La “Gerusalemme occupata” [6]
febbraio 12, 2014 in Palestina da Sonia Trovato
Disponibile in traduzione inglese di Anna Zorzi
Prima di viaggiare in Palestina, Gerusalemme rappresentava per te soprattutto il titolo di un poema che non hai mai amato troppo, forse perché perennemente proposto in competizione con quell’altro nato dalla penna leggera e dissacrante di Ludovico Ariosto, penna ben più affine alla tua indole e alle tue inclinazioni letterarie. Dalle pagine nevrotiche e seriose di Tasso, la Città Santa ti è sempre sembrata un covo di fanatismo religioso, militarismo e furia bellica. Vedendola dal vivo – e quattrocento anni dopo la pubblicazione dell’opera in questione – l’impressione non si discosta molto, ma per tutt’altre ragioni. Gerusalemme toglie il fiato, ha il fascino di una terra esotica ma, al contempo, la familiarità delle vostre città italiane dalla storia millenaria. È un tripudio di profumi: gli aromi di spezie, falafel, incenso si mescolano e inondano le strette viuzze gremite di turisti, venditori ambulanti e gatti che mendicano qualche avanzo.
Eppure, qualcosa ti impedisce di inebriartici come invece fanno molti dei tuoi compagni di viaggio e, alla lunga, te la rende insopportabile. Sarà, forse, il tuo laicismo militante, la tua avversione per la spettacolarizzazione della professione di fede, impossibile da evitare in una città che ha come souvenirs crocifissi, rosari, madonne, tazze con la stella di David e miniature della Cupola della Roccia.
Dalla Basilica del Santo Sepolcro scappi a gambe levate, non prima di aver lanciato sguardi biechi a una signora prostrata sulla soglia e impegnatissima a dare alla stessa baci a profusione, invocando, in spagnolo, chissà quale santo. Nella smania di fuga, non badi al fatto di essere finita in mezzo a un folto gruppo di italiani che, con croce a grandezza naturale affidata a un anziano smilzo visibilmente affaticato dall’impresa, sta rievocando la Via Crucis. Presa dal panico di essere ritrascinata in quella chiesa opprimente e affollata, riesci a smarcarti dai pellegrini e imbocchi in fretta e furia un vicolo.
Finalmente sola, inizi a capire che la vera causa dell’irritazione non sta tanto in quella religiosità così plateale e un po’ trash, a infastidirti sono i milioni di turisti che vengono a Gerusalemme ogni anno senza vedere. Vorresti prenderli uno a uno e costringerli a guardare, a guardare davvero. Guardare, come avete fatto voi poco prima con il grande Mike, fino a che punto possa spingersi l’arroganza d’Israele, che nel 1967 occupò illegalmente la città, proclamandola, dieci anni dopo, propria capitale, in barba ai rimbrotti dell’ONU e al diritto internazionale. Cari turisti – vorresti dire loro – siete riusciti, tra una capatina a una bancarella e un segno della croce, ad accorgervi del trattamento riservato agli arabi che vivono a Gerusalemme? Sapete che non possono spostarsi liberalmente, in quanto detengono una carta d’identità speciale, che rischia di essere invalidata non appena lasciano il Paese? Sapete che non possono costruire, dato che il permesso edilizio deve essere rilasciato dallo Stato ebraico, che non lo concede mai, facendo dei palestinesi degli abusivi? Sapete che prima della leva militare, i giovani israeliani passano un periodo di “apprendistato” a Gerusalemme, insediandosi in case contigue a quelle dei palestinesi e seminando terrore e intimidazione (vedi foto)? Sapete che la Spianata delle Moschee, luogo sacro per i musulmani e uno dei pochi angoli di pace che sia loro rimasto in questo scenario di usurpazione, è circondata da insediamenti illegali sui quali troneggia il bandierone con la stella a sei punte? Sapete che capita spesso che un ebreo entri, per provocazione, scortato da un soldato, forte dell’esempio di Ariel Sharon, il quale, nel 2002, fece proprio alla Spianata la sprezzante e provocatoria passeggiata che diede inizio alla Seconda Intifada? Vi siete accorti della differenza tra la parte ovest, tirata a lucido, imbalsamata e completamente spersonalizzata per assomigliare a una qualsiasi metropoli europea, e la zona est, quella ancora araba (sebbene occupata), degradata, coperta di rifiuti ma colorata, viva, vissuta? Non vi sconvolge la vista di militari appena maggiorenni che imbracciano fucili da far sussultare di paura (per le ragazze, esiste la variante fucile più borsetta… e non è una battuta)?
La Cupola della Roccia risplendente dal Monte degli Ulivi riesce a placare un po’ la tua vena polemica. Da lassù, la Città Santa è pacificata, avvolta da una luce crepuscolare che, soffusa con l’oro scintillante del cupolone, la fa sembrare in balia a un incantesimo. Così, immersa in un silenzio spettrale, Gerusalemme potrebbe sembrare veramente liberata, finalmente redenta dai fiumi dell’intolleranza, dell’odio e del razzismo. Basta scendere per realizzare, amaramente, che resta la Gerusalemme oppressa di cui parla Tasso, solo che quelli che lui riteneva gli oppressori sono diventati gli occupati e gli umiliati. E per loro non c’è nessun Goffredo di Buglione disposto a battersi cavallerescamente per un lieto fine.