Intervista ad Alberto Schiariti, l’inventore del flash mob sulla lettura
marzo 18, 2010 in Interviste da Andrea Zucchini
Chi è Alberto Schiariti?
Sono un ragazzo di quasi 24 anni, perito informatico e da pochi mesi senza fissa… mansione. Ho lavorato per quasi 4 anni (da quando ne avevo 20) in un’azienda di consulenza & formazione, ma con il tempo mi sono mancati gli stimoli e gli sforzi che facevo per recarmi in ufficio sono diventati troppo pesanti, quindi ho mollato tutto e ho deciso di cambiare vita. Mossa difficile per il periodo in cui siamo, ma non avevo certo voglia di invecchiare in posti sbagliati perché “c’è crisi”, scusa che ormai serve per giustificare qualsiasi cosa. Non nego però che l’Alberto lettore deve indirettamente molto al lavoro che svolgevo, dato che a causa di esso viaggiavo più di 3 ore al giorno su treni e autobus, arrivando quindi a leggere in media più di 50 libri ogni anno. Come è nata l’idea del primo Flash mob Leggere leggere leggere?
In realtà prima di “Leggere, leggere, leggere!” non sapevo neanche cosa fosse un Flash Mob. Mi pare di ricordare che me ne parlò un ragazzo di Roma proprio come metodo per promuovere l’iniziativa. Fu amore a prima vista e ne organizzai molti in tutta Italia. Proprio a Roma fu affidato a questo ragazzo e raggiunse addirittura la notorietà televisiva con un servizio sul Tg5. Io diressi personalmente quello di Firenze, bloccando circa 200 persone nella stazione di Firenze Santa Maria Novella e girando con un megafono tra i “ghiacciati”. Una delle sensazioni più belle mai provate. Alla fine scattò anche l’applauso non programmato.
In Italia la mancanza di lettori è “cronica” da decenni. Il flash mob può tornare a far pensare alla lettura come scoperta della stessa, riscoperta di sé e, attraverso il dono, scoperta dell’altro?
Non so. Personalmente trovo la lettura una delle attività al pari dell’ascolto della musica o della visione di un film, ma sono anche consapevole che mentre queste ultime due sono considerate “normali” da tutti, la lettura di un libro è qualcosa che viene considerata dai più ancora troppo impegnativa. Oggettivamente un po’ di più lo è, anche per il semplice fatto che occorre molto più tempo per leggere un libro che per la visione di un film o l’ascolto di un brano, ma è anche un’esperienza molto più totale. Il flash-mob sicuramente può incuriosire e colpire, perché l’effetto visivo è molto forte e obbliga le persone a fermarsi e pensare. Trovo la sua forma perfetta, soprattutto quando è eseguito con la chiusa prevista, ovvero tutti continuano a fare quello che stavano facendo prima di fermarsi come se niente fosse accaduto.
Il dono è obiettivamente più diretto e come messaggio subliminale quasi ti obbliga alla lettura. È un’azione assolutamente sconvolgente in un mondo dove la diffidenza la fa da padrona e mai nessuno potrebbe accettarlo senza avere qualche sospetto. Ed è proprio questa genuinità che è il cuore dell’iniziativa, anche più della lettura. È la rottura di questa barriera, che avviene grazie ad un gesto ed un’arma potentissima.
Perché hai deciso di interrompere dopo il primo flash mob? Cosa è successo?
“Leggere, leggere, leggere!” ha avuto due edizioni (solo nella prima ho organizzato Flash-Mob), ma poi ho deciso di interrompere perché ho intravisto una brutta strada. Le persone pensavano in qualche modo che ormai l’iniziativa fosse affermata o che magari io nel mentre mi fossi arricchito e avessi mezzi molto più potenti della prima edizione e quindi non ha più fatto da motore. Questo ha portato all’affievolimento della forza motrice dell’iniziativa, il passaparola, e mi ha deluso molto. Ho quindi deciso di non voler trascinare una terza edizione per i capelli e se un giorno vorrò riproporla, lo farò solo se convinto di poter aggiungere qualcosa di nuovo o di poter raggiungere lo spirito della prima edizione.
