Lettera aperta a G9: Un’altra edicola chiude, cronaca di un amore interrotto
novembre 23, 2022 in Testimonianze da redazione
Volentieri pubblichiamo questa testimonianza di Francesca Mazzotti, la cui edicola a Brescia, in via Mazzini/p.zzetta Martiri di Belfiore, chiude per sempre dal 24 novembre 2022.
Pochi, pochissimi negozianti si mettono realmente in discussione accettando la sfida del cambiamento, ciò perché il cambiamento spaventa, rappresenta abbandonare le proprie sicurezze.
Ad oggi non scegliere equivale a scegliere di subire in maniera irreversibile tutti i colpi che questa condizione porta con sé, venendo trascinati in una realtà economica che investe tutti.
Dietro ad una chiusura di attività esiste sempre tanto rammarico, la sensazione di non avercela fatta, di non essere riusciti a cogliere quel momento di cambiamento, figuriamoci nel campo delle edicole.
Nel 2001 in Italia c’erano più di 36 mila edicole. Nel 2017 sono diventate circa la metà 15.876; nel gennaio 2020 circa 11.000 e oggi forse siamo dimezzati.
Nelle vendite di quotidiani e riviste si passa dai 6 milioni e 800 mila copie al giorno nel 1992, a 1 milione e 800 mila copie nel 2018. Ben 5 milioni di copie in meno al giorno!
A volte l’editore tenta qualche perla, ad esempio attraverso un inserto in più per soli 50 centesimi, crede di fare un mezzo regalo, ma molti lo vedono come un’imposizione e hanno una reazione contraria rispetto a quella che l’editore si aspetta.
Gli abbonamenti poi ….
Che succede con gli abbonamenti?
Gli editori stessi li vendono on-line, a volte noi stessi vendiamo, allegato alla rivista, il buono per acquistarla con il 70 per cento di sconto, in abbonamento. È come se andassi dal macellaio a comprare la carne e sullo scontrino che ti dà ci trovi scritto: guarda che questa carne che hai pagato venti euro, se la ordini per telefono puoi averla direttamente a casa e pagarla cinque euro. A quel punto continui a comprarla da lui o telefoni? Telefoni e quindi il macellaio muore. E si chiede…perché ??
Ascoltando poi i clienti e vedendo cosa acquistano, di cosa discutono, che discorsi e domande ci scambiamo, mi faccio delle domande anch’io.
Per esempio, che me ne frega di quello che succede in Arabia Saudita quando io vivo qua e non so che la strada domani sarà chiusa, o che faranno i lavori e mi toglieranno l’acqua? L’utilità è di avere un giornale che ti dice cosa succede il giorno dopo e non il giorno prima. Quando il giornale esce è già vecchio di due giorni. Magari la gente vuole risentire le stesse cose e avere delle conferme, ma può anche dirsi: perché lo compro se queste notizie le ho già sentite alla tv? Mi dicesse qualcosa che non so, quello che mi è utile.
Perché il giornalista non potrebbe fare una ricerca e un confronto fra le spese che si pagano nelle diverse banche e dire qual è più conveniente. Se pubblichi questa informazione la gente apprezzerà il tuo giornale. Potresti dire: andate a comprare questo prodotto là perché costa meno. O fare un listino e spiegare che Tim e Vodafone costano più di altri, così la gente può cambiare.
Sono esempi per suggerire qualcosa di utile e alla portata di ogni età e classe sociale, un rinnovamento; naturalmente riportando queste informazioni con parole alla portata di tutti, non con termini come “Il sole 24 ore” che per la maggior parte della clientela è arabo.
Se ci dicono che sono affogati venti bambini nello stretto tra la Sicilia e la Tunisia ci dispiace, chi umanamente non può che esserne triste e sentirsi colpito al cuore, ma che questo venga montato e buttato in politica, dà fastidio e non ci interessa.
I media strumentalizzano queste notizie e ci fanno sentire che quei bambini ce li abbiamo sulla coscienza noi, laddove siamo impotenti.
Bisogna cambiare i giornali e tornare alle vere, obiettive e utili notizie.
Un giornale buono. Un quotidiano oggi conta 35 pagine e già questo è inutile perché chi lo trova il tempo per leggere 35 pagine? Poi di quelle 35 pagine la metà è pubblicità. Sono tutti soldi che gli entrano in cassa. Inoltre gli editori prendono sovvenzioni dal governo. La soluzione, come dicevo, è fare giornali migliori e controllare tutta la filiera editoriale.
Conclusione consolatoria: non è che il Kindle abbia il successo che si dice, ma i cambi tecnologici ed epocali non si combattono con la buon volontà. Bisogna trovare soluzioni più generalizzabili, in ogni caso il giornale non si legge col Kindle che, se proprio, potrebbe andare bene per i libri. Secondo me alcune cose si possono fare.
Sul lato di una via ancora percorribile verso il centro storico il mio chiosco penso sia visto come una macchia di colore, come parte dell’arredo urbano.
A colorare l’edicola sono giocattoli, figurine, buste a sorpresa, album, calendari. Alcuni sono clienti fissi a cui, appena li avvisto preparo il pacchetto con i quotidiani abituali e mi intrattengo con loro in conversazioni.
Poi arrivano i bambini, la vera risorsa. Accompagnati dal papà o dalla mamma che nell’attesa che il piccolo scelga cosa comprare, diventano anche loro possibili clienti.
Ma esiste solo un modo per tenere in piedi il mondo della distribuzione, quello di aumentare la percentuale per l’edicolante e portarla fino al 30%.
Molti colleghi come me si sono avventurati nella vendita del “becchime”: sono i biglietti dell’autobus, delle lotterie e le ricariche telefoniche. Le rivendite guadagnano pochissimo ma attirano i clienti.
Voltaire diceva che il lavoro allontana da noi tre grandi mali: la noia, il vizio e il bisogno, forse doveva aggiungere qualcosa, ma erano altri tempi.
Con affetto.
Francesca Mazzotti