Le donne della bellezza, la bellezza nella storia
febbraio 1, 2024 in Recensioni da Mario Baldoli
Se il naso di Cleopatra fosse stato più corto… Chissà perché Blaise Pascal sognava Cleopatra, la “donna fatale” dell’antichità: un profilo affilato, capelli nerissimi, pelle bruna ambrata, occhi verdi. Così la presentano Franco Cardini e Marina Montesano in Donne sacre. Sacerdotesse e maghe, mistiche e seduttrici, ed. Mulino.
Naturalmente in ogni epoca la bellezza ha i propri canoni. Le statue e i poemi greci segnano un’epoca, mille anni dopo ci abbagliano le celluliti di Rubens. Superba era l’imperatrice bizantina Teodora, occhi grandi che dominano un volto triangolare; nel Novecento le smaglianti Soraya regina di Persia ed Eva Peròn, signora dell’Argentina (cadute ambedue, caddero politicamente i loro mariti: la storia sa vendicarsi), nel cinematografo lasciarono un segno Brigitte Bardot, Audrey Hepburn e tante altre.
Non è un mio elenco, sono alcune personalità che illuminano passaggi su cui gli autori si soffermano per ricordarci che tutto inizia in una grotta preistorica da cui esce una figurina di pietra, dal grosso seno e fondoschiena, archetipo di tutte le possibili donne, alcune adorate come Maria di Nazareth, altre sedotte o seduttrici dagli esiti perversi: Pandora, Elena, Clitemnestra, Medea.
Un elemento comune le spinge oltre l’uomo che hanno a fianco o di fronte: è il serpente che inganna Eva e uccide Cleopatra. La prima ci toglie dall’Eden, la seconda si toglie la vita. Tuttavia quelle donne, scrivono gli autori, hanno anche un significato simbolico. A Troia la vittoria degli Achei sui Troiani testimonia la maggiore forza dell’occidente, come quella dei Greci sui Persiani. L’occidente trionfa ancora con Cesare Augusto su Antonio, ma la vittoria di Costantino su Massenzio è la rivincita dell’oriente che impone anche le sue religioni, sopra tutte, da un concilio all’altro, quella cristiana di oggi.
Cardini e Montesano non temono di parlare dell’eterno femminino, vibrazione che attraversa l’umanità, se pur con qualche contestazione.
L’Antico Testamento illumina:
Quanto sei bella, amata mia, quanto sei bella…Tutta bella sei tu, amata mia, e in te non c’è difetto, giardino chiuso tu sei, sorella mia, mia sposa, sorgente chiusa, fontana sigillata. sorella mia, mia sposa.
Il tempo e lo spazio scandiscono quel femminino che accompagna la vita dell’uomo e della donna. Dalle antiche Dee Madri della preistoria alle figlie del Sole e della Luna, Cibele e il figlio Attis, castrato al cui ricordo è dedicato l’albero del pino.
Il libro del Mulino è un inquietante labirinto: lo spazio oscilla, la mitografia, la storia e l’antropologia si mescolano nella pentola del tempo, i simboli migrano da una civiltà all’altra: i Romani adottano i misteri eleusini e anche Bacco che forse proviene dal Maghreb o dal mar Nero su chissà quale nave. Lunghi secoli sparigliano miti, leggende, scie di realtà: streghe e fate allineate in una prospettiva tanto lunga quanto interminata, donne di potere e di bellezza, dee, ninfe e donne mortali, sfruttate e oppresse.
Lo “snodo” fondamentale per i cristiani (ma non per i Riformati) è Maria di Nazareth. Gli interrogativi su di lei sono troppi e di difficile soluzione. La splendida terzina di Dante nel Paradiso ne coglie l’essenza profonda:
Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d’eterno consiglio.
Ma la donna di Nazareth non ha consistenza storica, per cenni ne parlano i Vangeli, vari concili sono stati necessari per fissarne la caratteristica ossimorica, figlia di Dio e insieme madre di Lui. Nei secoli dogmi potenti, cioè verità indiscutibili, sono stati necessari a decidere l’enigma, alcuni anche recenti: Annunciazione, Maternità, Verginità, Immacolata Concezione (Pio IX, 1854), Assunzione in cielo, (Pio XII, 1950).
La figura della Madonna viene da lontano: si estende dall’oriente all’occidente tra VIII e IX secolo a causa principalmente dell’iconoclastia. Gli artisti cacciati da Bisanzio portano con sé icone che nel loro azzurro sembrano venire dal mare. Maria stella maris la definisce in metafora Bernardo di Clairvaux,
Il secolo trionfale della Madonna è il XII: Ildegarda di Bingen, Eloisa e Abelardo, Chiara e Francesco d’Assisi, Matilde di Canossa che umilia Enrico IV figlio del Barbarossa. Le città le dedicano cattedrali, il fin’amor cortese scivola in romanzi cavallereschi poco religiosi, mentre secoli di eresie e antipapi sembrano atterrare la Chiesa di Roma.
L’ultimo brano del Novecento si tinge ancora di rosa, ma di altra tonalità, da Madre Teresa di Calcutta, dichiarata santa da papa Giovanni Paolo II, simbolo del donare se stessi agli ultimi del mondo, a Barbie, discusso simbolo dell’emancipazione, a mio parere oggetto di sbracata sessualità. Eroine -conclude il saggio – o comunque figure che definiscono molti dei cambiamenti della contemporaneità: sono loro a raccogliere, in un’epoca desacralizzata, l’eredità delle Donne Sacre?
Ed è questo il merito della storia per la quale non esiste il santo, ma il sacro. Ciò che l’umanità ha tracciato nei millenni ha un significato immanente; il trascendente appartiene invece alla filosofia, alla teologia, alla mistica. Ma per la storia esso è la comune illusione.
di Mario Baldoli