Kafka a Milena: la nostra è una storia a tre (5)

ottobre 15, 2024 in Approfondimenti da Mario Baldoli

Milena Jesenskà

Milena Jesenskà

Nell’aprile 1920 per curare la tubercolosi, Kafka va a Merano. Lì riceve la lettera di una donna ceca che vive a Vienna, Milena Jesenskà che gli chiede l’autorizzazione a tradurre dei suoi racconti in ceco per pubblicarli su “La tribuna”, un giornale dove lei faceva le prime esperienze. Colta, intelligente e sensibile, Milena aveva notato la superiorità di Kafka sugli altri scrittori. Naturalmente Kafka conosceva il ceco, ma quello d’ufficio, aveva frequentato sempre e solo scuole tedesche, come i suoi amici, quindi il suo ceco non era letterario.

Milena è una donna eccezionale su cui si sono scritti vari libri. Figlia del professore universitario Jesensky, uno dei maggiori esperti di chirurgia mascellare, diplomata al ginnasio femminile Minerva di Praga, aveva un carattere forte e appassionato, era disinvolta, sprecona, viveva una vita sregolata e caotica per cui una volta fu anche denunciata per furto che lei giustificò come un attacco erotico. Una vita completamente diversa da quella riservata di K. il quale scrive a Brod: Lei è un fuoco vivo come non ne ho mai visti, ed è molto delicata, coraggiosa, intelligente e getta tutto nel sacrificio o, se vogliamo, lo ha acquistato mediante il sacrificio.

Willy Haas, un amico viennese la descrive appassionata, ardita, senza scrupoli nei mezzi quando si trattava della sua passione. Prodiga in tutto: della vita, del denaro, dei sentimenti che lei considerava sua proprietà assoluta e liberamente disponibile. Margarete Buber-Neumann che la conobbe nel Lager scrisse: per lei l’amore significava la sola vita veramente grande e non considerava vergogna avere sentimenti profondi.

Oskar Polak

Oskar Polak

Milena aveva abbandonato il padre per una relazione con Oskar Polak un ebreo colto e squattrinato. Sperando di farla rinsavire, il padre l’aveva fatta ricoverare in una clinica psichiatrica da cui era evasa. Infine le diede il permesso di sposarsi purchè lasciasse Praga. I due andarono a Vienna, dove, dissipato subito il denaro che le aveva dato il padre, lei si trovò poverissima, senza l’aiuto di Polak che passava il tempo al caffè con altri ebrei e aveva amanti, una delle quali portò a vivere in casa.

Jana, nata dal secondo matrimonio di Milena, scrive di Kafka che erano due persone completamente diverse, e nota in un dettaglio la differenza caratteriale: Kafka non consegnò mai la sua Lettera al padre, mentre Milena ruppe definitivamente col padre.

A Vienna per sopravvivere Milena dava lezioni di ceco, le studenti la amavano per la sua originalità, poi tornavano felici a casa, anche lei, ma con la pancia vuota. Scriveva qualche articolo e faceva la facchina in stazione per sopravvivere di “the e mele”, le scrisse con affetto Kafka. Jana descriverà gli anni della madre con Polak: la povertà si trasformò in indigenza, la solitudine in desolazione, il dolore in un vago orrore.

Dopo quella prima lettera, Kafka e Milena si incontrano alcune volte, Milena comincia a pubblicare qualche racconto di lui, la corrispondenza tra i due diventa di fuoco, lei lo chiama con amore Frank, unendo al nome la prima lettera del cognome. K. loda le sue traduzioni che giudica musicali. Jana registra due fatti contraddittori: quanto è bello avere un amico con cui confidarsi per lettera così da potergli dire tutto; ma anche che con i soldi che Kafka le mandava, Milena si rendeva più bella e risvegliava l’amore di Polak.

K. si sente sempre più vicino a Milena e sembra superare la vecchia ambivalenza, che l’amore gli impedisse di scrivere: Il 10 giugno 1920 le propone di allontanarsi dal marito, scegliere un posto dove vivere, lui le darà i soldi: Se dici di sì alle mie lettere non devi più vivere a Vienna, è impossibile: leggo le tue lettere come il passero afferra le briciole nella mia camera, tremando, stando in ascolto, scrutando, con tutte le penne arruffate (…) Non posso più scriverti nulla se non quello che riguarda noi due tra la folla del mondo, solo noi (…) le labbra balbettano e il viso riposa sul tuo ventre.

Ma quando Milena gli chiede di andare a trovarla a Vienna, K. ne è sconvolto: Non so se verrò a Vienna, ma credo di no. Anche Milena oscilla: non si sente di lasciare il marito.

K. riferendosi al marito di lei, approda alla sofistica: Il caso dei rapporti tra noi tre è tale che non ne conosco uno analogo… io non sono suo amico (del marito di lei), non ho tradito alcun amico, sono molto legato a lui, per certi versi più di un amico. Tu non l’hai tradito perché lo ami qualunque cosa tu dica, e se ci uniamo è su un altro piano. Questa non è solo una nostra storia da tenere segreta, bensì nella sua evidenza, storia a tre.

Tra il 29 giugno e il 4 luglio avviene l’incontro a Vienna, prima del quale K. non ha dormito per due notti. I giorni a Vienna sono felici, fanno una lunga passeggiata nel Wienerwald. Lui stava bene, la notte dormiva come un ghiro, scriverà Milena a Max Brod quando il loro amore era finito. Ma già a Vienna lei gli aveva detto: “la lotta con l’anticamera non può durare a lungo”, frase di solito interpretata in senso sessuale.

A Vienna K. compie 37 anni, il 10 agosto Milena ne compie 24.

