Le signore della scrittura ritornano
novembre 8, 2023 in Approfondimenti, Recensioni da Roberta Basche
Le signore della scrittura, un denso libretto di Sandra Petrignani fu pubblicato per la prima volta nel 1984. L’autrice raccolse le interviste fatte a scrittrici italiane per il “Messaggero”.
All’epoca della prima pubblicazione rimase esclusa Natalia Ginzburg, ora inserita nella nuova edizione pubblicata da La Tartaruga e dedicata a Laura Lepetit fondatrice della omonima casa editrice (ora marchio de La nave di Teseo).
Le intervistate sono undici: Natalia Ginzburg, Elsa Morante, Anna Banti, Maria Bellonci, Laudomia Bonanni, Fausta Cialente, Alba de Cespedes, Livia de Stefani, Paola Masino, Anna Maria Ortese, Lalla Romano.
In questi ultimi anni diverse case editrici stanno ripubblicando le opere di alcune di queste scrittrici dimenticate.
Nel passato recente -mi riferisco agli ultimi 30 anni- non c’è traccia (o ve n’è molto scarsa) dei loro nomi tra i grandi scrittori italiani.
L’unica scrittrice di cui sentii parlare durante gli anni scolastici fu Elsa Morante della quale l’insegnante di lettere mi fece leggere L’isola di Arturo, in prima o seconda superiore. Lo trovai un romanzo difficile ma rileggendolo a vent’anni l’effetto fu di meraviglia e ammirazione.
“La mia vita sta in Menzogna e sortilegio, ne L’isola di Arturo…non i fatti della vita. Ma non importa. Non importa come i fatti si siano svolti in realtà, importa come sono stati raccontati. Di quei fatti c’è nei libri un travestimento, avvenuto più o meno inconsapevolmente, ma quel travestimento è la loro verità”.
L’intervista a Morante è stata “montata” raccogliendo frammenti di dichiarazioni della scrittrice stessa in vari momenti, perché Elsa era ormai inaccostabile, chiusa nell’infermità e in una clinica.
Fausta Cialente, una vita avventurosa, una donna appassionata di letteratura e di musica “ha sempre tentato una medesima strada: quella di una prosa per molti aspetti vicini alla poesia, che scava nell’intimo dei personaggi”.
Imperdibile Un inverno freddissimo ripubblicato lo scorso anno da Nottetempo.
Alba De Cespedes, italo-cubana, riscrive i suoi libri tantissime volte. “Ciò che viene di getto non va mai bene, bisogna limare all’infinito. É necessaria una grande autodisciplina e una grande forza di carattere per riuscire, nello scrivere come in qualsiasi altra cosa. Mai dire: oggi no, domani. C’è sempre una scusa buona per rimandare. La vita deve essere un impegno altrimenti non ha senso”.
Mondadori pubblica le sue opere. Dalla parte di lei, suggeritomi da Greta, una giovane liceale che ne è rimasta travolta, è bellissimo.
Livia De Stefani, siciliana di Palermo.
Petrignani le chiede quando la sua famiglia ha accettato la sua identità di scrittrice e lei risponde: “Mai. E per famiglia intendo non solo quella di origine, ma anche quella che ho formato io. É storia comune delle donne. La mia attività è sempre stata considerata un capriccio”.
De Stefani vinse un concorso con un libro di racconti. Mondadori era interessata ma poiché i racconti non avevano mercato le propose la pubblicazione di un romanzo e a seguire quei racconti. “Era la mia grande occasione, non potevo perderla. Così risposi con una bugia: che sì un romanzo ce l’avevo, dovevo solo finirlo”. Lo scrisse ex novo: La vigna di uve nere.
Maria Bellonci è Lucrezia Borgia.
Che cosa ama soprattutto nei personaggi che crea, o meglio ricrea?
“Vorrei che riflettessero la ricerca della propria essenza, del proprio destino e del proprio significato, la mia costante ricerca. Amo in loro una presenza e scambio, mia e di ognuno di essi, una scintillazione segreta che mi auguro li faccia vivere sempre”.
