Il gusto della vita e l’attesa della morte. Dora e Franz a Berlino (VI)

gennaio 5, 2025 in Approfondimenti, Letteratura da Mario Baldoli

Robert Klopstock

Robert Klopstock

Si era all’inizio di giugno del 1924 quando Franz, stroncato dalla sofferenza, disse al medico e amico Robert Klopstock: mi uccida, altrimenti lei è un assassino.

Klopstock si allontanò dal letto per pulire una siringa.

Franz gli disse: Non vada via.

Klopstock rispose: Non vado via.

e Kafka: ma vado via io.

Morì il 3 giugno.

Le poche battute hanno fatto pensare anche all’eutanasia, ma niente lo testimonia e in realtà è inutile sapere di più. Klopstock, per la precisione, era uno studente in medicina che aveva interrotto gli studi per seguire Kafka di cui era diventato amico, lui stesso era guarito dalla tubercolosi. Sua è l’ultima testimonianza su Kafka vivo.

Dora Diamant

Dora Diamant

Si concludeva anche, dopo un anno, l’ultima storia d’amore di Kafka.

Era il 13 luglio 1923, il luogo era Muritz sul Baltico: Dora Diamant (o Dymant), un’ebrea di 25 anni, bionda, candida, proveniente dalla Galizia, volontaria alla Casa del popolo ebraico di Berlino, affettava carne in cucina. Un’ombra apparve alla finestra, era l’uomo che aveva visto la mattina sulla spiaggia, non lo conosceva. Lui entrò, mi disse con voce morbida: “Mani così delicate costrette a svolgere un lavoro così sanguinario”.

Era Franz Kafka, aveva quarant’anni, soffriva di tubercolosi, le cure in vari sanatori erano state inutili. Lei aveva abbandonato i genitori rifiutando le chiusure del chassidismo (una corrente che voleva rinnovare l’ebraismo), pensava che all’Ovest ci fosse più libertà, invece aveva trovato una società disgregata, fatta di solitudini.

L’amore tra lei e Franz scoppiò così rapidamente che lei si chiese poi: Perché Kafka mi fece un’impressione così forte?

Pietro Citati ha scritto: Lei fu appassionata, amorosa, gli stava vicino e lui poteva toccarla, accarezzarla, “afferrarla”.

Anni dopo la morte di Kafka, Dora dirà: ma da dove è saltata fuori l’idea di un Kafka ascetico? Faceva l’amore ….

Decisero di andare a vivere a Berlino, la città che lui più amava, prima tappa di un viaggio, che sapevano impossibile, in Palestina. Lui le leggeva Goethe, Kleist e gli scrittori che prediligeva, lei gli insegnava yiddish. Kafka approfondiva le sue poche generiche idee sul sionismo.

Con grande gioia di Franz, Dora desiderava stare a letto (fors’anche per il freddo?) o altrove con lui e penetrare nel suo mondo onirico. Lei aveva un dono particolare per la commedia e una capacità straordinaria d’improvvisazione. Lui da un nulla inventava delle storie, per esempio di dover leggere delle lettere, affrontare un dilemma, e così via. Dora entrava nel gioco senza sapere se lui giocasse a metà o fosse davvero serio, ma questo non aveva per lei nessuna importanza.

L’idea di iniziare una vita nuova in Palestina era una fantasia che si arricchiva di diversi scenari. Avrebbero aperto un ristorante a Tel Aviv. Dora sarebbe stata la cuoca e Kafka il cameriere. Nessuno dei due aveva mai fatto il cameriere o la cuoca, ma lui adorava giocare. Ha raccontato Dora: a volte faceva il cameriere per me prima di metterci a tavola: aveva una sala intera da servire, quel gioco durava anche un quarto d’ora e il pasto si raffreddava.

Era il 1923, l’anno della grande inflazione in Germania: a fine agosto le case erano affittate a 4 milioni al mese, due mesi dopo a mezzo miliardo. La pensione di Kafka di 1044 corone cecoslovacche era del tutto insufficiente. In sei mesi cambiarono casa tre volte. Infine si trovarono in una sola stanza senza elettricità, con porte e finestre che mal chiudevano, ma erano allegri, si amavano, io credo, benchè i critici non lo considerino amore. Dora aveva fabbricato una lampada a petrolio per risparmiare il gas e permettere a Franz di scrivere di notte. Riscaldavano il pasto su mozziconi di candela. Franz riceveva dai familiari pacchi di cibo, coperte, anche una pelliccia. Amava uscire la mattina, mettersi in coda per qualche acquisto alimentare, voleva sentirsi come l’altra gente.

Per alcuni giorni inventò storie per una bambina incontrata per strada: piangeva per aver perso la bambola. Lui le raccontò che aveva incontrato la bambola che gli aveva detto di essersi allontanata perché innamorata, ma non l’aveva dimenticata. Poi la bambola gli aveva detto che si era sposata. Alla fine la bambina era felice. Dora ricorda la meticolosità con cui Franz si preparava a quegli incontri durati più di una settimana.