Dopo Vienna K. rompe con Julie (la sua fidanzata) che ne è sconvolta avendo anche perso il precedente fidanzato in guerra. Verrà ricoverata in una clinica e morirà in un Lager come le tre sorelle di Kafka, Grete, Julie e Milena, benchè quest’ultima non fosse ebrea.

Dopo Vienna, Frank è perdutamente innamorato: Milena, Milena, Milena …ti amo, tu, tarda di comprendonio, così come il mare vuole bene a un minuscolo ciottolo sul suo fondo, proprio allo stesso modo ti inonda il mio affetto (e presso di te io sono di nuovo il ciottolo, se i cieli permettono) amo tutto il mondo e di questo fa parte anche la tua spalla sinistra, no fu prima la destra e perciò la bacio quando mi piace (e tu sei tanto cara da togliere la camicetta da lì) e di questo fa anche la spalla sinistra e il tuo viso sopra di me nel bosco e il riposo accanto al tuo seno quasi nudo.

Milena informa il marito di questo suo amore, lui le si riavvicina. Il 15 agosto a Gmund alla frontiera tra Austria e Cecoslovacchia i due amanti si ritrovano, ma l’incanto è svanito. Non si sa cosa sia successo. Frank scrive: quella mezz’ora a letto, un abisso che non riesco superare forse perché non voglio. Voler afferrare in una notte per magia, in fretta, col fiato grosso, vulnerabile, ossessionato, quello che ogni giorno dà agli occhi aperti.

Nei Diari: “Ci parlammo e ci ascoltammo, spesso come estranei”.

Dopo Gmund Milena ha deciso: parte col marito per una vacanza a Sankt Gilgen, uno dei borghi romantici dell’Austria, tra lago e collina.

Kafka le scrive: Lo sapevo quello che ci sarebbe stato, c’era nei tuoi occhi chiari – cosa non si riesce a distinguere contro il loro sfondo chiaro? – c’era nelle pieghe della tua fronte. (…) Lo vedo e non posso dire: resta dove sei. Ma non dico neanche il contrario, sto di fronte a te e guardo nei tuoi poveri occhi, un’onda di sofferenza e di amore mi coglie e mi allontana dallo scrivere. Nell’atmosfera della vostra convivenza (lei e il marito) io sono come il topo cui si permette al massimo una volta all’anno di attraversare di corsa il tappeto. Scrivi che il mese prossimo verrai Praga, vorrei quasi dirti di non farlo.

Lei risponde: “Voglio bene anche a te”.

Kafka: Cosa ho mai in contrario che tu gli pulisca davvero bene gli stivali, puliscili pure bene, poi mettili in un angolo e che sia finita.

È il 15 agosto, il loro rapporto finisce, è durato forse cinque mesi.

In una lettera a Brod, dal sanatorio di Matliary nei Monti Tatra a fine 1920, Kafka ripete: Impedisci che ci incontriamo, adempimi in silenzio questa mia preghiera, essa sola mi può permettere di continuare a vivere in qualche modo, tutto il resto continua la distruzione.

Il castello KafkaMa continuano saltuariamente a scriversi. Milena va a trovarlo più volte a Praga nel 1921 e ’22. Nell’ottobre del 1921 lui le consegna i molti quaderni dei Diari; altri scritti, compresa la Lettera al padre, glieli aveva già dati. La prova che restavano l’affetto e la fiducia, confermate anche nell’ultima lettera a Milena il 25 dicembre del 1923, pochi mesi prima di morire, il 3 giugno del 1924.

Nel 1922 Kafka comincia a scrivere Il Castello che rispecchia lucidamente il loro amore: lei è raffigurata in Frieda che rinuncia a tutto per amarlo, ma il protagonista la offende, attirato da un’altra donna. Quando di nuovo vuole averla per sé, è tardi, lei è tornata dal suo precedente e potente amante, un funzionario del Castello. Il romanzo è incompleto. Avendone parlato, Max scrive che il protagonista muore il giorno prima d’essere accettato al Castello. Un finale tipico di Kafka: aveva scritto anni prima: Dio verrà, ma il giorno dopo il giudizio universale. E un’altra volta: quando Dio fece il mondo, era una giornataccia.

Milena è sconvolta dalla fine di quell’amore. Scrive a Max (in tutto otto lettere) e fa un’analisi così acuta di se stessa e di Frank come nessuno ha mai fatto: Se allora fossi andata a Praga con lui, sarei rimasta per lui quella che ero. Ma io ero cresciuta con entrambi i piedi solidamente piantati in questa terra, non ero in grado di lasciare mio marito e forse ero troppo donna per avere la forza di accettare per sempre quella vita che sapevo essere la non-normalità di Frank, proprio questo è il suo pregio (…) Io credo che noi tutti, il mondo intero e tutti gli uomini siano malati e lui sia l’unico sano, quello che capisce davvero, sente davvero, l’unico essere puro. Io so che lui non si difende dalla vita (come le aveva scritto Max) si difende solo da questo genere di vita. Se fossi riuscita ad andare con lui, avrebbe potuto vivere felice con me. Ma questo, tutto questo, lo so solo oggi. Allora ero una donna comune (…) Che mi ami lo so. È troppo buono e pudico per cessare di amarmi. Lo sentirebbe come una colpa. Crede sempre di essere lui il colpevole e il debole. Eppure non c‘è in tutto il mondo un altro uomo che possieda la sua immensa forza, questa assoluta immutabile necessità di perfezione. Lo so fino all’ultima goccia di sangue che è così.

Milena ne scrisse il necrologio, amoroso e straziante. Si legge in Franz Kafka, Lettere a Milena, Giuntina 2019, libro in cui sono inserite anche le lettere di Milena a Max Brod.

Nella prossima puntata scriverò degli ultimi anni di vita di Kafka.

di Mario Baldoli

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