliono le piazze; … ci vogliono vie percorribili in tutti i sensi, reti di relazioni che si coagulano in amicizie e accoglienze; … ci vuole l’intercessione e l’ospitalità: … si afferma così un misterioso rapporto tra ospitalità allo straniero e operosità per la pace nel mondo”. Ne consegue che la città deve aprirsi all’accoglienza, deve saper offrire reti di informazione e di comunicazione; deve garantire la libera partecipazione alle attività pubbliche; deve saper accomunare l’interesse di più persone; deve saper compiere passi verso l’integrazione di tutte le persone.
A conclusione dell’intero saggio, che ha visto il concorso di più mani e di più discipline, si giunge infine alla lettura del caso “Brescia”, e si scopre come questa città sia divenuta di fatto interculturale. Nel territorio bresciano il fenomeno migratorio è ormai determinante nelle dinamiche demografiche. “Brescia – si dice – è il comune italiano con maggiore incidenza di popolazione straniera residente che, al 31.12.2011 rappresentava (secondo i dati del Comune) il 18,7% del totale. La presenza straniera è in continua crescita: si è passati da poco meno di 2000 residenti nel 1990 ai più di 37000 del 2011”. Quanto alle provenienze geografiche degli stranieri, si è soliti pensare che i più vengano dall’Africa e siano di religione musulmana. Secondo i dati ufficiali, invece, le cose non stanno così. “Nel comune di Brescia, infatti, la componente più significativa della popolazione straniera residente è di cittadinanza pakistana (10,4%), seguita da quella moldava (8,3%), rumena (7,9%), ucraina (7,7%), egiziana (7,0%), cinese (6,3%), albanese (6,2%), indiana (5,9%), bengalese (5,3%), e cingalese (4,0%). Le confessioni religiose maggiormente diffuse sono: cristiana ortodossa e islamica”. Gli stranieri sono concentrati nella zona del centro storico (28,5%) e nei quartieri popolari a sud della città (circoscrizione sud: 26,7%).
L’analisi del caso “Brescia” ha indotto gli autori a formulare l’ipotesi di un progetto da concretizzare in città.
“Si è scelto di immaginare come luogo di realizzazione dello spazio polisemico – scrivono – il quartiere del Carmine, sito nel quadrante nord-ovest del centro storico e abitato da circa 4.700 persone, di cui circa 1900 straniere. Le principali ragioni per le quali lo studio del Carmine risulta estremamente interessante, al fine di provare a pianificare una città multietnica, sono la sua storia antica di quartiere d’immigrazione e la volontà recente di realizzare un radicale processo di riqualificazione a favore di una migliore qualità della vita”. Su quel progetto, la cui realizzazione viene immaginata in Largo Formentone, si potrà certamente discutere. Quel che importa è il lavoro di studio che è stato fatto intorno al problema “stranieri-accoglienza”, nonché il tipo di approccio che è stato avviato, niente affatto ideologico e, quindi, sgombro da pregiudizi.