Ogni maledetto lunedì (su due) di Zerocalcare: L’Altro che è in noi.
dicembre 12, 2013 in Graphic novel, Recensioni da Damiano Cason
Sono ormai molti a parlare di Zerocalcare, fumettista che ha guadagnato le cronache nazionali grazie alla sua abilità di “parlare con la voce di una generazione”. Certo è difficile dire qualcosa di più rispetto a una frase così sintetica e allo stesso tempo totalizzante a proposito di Ogni maledetto lunedì (su due) (che è la raccolta delle strisce bi-settimanali del suo blog, ossia ciò che l’ha reso famoso). Eppure su questo parlare a/di una generazione ci possono essere infiniti malintesi. Verrebbe facilmente da pensare che il successo di questa formula poggi sul riconoscimento di sé stessi nelle vignette: per me tutt’altro. Vi si riconosce semmai l’Altro, o meglio ancora, l’Altro che è in noi. Cos’è quest’idea, spacciata come avanguardista, secondo la quale siamo tutti uguali: nerd, hipster e paranoici? Non è così, anzi noi vediamo attraverso le vignette il nerd che è in noi, l’hipster che è in noi, il paranoico che è in noi. È in noi in quanto possibilità, a volte in quanto desiderio, più spesso in quanto paura.
A tal proposito qualcuno ha scritto che non c’è nulla di “originale” nel parlare di fatti quotidiani, della propria vita e delle proprie paure: basta trovare la giusta forma estetica al diario non scritto che ognuno tiene. Che sarà mai dunque parlare di affitto, di precarietà, di risentimento, di senso di colpa? Dobbiamo per forza, nelle nostre storie, desiderare l’avventura sopra le righe, il grande criminale o il fallito esistenzialista, come ha imposto la Hollywood degli anni d’oro? Forse il blog di Zerocalcare è la dimostrazione che il grande racconto vincente che forza a desiderare di esserne il protagonista non è tutto, non può esaurire la voglia di narrarsi e di farlo per resistere al nostro tempo. Il perenne abbinamento sottotraccia tra “geniale” e “rivoluzionario” e tra “banale” e “reazionario” è anch’esso da rompere: nel deserto culturale in cui ci troviamo perché mai dovremmo essere noi ad assumerci il compito inutile di una narrazione nella quale trovano spazio fatti che non ci capitano, storie che non succedono, ville che non conosciamo? Se La grande bellezza di Sorrentino non finisse con una suora su una scalinata, avrebbe già descritto a sufficienza l’impossibilità di raccontare una storia di questo tipo. Nel deserto non ci salveremo certo costruendo una torre: dobbiamo lottare con la sabbia che ci trascina a fondo, per assaltare il cielo.
Chi lo conosce (o ha anche solo letto qualche sua storia) sa bene che Zerocalcare è, come lo definirebbe un quotidiano mainstream, un “ragazzo dei centri sociali”; chi nelle sue vignette riconosce superficialmente se stesso – e non l’Altro che è in noi – si è affrettato a dire che i centri sociali sono luoghi in cui si fa “il gioco del purismo e del massimalismo” e “contenitori di eventi giovanili”, probabilmente perché, nonostante possa avere una parte di ragione, non vi ha mai messo piede. Ha già risposto Zerocalcare da solo e sarebbe una politica di debolezza (di entrambi) quella di dar voce propria alla difesa di altri: ma l’Altro che è in noi potrebbe essere proprio quello che lotta per condizioni di lavoro accettabili invece di chinare il capo, che si organizza per occupare le case insieme a chi non ha un tetto, che produce cultura indipendente, che si batte per liberare un territorio dai rifiuti tossici o dalle speculazioni edilizie; insomma un Altro che fa spavento. Le forme di vita differenti non vanno solamente immaginate: alcune, come la precarietà, sono già qui. E questi racconti, come le lotte che ne costituiscono il background culturale, ne sono l’affermazione.