La Grecia è vagabonda
dicembre 10, 2021 in Approfondimenti, Recensioni da Mario Baldoli
In Grecia non ci si può perdere. Mai. Che ci si trovi su un’isola, sul continente, sul sentiero dell’Olimpo, nel Peloponneso, sulle creste del meltemi come Odisseo tra gli scogli dei Feaci, nella Tessaglia di Chirone e di Achille, ovunque c’è un’antica storia che parla, una leggenda, un racconto e un canto che diventano mito. Quel mito non è una lettura, è il contrario, “un girovagare dell’anima”. E’ l’avventura che cercano Giulio Guidorizzi, già professore di Letteratura greca e Antropologia del mondo antico all’Università di Milano e Silvia Romani docente di Mitologia e regioni nel mondo classico in due libri che si inseguono, In viaggio con gli Dei. Guida mitologica della Grecia (2019) e Il mare degli Dei. Guida mitologica alle isole della Grecia (2021), con raffinate illustrazioni di Michele Tranquillini, ed. Raffaello Cortina.
Si va in Grecia per vedere noi stessi emergere da uno specchio e sentire qualcosa che esce da nebbie secolari, solida e seduttrice come Zeus, ruvida come Vulcano, mobile come il dio Pan, un toro che rapisce Europa, un altro toro a Creta, il rumore di pietre gettate dietro alle spalle per farci emergere dal nulla.
Raccontare quel mondo è correre sul filo della retorica, afferrarlo mentre si muta come Proteo è un brandello di sogno. Dall’età del bronzo avanzano la civiltà minoica e quella micenea, dolci e aspre, la guerra, teatri e filosofie, sudore di schiavi e dolore di schiave, violenze e amori divini, l’intenso commercio sull’infido mare. Ne scriveva Alceo:
Non riesco a capire la rissa dei venti
Un’onda si gonfia di qui, l’altra di là
Nel mezzo noi siamo portati
Con la nera nave,
molto percossi dalla gran tempesta.
L’acqua giunge alla base dell’albero
La vela è tutta fradicia,
pende giù in grandi brandelli,
gli stralli sono allentati, il timone (…)
restano salde le due scotte
assicurate bene alle funi.
Tutto il carico è andato perduto.
Ossidiana, rame, marmo, ferro, ma anche il vino robusto che ubriaca il ciclope. Chi non ci crede vada alla reggia di Nestore, al vicino museo dalle molte vetrine, repleto di anfore d’ogni forma, esplicate da un commento riduttivo: era una reggia dove si facevano molte feste.
Con audacia, l’archeologo Manfred Korfmann ha scritto che correva l’anno 1184 avanti Cristo (non specifica il mese e l’ora) quando gli Achei sfondarono la porta Scea, cadde Troia (il luogo è il VII B), morirono Ettore e Achille, poi la storia continua coi ritorni degli eroi a Micene, Sparta, Itaca.
Per secoli i giovani greci hanno studiato solo l’Iliade e l’Odissea, lì è avvenuta la loro formazione, hanno sentito Achille sacrificare anche a Dodona, forse Odisseo andarvi a cercare il suo futuro.
Sull’oracolo di Delfi si è scritto molto, ma io preferisco sentire il futuro da quello di Dodona, frequentato già 3.000 anni prima della nostra era, quindi con una più solida esperienza.
Dodona, non facile da raggiungere (perciò sostituita da Delfi), sta a qualche chilometro a sud di Ioannina. Non ha una sacerdote isterica a urlare indovinelli, ma qualche piccolo edificio in un’area circondata da alti monti. L’affiancano filari di querce dove una casta di sacerdoti molto particolari – Helloi o Selloi- dormivano per terra, avevano il divieto di lavarsi i piedi per tutta la vita, assicurano gli autori, e prevedevano il futuro ascoltando il fruscio delle foglie delle querce. E’ quel fruscio che si sente anche oggi durante il giorno, più o meno distinto, provocato da venti costanti.