Quali libri ti hanno formato – segnato? Cosa stai leggendo ora?
Io trovo che la maggior parte dei libri siano grandi storie. Non necessariamente ci deve essere un secondo fine o una grande morale. Ho sempre odiato a scuola i professori e le professoresse così sicure di poter dare l’interpretazione di qualsiasi cosa “volesse dire l’autore in quel momento”. Nessuno potrà mai sapere con certezza cosa l’autore volesse dire ed è quindi anche innaturale formarsi con dei libri. Più che formazione, preferirei quindi parlare di influenza o di passione infusa. Tra i miei libri preferiti ci sono dei saggi di Dawkins, un biologo (e molto altro) che parla in maniera semplicissima di temi molto complessi. C’è 1984, che 60 anni fa riuscì ad immaginare una società “affascinante” e distopica. Ma ad esempio c’è anche Battle Royale, libro che ho appena terminato e che è uscito da pochi anni in Italia, nonostante fosse stato scritto nel 1999 in Giappone. Questo libro suscitò grandi polemiche a causa della sua violenza e al fatto che criticava aspramente i governi asiatici. Brevemente, parla di 42 studenti (della stessa classe) che vengono rapiti e deportati su un’isola, obbligandoli a uccidersi tra di loro con la promessa che solo l’ultimo rimasto sarebbe stato liberato. La premessa è una vera e propria bomba psicologica, aprendo le porte più sconosciute della mente umana. Mi ha intrigato molto.
La televisione, una volta unificatrice dell’Italia attraverso la lingua e onesti programmi, ora si rivela cattiva maestra. La crisi dei valori associati alla crisi economica porta la cultura in secondo piano, come fosse un oggetto inutile.
Anche se non è proprio una domanda, posso dire la mia. Non ho voglia di lanciarmi in logorroici giudizi e dico semplicemente che la TV, come è concepita oggi, è un concetto vecchio. Io uso internet e guardo cosa voglio, quando voglio, come voglio. Con la televisione non puoi fare la stessa cosa. I canali sono pochi, i programmi sono noiosi e gli orari sono fissi. Se poi aggiungiamo anche il fatto che la qualità media dei programmi rasenta la vergogna e che nella maggior parte dei TG si parli di notizie futili (o addirittura fasulle), non è difficile capire certe lacune di chi usa questo mezzo come principale fonte di informazione. Non è neanche troppo difficile capire perché il tizio che le controllava tutte è riuscito a governare questo paese per 20 anni, nonostante ne avesse combinate di inimmaginabili. Adesso stiamo vivendo il periodo di disillusione e c’è chi l’affronta rendendosi conto di aver dormito 20 anni e di dover adesso riparare i danni e chi insiste nel non capire che (quasi) tutte le misure che vengono attuate oggi, sono frutto degli errori degli anni passati, addossando la colpa al medico che vi deve amputare il braccio per salvarvi però la vita.
Pensi di tornare a rilanciare Leggere leggere leggere? E’ vero che ha favorito fidanzamenti e matrimoni?
Non sono sicuro di voler rilanciare “Leggere, leggere, leggere!”. Come già detto, è stato bellissimo, ma non voglio trascinare un’iniziativa per i capelli. Se verrà, dovrà essere naturale.
Riguardo alle unioni, beh, ricordo sicuramente che ci sono state storie d’amore (matrimoni non so) legate a persone che si sono conosciute proprio grazie all’iniziativa o che hanno fatto il “passo” con la scusa del dono. È stato un effetto collaterale non previsto, ma assolutamente carino.
Verrai al flash mob a Brescia?
Onestamente penso di no. Spero che vada davvero bene e la mia non presenza non sarebbe certo una forma di protesta. Non ho però ancora intenzione di accettare “ufficialmente” la riapertura di “Leggere, leggere, leggere!”, anche se ho gradito molto questa iniziativa completamente autonoma. Senza volergli togliere niente, vorrei però che fosse chiaro a tutti che la mia iniziativa non è un brand da acquistare e vendere, ma un’idea. Niente di più. Niente di meno.