Max Brod

Max Brod

Brod, l’amico che conosceva Kafka da più di vent’anni e gli era sempre stato vicino, lo giudicava adesso un uomo nuovo: malgrado la malattia, nell’ultima parte della sua vita Kafka aveva un atteggiamento felice e positivo che smentiva il suo precedente nichilismo. Brod ricorda la felicità di Franz con Dora, la perfezione della loro intesa. Nel suo libro definisce Dora la persona che “soffiò in lui il gusto della vita”.

Alla sua morte, richiesto da Milena, forse Brod andò a casa di Franz per farsi dare dalla famiglia le lettere che lei gli aveva scritto e raccomandava di distruggere. Forse Brod ne venne in possesso e le distrusse (o nascose presso qualche non ebreo, si dice quindi che si potrebbero trovare altri documenti su Kafka) o forse non le pubblicò perché non andò a casa di Franz o perché riguardavano persone viventi. La cancellazione di persone viventi (a volte comportava la distruzione stessa della lettera) era sentita come un obbligo. La figlia di Milena lo attaccò poi perché aveva mantenuto solo in parte quella riservatezza.

A metà marzo la tubercolosi raggiunse Franz alla laringe, cominciava a bisbigliare e scrisse l’ultimo racconto, chiamandolo, non a caso, La cantante Josephine ossia il popolo dei topi. Fu ricoverato nel sanatorio di Wienerwald, poi in quello di Kierling in Austria. Ai genitori scriveva minimizzando le sue condizioni, ma la febbre cresceva, le iniezioni d’alcol nella laringe non servivano, la faringe era gonfia, contro il dolore si usava la morfina, i dolori della trachea gli rendevano difficile la deglutizione, pesava 45 chili, comunicava attraverso biglietti, Dora scriveva per lui. Se si fosse scoperta la streptomicina e qualche altro medicinale specifico per la sua forma di tubercolosi, sarebbe guarito o almenokafka sarebbe vissuto più a lungo.

Gli "scarabocchi" di Kafka

Gli “scarabocchi” di Kafka

Gli spettri notturni lo dominavano, scrisse che ormai doveva “scavare il pozzo di Babele”, costrinse Dora a bruciare alcuni suoi scritti, tra cui un dramma, altri furono distrutti dalla Gestapo. Dora viveva in una cascina vicino al sanatorio, la sua abnegazione commovente.

Klopstock ricorda alcune frasi di Dora alla morte di Franz: Da lui che è tanto solo, così solo, noi non abbiamo niente da fare, stiamo qui e lo lasciamo là solo, al buio, scoperto… o mio caro, tu così buono. Klopstock, divenuto poi professore di malattie polmonari negli Stati Uniti, scrisse: chi non ha conosciuto Dora non conosce l’amore.

Lei tenne per sé 26 lettere che Franz le aveva scritto.

Max andò a trovare l’amico due giorni prima che morisse fingendo di dover tenere una conferenza.

Morto Franz, Dora andò a lavorare presso un dirigente della comunità ortodossa ebraica di Berlino, teneva discorsi nei circoli della sinistra, convincente, appassionata e con grande senso della responsabilità umana, così la ricorda la rivoluzionaria bolscevica Angelica Balabanoff.

Dora si sposò nel 1930, sfuggì a Hitler col marito Lutz Lask, redattore del “Die Rote Fahne” (Bandiera rossa) in Unione Sovietica. Ma i loro interventi erano in contraddizione con quelli ufficiali, lui fu catturato e finì in Siberia, lei riuscì a fuggire in Inghilterra. Il ricordo di Kafka la seguì per tutta la vita. Nel 1949 scrisse a Max Brod: Ho un’infinita nostalgia di Franz. La nostalgia di questi anni si è talmente accumulata che mi trovo a non saper che fare quando ci ripenso. Franz sognava di avere un figlio e di andare in Palestina. Ora il figlio ce l’ho… senza Franz e vado in Palestina… senza Franz, ma col suo denaro mi compero il biglietto del viaggio. Almeno questo…

Il denaro era quanto la famiglia di Kafka le aveva destinato, i diritti della vendita delle sue opere.

Nel 1973 Lutz Lask, gravemente menomato, potè lasciare l’Unione sovietica. Non aveva mai saputo nulla della moglie, morta a Londra nel 1952. Liberato, incontrò la figlia, morì nello stesso 1973.

Questo è il penultimo scritto su Kafka (l’ultimo sarà una riflessione su alcuni suoi racconti e un dialogo con lettori e lettrici).

Rispondo a una lettrice: la bibliografia su Kafka è immensa. Si può conoscere su www.worldcat che contiene “tutti” i libri pubblicati al mondo. Gli originali sono alla Biblioteca nazionale di Israele a Gerusalemme, consultabili in Collezione Franz Kafka.

A chi, dopo aver letto gli scritti di Kafka, vuole leggere qualche saggio critico sulla sua opera e la sua vita, consiglio il godibilissimo Pietro Citati, Kafka, Adelphi 2007, e Klaus Wagenbach, Kafka, ilSaggiatore 2023. Struggente e indimenticabile è Le dernier amour de Kafka, la vie de Dora Diamant di Kathi Diamant (non parente di Dora), Hermann editeurs, Paris 2006.

di Mario Baldoli

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