Lì, lì, direbbe Goethe, vorrei tornare.
Io infatti ci torno ogni anno, attraversato lo splendido Epiro e, pur senza piedi neri, ascolto il soffio delle foglie. Da quelle sacre querce Pallade trasse la prima polena della storia, forse una ninfa che indicava la via agli Argonauti.
Anche a me, e ai pochi visitatori, le foglie dicono che fare: quest’anno a Creta dove il mare è colore del vino, un altro ad Argo, a Corinto, una volta fino a Verghina dove splende l’antichità macedone mentre ancora si scava la piazza e la reggia. Mai mi hanno detto Atene e infatti non ho goduto ad andarci. L’interminabile mostra di sculture perfette in bianchi marmi gelati, non mi seduce come il calore dei Minoici e la possanza dei Micenei. Dopo che i preziosi reperti sono stati spostati dal Partenone ad un museo nuovo di zecca, si è persa la loro contestualità e ridotta la loro potenza emotiva.
Al viziato dell’antichità greca non sono certo sfuggiti i due volumi di Guidorizzi, Il mito greco, Dei ed eroi, ed. Mondadori, un monumento di sapienza ed erudizione che raccoglie su ogni dio od eroe testi di epoca tarda, anche latini, quindi da passare al crivello.
Chi vuole intraprendere un viaggio per isole e conoscerne o ricordarne leggende, commerci divini e umani, trasformazioni geologiche, presenze e assetti attuali, scopre la storia dei luoghi nel secondo libro Il mare degli Dei. Gli autori hanno diviso gruppi di isole vicine tra loro, come fossero arcipelaghi, da Corfù ad Itaca, da quelle accanto alla Turchia o più a sud, come Rodi.
Qualche sosta è necessaria, alle bianche rupi di Leucade da cui si lanciò Saffo cercando la morte, alla sacra Delo dagli imponenti leoni, dove non c’è stabile presenza umana e si può visitare solo nelle poche ore concesse dal battello di linea. Tartassati dalla furia dell’Unione europea che li classificò come popolo di cicale, i Greci non cedettero né le loro libere spiagge (a differenza dell’Italia) né Delo, né pensano di cambiare la loro grafia.
Torno a Lesbo, dove si conobbero Alceo e Saffo dai capelli di viola, uno o due secoli prima dell’età classica, l’amante del vino, e la più grande poeta del mondo, l’insegnante amica delle sue studenti. Saffo fu una rivoluzionaria, che ebbe il coraggio di rompere l’antica tradizione guerriera scrivendo:
Alcuni dicono che niente è più bello
sopra la terra bruna,
di una schiera di cavalieri, di fanti e di navi.
Io dico invece che la cosa più bella
è la persona amata.
Facile immaginare che per secoli fu coperta di calunnie che ancora si ripetono, tanto che il nome della sua isola è diventato un sinonimo sessuale.
Ancora le foglie fruscianti di Dodona spingono a Samotracia, la terra dei Grandi Dei. Da lì viene la splendida Nike scolpita nel II secolo (ora al Louvre), ala fremente, volteggio della veste, corpo torto che prelude al volo e celebra la vittoria della flotta di Rodi su quella del re Antioco, guidata da Annibale. Samotracia è vicina alla Tracia, lontana dai giri turistici, un grande scoglio con un suo monte di 1.600 metri, ricca d’acque e di terme, luogo nei tempi remoti dei misteri dei Caribi, cui fu iniziato anche Erodoto. Culti derivanti dall’ancor più remoto popolo dei Pelasgi, genti pregreche che, secondo i resti, amavano il deforme e l’eccessivo, pigmei dal volto mostruoso, falli penzolanti, nani dal ventre immenso. Il contrario della perfezione classica. Le querce di Dodona dicono che non esiste solo l’età di Pericle e di Fidia, dietro a loro come dentro di noi c’è qualcosa di più profondo.
di Mario Baldoli