Il Regime dell’Arte – Il Premio Cremona 1939-1941.
novembre 17, 2018 in Arte e mostre da Gloria Berardi
Il Regime dell’Arte – Il Premio Cremona 1939-1941, mostra a cura di Rodolfo Bona e Vittorio Sgarbi, Cremona, Museo Civico, Ala Ponzone (fino al 24/02/2019 )
A prevenire le inevitabili critiche e riserve politiche, ci ha pensato Vittorio Sgarbi all’inaugurazione dello scorso settembre: “Non c’è nessuna connivenza politica, la politica non c’entra nulla, c’è una lunga distanza, ormai 75 anni, che ci mette al riparo da ogni rischio. Da qui una mostra impeccabile nella quale i quadri sono quelli giusti…una mostra che fosse di una fedeltà assoluta nel riproporre quello che fu il clima di quell’epoca”.
Vedere oggi un quadro in cui una famiglia ascolta un discorso alla radio, nell’epoca degli smartphone, secondo Sgarbi mette al riparo da ogni rischio di propaganda: “Dire che sono antifascista è superfluo, perchè è già aprioristico. Ma se da storico voglio ricostruire quel mondo, lo devo ricostruire fedelmente”.
Certo, un approccio che non può non andare a solleticare questioni di opportunità politica che appaiono tutt’altro che futili, pur se affrontate da un punto di vista eminentemente artistico (si pensi alla polemica esplosa in queste settimane a Brescia a proposito della possibile ricollocazione in piazza della Vittoria della statua del cosiddetto “Bigio”).
Certamente l’arte di regime, di ogni regime, è stata oggetto di una “damnatio memoriae” che ha impedito di cogliere con lucidità e il dovuto distacco la qualità di soluzioni ed il talento di artisti non banali. Questa mostra vuole recuperare uno stralcio di conoscenza sul panorama artistico del Ventennio, per la verità variegato e persino contraddittorio nei suoi esiti.
Voluto dal gerarca Roberto Farinacci, il Premio Cremona si svolse dal 1939 al 1941. Manifestazione artistica di ambito nazionale, promosse l’idea di una pittura esplicitamente impegnata nella celebrazione del regime fascista.
Di ambizioni “internazionali”, date le strette relazioni di Farinacci con la Germania nazista e la città di Hannover, l’esposizione mirava a contrapporsi alla pittura indipendente promossa dal contemporaneo Premio Bergamo, appoggiato dal Ministro dell’Educazione Nazionale, Giuseppe Bottai.
Nella prima edizione gli organizzatori annunciarono che alla chiusura delle iscrizioni le domande di partecipazione pervenute erano state circa 900 e quasi 1100 le opere giunte da tutta Italia e dall’estero ( “dall’Impero e dalle Colonie”). I portavoce sottolinearono come unanime fosse stato, da parte dei concorrenti, il «sentito il valore morale di partecipare ad un concorso ispirato, nella concezione e nelle finalità, all’esaltazione delle idealità fasciste».
In realtà furono presentate al concorso solo 300 opere, 123 delle quali furono effettivamente ammesse. Un filmato, datato 24/05/1939, dell’Archivio Storico Luce “Premio Cremona” testimonia che i dipinti del premio «A» esposti nel Palazzo Comunale furono 80, mentre solo 50 quelli del premio «B» nel Palazzo Cittanova.
All’inaugurazione il gerarca Farinacci dichiarò il successo della mostra oltre le aspettative e tale da «suscitare una pittura tutta nostra» in grado di riprendere «la tradizione classica per aggiornarla al novecentismo fascista: epico, vittorioso, glorioso, imperiale».
Alla caduta del regime molte delle opere esposte andarono disperse, distrutte, mutilate o chiuse in magazzini, oppure videro, per mano degli stessi artisti, modificati i titoli e i soggetti, con la trasformazione di scene celebrative in scene popolari o in ritratti. Nascondere la loro partecipazione al Premio non ha comunque significato la cancellazione del loro apporto al generale dibattito artistico dell’epoca.
Negli anni del secondo dopoguerra, il Premio Cremona è stato oggetto di ostilità critica e di rimozione, oltre che di scarsa considerazione nella storiografia dell’arte, solo parzialmente corrette a partire dagli anni Ottanta, e i curatori della mostra di Cremona si inseriscono in questa recente prospettiva.
“Il Regime dell’Arte” prende in esame le ragioni della politica artistica di Farinacci e gli esiti figurativi della rassegna, attraverso una selezione delle opere presentate durante le tre edizioni, dal 1939 al 1941.
Il percorso espositivo vuole mettere in evidenza la trasformazione del linguaggio figurativo fra tradizione naturalistica, eredità delle avanguardie e metamorfosi del Novecento. Le opere dei numerosi autori che vi parteciparono tra cui Mario Biazzi, Giuseppe Moroni, Biagio Mercadante, Gian Giacomo Dal Forno, Remigio Schmitzer, Pietro Gaudenzi, Donato Frisia, Luciano Ricchetti, Evaristo Zambelli, Mario Beltrami, provengono da musei, sedi istituzionali e collezioni private e sono ora radunati per la prima volta. In particolare, le opere di grandissime dimensioni (oltre 3 metri di base) mettono in risalto le tematiche delle tre edizioni della manifestazione: nel1939 «Ascoltando alla radio un discorso del Duce», nel 1940 «La battaglia del grano», nel 1941 «La gioventù del Littorio». Celebrazione dei valori e delle imprese del fascismo, a sostegno delle esigenze di propaganda ideologica del regime e illustrazione di luoghi emotivi dell’Italia e dell’arte tra le due guerre. Nel 1942 il tema del premio «Dal sangue la nuova Europa» non ebbe luogo, perché soffocato dal sangue della guerra in corso.
Nell’allestimento, le installazioni interattive interessano tre apparecchi radio d’epoca, i quali prendono vita al passaggio del visitatore e riproducono suoni, rumori, testimonianze utili per ripercorrere i luoghi emotivi dell’Italia e dell’arte tra le due guerre ed esplicitare il messaggio politico di quegli anni; il connubio tra radio e immagini anticipa l’utilizzo strategico nella propaganda dei mezzi di comunicazione di massa, quali i social-media di oggi.