La biblioteca di Pier Paolo Pasolini
gennaio 24, 2019 in Approfondimenti, Recensioni da Pino Mongiello
A distanza di quasi quarantacinque anni dalla morte, Pasolini (1922-1975) continua a mantenere per noi un’inquieta aura di mistero e a lasciare irrisolti molti interrogativi: complici, in ciò, le testimonianze rivelate e contraddette o eclissate nel nulla sulle diverse verità pronunciate in area politica, giudiziaria, giornalistica. Oggi ci interroghiamo ancora sul senso del suo percorso combattivo e solitario nella dialettica delle idee che ha fatto scintille tra le generazioni del secondo Novecento. È per tutto questo, e per altro ancora, che su Pasolini si scriverà e si parlerà per molto tempo perché, conoscendo lui, si svelino anche a noi certe lande segrete, intime e complesse della psiche umana e si possano acquisire criteri di lettura più adeguati a comprendere la sua opera nonché il nostro quotidiano e la storia che attraversiamo.
La biblioteca di Pasolini, il volume che Olschki ha pubblicato (2017) per dare conto dei libri che hanno accompagnato questo eclettico intellettuale dalla giovinezza fino agli anni Settanta, e che oggi sono entrati a far parte dell’Archivio contemporaneo “Alessandro Bonsanti” del Gabinetto Viesseux di Firenze, è a pieno titolo uno strumento che illumina chi desidera compiere questo percorso. A comporre il puzzle, di oltre tremila pezzi, di titoli ed autori in un’armonica composizione e successione è stata, insieme a Franco Zabagli, Graziella Chiarcossi, cugina dello scrittore, al quale la studiosa è stata accanto fin dalla giovinezza: già nel 1962, dovendo frequentare a Roma l’Università, Graziella abitava nella casa della zia Susanna Colussi, madre di Pier Paolo. Ma c’è di più, e cioè che il fratello di Pier Paolo, Guido, che sarà ucciso da uomini della sua stessa militanza durante la Resistenza, era stato suo padrino di battesimo. Il legame di Graziella Chiarcossi con la famiglia Pasolini era stato dunque qualcosa di molto profondo.
Le carte e i libri di casa dello scrittore non sarebbero potute passare in mani migliori per essere riordinate e mantenute come un unicum organico. È così che possiamo conoscere la successione dei trasferimenti compiuti dallo scrittore, con le conseguenti perdite di taluni titoli durante i traslochi, a partire dal 1952, da Casarsa a Udine e quindi a Roma, dove l’alloggio mutò per ben tre volte prima che Pier Paolo potesse, nel 1963, acquistarsene uno tutto suo nel quartiere dell’EUR, a proposito del quale scriverà in Poesia in forma di rosa (1964): “Mi era sembrata sempre allegra questa zona/ dell’Eur, che ora è orrore e basta./ Mi pareva abbastanza popolare, buona/ per deambularci ignoto, e vasta/ tanto da parere città del futuro.”… In questa casa, finalmente, i volumi trovano una collocazione appropriata, vengono dislocati in varie parti della casa, e sono collocati in modo tale da essere facilmente identificati settore per settore. Ben presto, però, gli spazi si esauriscono e i libri si accumulano, disordinatamente impilati persino nei corridoi. Nel 1970 Pasolini decide allora di acquistare un antico fortilizio nella campagna viterbese, dove anni prima aveva girato alcune scene de Il Vangelo secondo Matteo, Torre Chia, che diventerà per lui rifugio protetto e luogo di isolamento per studiare, riflettere e scrivere.
La biblioteca di Pasolini, così come è descritta e curata dagli autori nel volume di Olschki, non segue la catalogazione sistematica biblioteconomica classica ma offre molto di più. Innanzitutto essa è l’identificazione di un corpus omogeneo poiché comprende solo quei volumi che sono passati per le mani dello scrittore: dalle sue stesse opere, compresi i manoscritti, ai molti doni fattigli dagli amici, alle richieste di recensione che gli giungevano dalle case editrici. Spesso i libri riportano le dediche autografe, talvolta con pensieri assai personali di chi le ha scritte, o conservano dei biglietti con espressioni di affetto e di stima, o rivelano sottolineature e appunti a margine che lo steso Pasolini annotava per evidenziare quel che gli interessava. Di tutto questo il libro dà conto, sezione per sezione, ciascuna con una sua titolazione: dai libri della “formazione” alla Poesia italiana, dalla Poesia dialettale alla Poesia popolare, dai Saggi di letteratura, linguistica, filologia, semiologia al Teatro, al Cinema, alla Religione, ai Classici greci e latini, ai Libri recensiti e citati in Descrizione di descrizioni e in Scritti corsari …. Infine le Tavole: davvero di grande interesse! Sono riproduzioni di autografi, di copertine di libri, di dediche, di appunti; ci sono anche fotografie. Tutte emblematiche perché ritraggono lo scrittore, seduto o in piedi, davanti alla sua biblioteca, o anche quella con l’amico Luciano Serra (1942), o quella, infine, ripreso nei panni dello scrittore inglese Chaucer nel contesto scenografico del film I racconti di Canterbury (1972).
In tutto quanto fin qui esposto si può coglier l’involucro, già di per sé significativo, che costituisce la struttura unificante del volume. Ma non si può trascurare la molteplicità dei contenuti che si rivelano cammin facendo, nel corso di una lettura che si fa sempre più ricca. Con abilità, e senza mirare ad alcun effetto speciale, gli autori ci offrono di volta in volta citazioni folgoranti dei gusti e degli interessi letterari pasoliniani. Nelle pagine che introducono i Libri della formazione, ecco questa confessione: “Mi sono completamente concesso ai classici: le meraviglie della Pentecoste e del 5 maggio! Il Canzoniere di Petrarca! Le tragedie dell’Alfieri! Sono per me entusiasmanti rivelazioni. Ma soprattutto il Foscolo: è il mio autore, il mio maestro e duca”. … “Ho una voglia immensa di leggermi tutto Quasimodo, il cui tono mi sembra più valido e duraturo della nostra poesia contemporanea per la sua maggior misura classica (a Franco Farolfi, 20 agosto 1941). E ancora: “Segnalo un interessantissimo saggio di Luzi Note sulla poesia italiana” (a Luciano Serra, 28 agosto 1941). E per concludere ( ma si è trattato solo di un assaggio esemplificativo): “La mia ultima scoperta letteraria è Michelangelo di cui sono morbosamente entusiasta…” (a Luciano Serra, settembre 1941).
Le immagini qui pubblicate sono tutte tratte dal volume “La biblioteca di Pasolini”