“La luna in gabbia”, il nuovo romanzo di Maria Sardella
settembre 28, 2017 in Recensioni da Piera Maculotti
Scende dal treno. Sale a piedi al paese, in alto. Il viaggiatore solitario ha il sorriso negli occhi e in mano una gabbietta, vuota… Questo è l’avvio. Il congedo invece è un volo: un punto nero sulla scia bianca d’una mongolfiera, alta nel cielo. In mezzo, un saliscendi di voci, volti, storie (di donne soprattutto). Un sottosopra di emozioni, sogni e segreti, di ieri e di oggi.
Non sempre le cose stanno come sembrano. C’è altro; e c’è un oltre, difficile da imprigionare. Si può solo avvicinare, per cogliere, forse, nell’attimo. Succede a chi riesce a mettere La luna in gabbia. Titola così il nuovo, terzo, romanzo di Maria Sardella (Pubgold pp. 224 € 12 con disegni di Bianca Simoni).
È un quadro preciso e luminoso quello che esce dalla sapiente penna dell’autrice, dalla sua prosa salda, elegante e svelta nell’intrecciare storie o evocare atmosfere.
Il mare all’orizzonte, azzurro e verde; campi, prati, stoppie bruciate e macchie selvatiche nell’assolato Sud. Più sopra, un belvedere ai margini del vecchio paese; dentro, un gomitolo di vicoli ombrosi tra bianche case e gradini di ripida pietra. Qui è ritornata Giovanna: non si sente di lasciar soli i suoi vecchi; così, intrappolata dentro stretti confini – con la sua laurea, tre figli, un marito gentile – sogna il mare e la città. Quando poi i due genitori se ne vanno, resta solo Clelia; ultima superstite della famiglia e custode di remoti misteri, la zia matta parla coi morti, toglie lo scanto … Accanto a lei – enigmatico e strano – il vecchio Peppe; un tempo bambino straniero, sempre eccentrico, laborioso e acchiappanuvoli. Assomiglia al nuovo intruso, il Viaggiatore che – arrivato (o tornato?) da poco – ascolta, vede, annota.
Personaggi speciali, dentro scenari storici diversi: il fascismo, la guerra, bombe e balli, profughi e preti; la fame e la ricostruzione; poi la contestazione con inedite sfide, altri rapporti di coppia, nuove inquietudini esistenziali…
Così è la vita, amore mio, diceva il primo romanzo dell’autrice; così, anche qui, l’esistenza è un gioco caleidoscopico, una gabbia di contrasti.
Nodi e strappi; duri divieti patriarcali: la tradizione, l’onore! E sempre l’amore, multiforme; dentro una pluralità di voci: dall’innominata, ipercritica, narratrice che racconta storie respirate da bambina al piccolo Tommy, sensibile, curioso, amante del meraviglioso; e ci sono persino due animali parlanti: la cornacchia Ciaula e Bernardo, il galletto di ferro battuto, due attente vedette che dall’alto osservano; creature del cielo che molto sanno della terra e delle sue ombre.
Storie e segreti che Maria Sardella affida a una narrazione polifonica dal poetico respiro. Per dire dell’armonico disordine del paese; e dare spazio alla luna… capace, a volte, di liberare la vita dalla sua gabbia…