Non_super_iper luoghi costruiti
gennaio 7, 2015 in Architettura e urbanistica da Gloria Berardi
Un’architettura si può vedere, ammirare, vivere, consumare o usare.
I non_super_iper luoghi (ipermercati, outlet, autogrill, stazioni di servizio, aeroporti, stazioni ferroviarie, grandi magazzini e centri commerciali) sono le eclettiche architetture del consumo, del transito e del divertimento.
“Cattedrali”, che sorgono nelle periferie extraurbane o in aperta campagna, come accattivanti sirene attirano le masse con richiami colorati e luminosi.
L’alienazione e la perdita di riferimenti personali porta l’individuo verso il ruolo di utente-consumatore, senza aspettative culturali e psicologiche, nudo della sua identità.
Architetture che diventano gli spazi prediletti del tempo collettivo, della socializzazione e dell’auto rappresentazione, dove la famiglia passa l’intera giornata, spesso festiva, per ubriacarsi di luci, video, colori, odori con abbondanza di cibarie e di oggetti come in un grande parco di divertimenti.
Non si comunica, si parla ad alta voce, si gesticola, indicando e cercando qualcosa che possa placare l’ansia del vivere. Tutto è preconfezionato, canalizzato, difficile non farsi influenzare. Le azioni, le reazioni sono quelle della folla, a volte alla maniera del gregge.
Se si entra in un centro commerciale si esce, sicuramente, con un acquisto o dopo aver consumato qualcosa. Si è soddisfatto un “bisogno” non necessario e ci si sente come quando si è fatto il proprio dovere, sollevati dal senso di inadeguatezza. Queste architetture ospitano un commercio muto, un mondo lasciato ad individualità solitarie, tutte assolutamente uguali. Le persone sole acquistano la compagnia, senza investire su se stessi portandosi a casa la sensazione di “sospensione” del vivere, dove l’affievolirsi del ricordo degli attimi passati precipita nella rutine della vita. L’uomo conosciuto e classificato come individuo diverso rispetto agli altri, diventa uomo generico, identificato solo dal numero di una carta di credito. Per accedere ed utilizzare le strutture non ci sono pregiudizi di appartenenza (nazionalità, religione, colore) basta seguire le regole: attendere il proprio turno, seguire le istruzioni, fruire del prodotto e pagare.
Schermi, segnali e cartelli svolgono la funzione di mediare e facilitare le relazioni del soggetto con l’ambiente circostante con i suoi tempi, spazi e personaggi creando, come in un videogame, un senso di provvisoria e precaria identità. Lo spazio architettonico è suddiviso in box standard, percorsi-strade, slarghi, piazze. Con cura tutto è stato studiato e calcolato come il numero dei decibel, dei lux, la lunghezza dei percorsi, la frequenza dei luoghi di sosta, il tipo e la quantità di informazioni. Costruzioni moderne che non hanno tracce della cultura locale o nazionale, strutture identiche che si ripetono in qualsiasi parte del mondo dove l’utente, conoscendole, troverà i servizi offerti a lui preferiti.
La percezione collettiva che gli utenti hanno di quel determinato contesto spaziale è il requisito principale di un non_luogo. Esistono e vanno compresi: distinguere un non luogo rispetto ad un luogo, attraverso l’individuazione di quei simboli e riferimenti della società contemporanea consente di evitare un appiattimento delle varie espressioni culturali.
Finito il loro ciclo, forse, anche loro saranno abbattuti, come i grandi spazi industriali all’interno delle città ottocentesche, non lasceranno le tracce della loro esistenza e saranno sostituti da nuovi luoghi come decideranno le logiche del profitto.
Come “governare” questi spazi? In primo luogo essi sono lo strumento, oltre che l’espressione di quella trasformazione del mondo. Favorirne la crescita, renderli più accattivanti, significa accrescere la potenza d’uno strumento di per sé cattivo. Governarli può significare riconquistare e innovare gli strumenti per il controllo pubblico delle trasformazioni per utilizzare più adeguatamente le diverse parti della città e del territorio come arricchire gli spazi comuni, i luoghi aperti degli scambi e le periferie; restituire le aree pubbliche alla ricchezza sociale e alla complessità della vita urbana. Il fine: reintegrare in ogni parte della città quel cocktail come l’elemento più importante per privilegiare gli obiettivi sociali su quelli economici.
(Il titolo allude alla definizione di Paolo Giardiello nell’articolo “[non_super_iper] luoghi” del blog “architettura & co” non solo architettura. non solo parole di carta. ma il racconto di pensieri di pietra. la forma di un’idea. la costruzione di un luogo)