Montaigne, Goethe, Austen, Churchill, Brecht: elogio del dimenticare
febbraio 19, 2020 in Approfondimenti da Viola Allegri
I vecchi dimenticano, gli studenti si impasticcano per ricordare, i poco-memoria sono ritenuti dei deboli destinati alla sconfitta. Gli anziani cercano di ritardare la caduta della memoria allenandola: le parole crociate, una lingua straniera, poesie studiate a scuola, ma sanno che il processo è inarrestabile, anche perchè gli tornano in mente le parole con un’ora o un giorno di ritardo.
Gli antichi Greci che già sapevano tutto, a capo delle nove Muse avevano messo Mnemosine, la titanide della memoria, ma alla morte l’umanità finiva nel Lete, il fiume dell’oblio. Tuttavia la tragedia greca esprimeva pietà ed orrore finchè alla fine arrivava la catarsi, la purificazione anche dai fatti più tragici.
Nel Medioevo si inventò la mnemotecnica, un modo di ricordare attraverso numeri e figure retoriche; e anche ora c’è qualcuno che prova questo metodo.
L’elogio del dimenticare comincia col Rinascimento e il primo alfiere ne è Montaigne che porta se stesso come esempio di una erudizione eccessiva a causa della quale l’anima invece di diventare più viva e sveglia, si comporta come le piante che soffrono per troppo umore e le lampade per troppo olio.
Le riflessioni di Montaigne sono riprese nel romanticismo e trovano d’accordo Goethe e Brecht. Il primo dice che se avesse saputo quante cose eccellenti sono state create nei secoli, non avrebbe scritto una sola riga e fa dire a Faust: quel che non giova è un carico pesante, l’attimo può giovarsi solo di ciò che crea.
Il secondo:
Come si alzerebbe l’uomo al mattino
Senza l’oblio della notte che cancella le tracce (…)
La fragilità della memoria dà forza agli uomini.
I tre scrittori individuano un dimenticare costruttivo, fonte di nuove prospettive, un filtro mentale che rilancia la vita nella riduzione della complessità materiale.
Volgarmente si dice che i cassetti della memoria sono pieni, è necessario liberare posto.
Sul dimenticare il dibattito intellettuale è più fitto di quanto si pensi: Jacques Bainville (1879-1936) in Lectures osserva che la facoltà di dimenticare, fortissima negli individui, lo è ancora di più nelle società umane. Accademico di Francia, sembra non si riferisse all’Italia. Si trovò contro addirittura Benedetto Croce: La dimenticanza dell’uomo non è opera del tempo, è opera nostra, che vogliamo dimenticare e dimentichiamo. (Frammenti di etica)
Nietzsche coglie con umorismo una verità tra i corni del problema: Ho fatto questo, dice la mia memoria. Io non posso aver fatto questo, dice il mio orgoglio e resta irremovibile. Alla fine ad arrendersi è la memoria.
Hannah Arendt scrive: Senza essere perdonati, liberati dalle conseguenze di ciò che abbiamo fatto, la nostra capacità di agire sarebbe confinata a un singolo gesto da cui non potremmo mai riprenderci, rimarremmo per sempre vittime delle sue conseguenze.
La dimenticanza riconcilia dopo una guerra, rifonda una nuova identità nazionale, era l’opinione di Churchill. Riferendosi invece all’individuo Freud nota che l’oblio può nascondere un grave trauma,
Sul dimenticare ecco lo studio prezioso ed esaustivo di Aleida Assmann professore all’università di Costanza, vincitore del premio Balzan per gli studi sulla memoria collettiva, Sette modi di dimenticare, Il mulino editore. Assmann ci rende ottimisti, ci solleva un peso, ci riempie di speranza. Dimenticare può essere necessario, inutile arrabbiarsi, anche se non tutto è bene:
Lugubre è il dimenticare repressivo e distruttivo voluto dal potere. Lo analizza implacabile George Orwell in 1984: Ogni documento è stato distrutto o falsificato, ogni libro è stato riscritto, ogni quadro è stato ridipinto, ogni statua, ogni strada, ogni edificio hanno avuto mutato il nome. Non capisci che il passato, cominciando da ieri stesso, è stato virtualmente abolito? perché Chi controlla il passato controlla il futuro, chi controlla il presente controlla il passato. In Polonia, per esempio, una legge vieta di dire che i polacchi parteciparono all’annientamento degli ebrei: un caso di presente che cancella il passato.
Più diffusa la censura particolarmente attiva nel nascondere la vita delle donne. Scrive Jane Austen a inizio ‘800: Gli uomini hanno avuto su di noi ogni vantaggio nel raccontare la propria storia. Hanno beneficiato dell’educazione in grado tanto più alto, sono le mani degli uomini che hanno usato la penna; e il ricordo corre a Virginia Woolf nel passo La sorella di Shakespeare.
Così furono distrutti migliaia di documenti sulla schiavitù, come quelli dell’apartheid, così la popolazione indigena di Australia e Stati Uniti è “senza storia”.
Segue la riduzione e la banalizzazione delle notizie e degli eventi. Secondo “Reporters sans frontières” e “World press freedom” la libertà di stampa è diminuita in tutto il mondo: nel 2018 sono stati uccisi 80 giornalisti e 348 imprigionati. Da ricordare l’uccisione di Jamal Khashoggi all’interno dell’ambasciata dell’Arabia Saudita. Nella classifica stilata dai due enti l’Italia occupa il 43° posto, gli Stati Uniti il 48°, in testa c’è la Norvegia.
Non si sa quanti documenti sono stati distrutti sulle stragi in Italia, a partire da piazza Fontana. Ultimo tango a Parigi fu bruciato nel ’76 e riabilitato 11 anni dopo. Un più modesto intervento è stata la distruzione di chilometri di pellicola sulla rivolta del Sessantotto, ma sulla correttezza odierna, passata e futura dei mass media di fronte alla crescente arroganza della politica in ogni parte del mondo, nessuno si fa illusioni.
Ci sono dimenticanze inaccettabili: la damnatio memoriae: il rogo o la vendita di arte “degenere”.
Prima del nazismo, ricordo l’arte greca ceduta dai Turchi a Inglesi e Francesi per distruggere un’antica cultura. C’è il silenzio complice, la banalizzazione del delitto, della Shoà, l’autocensura di cortigiani e giornalisti, la marcia del potere nel cuore della democrazia.
Esiste anche una memoria esterna: archivi, biblioteche, musei, collezionisti e rigattieri, ora l’incalcolabile memoria di Internet, il disorientante.
Ovviamente la dimenticanza non è la panacea dei mali, molti insegnamenti della nostra vita sono indimenticabili, per esempio il primo amore, altre emozioni portano a comportamenti violenti, non tutto finisce nella gigantesca discarica dell’oblio che l’umanità pratica dai suoi inizi.
Vale però concludere con l’osservazione di Balzac: i ricordi rendono la vita più bella, dimenticare la rende più sopportabile.