Se Maria Bellonci è Lucrezia Borgia Anna Banti è Artemisia.
Di questo romanzo dice “Le confesso che mi sento fiera di essere stata io a lanciarlo (il romanzo storico). Artemisia è un romanzo storico per eccellenza”.
Donna riservata e sensibile, viene intervistata quando ha quasi novant’anni. “Non mi fa piacere avere l’età che ho (…). La vecchiaia è un peso da portare. Ma se la salute mi assistesse non me ne preoccuperei, ho una grande sete di vita”.
Scrive?
“La mia grande occupazione è leggere. (…) Ogni tanto mi dedico al mio vizio: scrivere. Scrivo a mano in grossi quadernoni. Scrivo racconti per ‘Paragone’. Una volta ricamavo. Ero brava al piccolo punto. Vede quella poltrona? É il mio capolavoro. É antica, del Seicento. L’ho ricamata tutta io su disegno d’epoca”.
Laudomia Bonanni ricorda la propria fame di libri presente da quando era bambina.
“A diciotto anni avevo già un quadro completo della letteratura di tutto il mondo e non mi importava di nient’altro”. Nemmeno di avere un fidanzato le importava? chiede Petrignani. “Questo meno del resto.”
Il libro a cui la scrittrice si sente più vicina non è quello più noto né quello che ha vinto il premio Viareggio nel ’60. È l’ultimo scritto, Le droghe, libro per il quale non ci fu lancio pubblicitario e che quest’anno è stato ripubblicato dall’editore Cliquot.
La conversazione di Paola Masino è vivace e travolgente. Ti porta in giro per casa, ti mostra vecchi libri, il pianoforte che un tempo suonava. Apre la finestra e ti fa vedere i suoi splendidi fiori. Ne taglia uno, il più bello e me ne fa dono. Nell’intervista, una delle più ricche, Petrignani le chiede che cosa pensa della cultura e degli intellettuali, del ruolo che hanno avuto la religione e l’amore nel corso della sua vita. E riguardo alla letteratura contemporanea risponde: “Se non è molto selezionata non serve a niente, si perde del tempo prezioso a leggere quanto gli editori di oggi sfornano. I classici dobbiamo leggere. E rileggere.”
Feltrinelli ha ripubblicato il suo Nascita e morte della massaia, censurato durante il fascismo.
“Per me un romanzo non è un fatto puramente letterario. É una parte dell’essere, la mia natura”
Natalia Ginzburg.
Da quale libro iniziare? Le piccole virtù.
“La mia è naturalmente una vita di passione per la letteratura” dice Lalla Romano, che abbandonò la pittura per dedicarsi esclusivamente alla scrittura.
La virtù che bisognerebbe coltivare di più? “L’indifferenza rispetto al rumore del mondo, alle chiacchiere, ai giudizi sbagliati. Il distacco dalla vanità e dalla compiacenza”.
Il suo primo libro pubblicato nella collana I Gettoni fu Le metamorfosi, un libro di sogni da lei molto amato.
Le signore della scrittura si conclude con l’intervista ad Anna Maria Ortese.
“A me sembra vada diffondendosi il concetto di libertà come furto del respiro altrui; libertà come sopraffazione. Mi riferisco alla violenza, che ne è l’emblema”.
Una vita solitaria e appartata quella della Ortese, autrice malinconica di racconti e romanzi. Un titolo: Il mare non bagna Napoli.
Al termine delle interviste Petrignani traccia una breve biobibliografia: gli scritti non più in commercio si possono recuperare in biblioteca, casa preziosissima di opere dimenticate. Pur avendo citato un solo testo per autrice, l’invito è scoprire la ricchezza dell’intera opera.
Le classiche dobbiamo leggere. E rileggere.
PS: Petrignani ha fatto una scelta basata sul criterio anagrafico, consapevole di tralasciare nomi importanti. Ce ne sono moltissime altre. Io, la prima mancante a cui ho pensato, la nomino, insieme ad un suo libro: Gianna Manzini, Ritratto in piedi.
di Roberta Basché