“Giardini d’inverno”, i nuovi racconti di Paola Baratto
dicembre 21, 2014 in Recensioni da Piera Maculotti
Piante verdi, veli di luce, care buone cose un po’ retrò: in certe vecchie case i giardini d’inverno sono così. Spazio prezioso tra il rumore del fuori e un dentro che chiama. Viene voglia di entrare… e di aprire la bella copertina dei Giardini d’inverno (Manni pp.73 € 12) del nuovo libro di Paola Baratto, apprezzata giornalista e scrittrice.
Dentro ci sono luminose storie brevi, dense e lievi. E rarefatte atmosfere evocate con poetici tratti, disegnate da parole misurate e precise, capaci di cogliere – con nitidezza perfetta – sfumature, ambiguità, stranezze…
Dodici racconti suddivisi in tre sezioni, tre atti di una speciale Commedia Umana.
Dicono di “Collezionismi” diversi, le prime quattro avventure: c’è chi, tra le vie della città, va a caccia di segni o sentori di ciò che – nei Cambi di stagione – non cambia. C’è Edoardo che – allergico alla banalità dell’automatismo linguistico, stanco dell’astrazione retorica – ama e cura solo le parole belle, non le solite pret à porter… Irma sa che le pietre hanno un cuore e le colleziona con alterno amore. Biagio raccoglie case: le incontra, una al mese, le ammira e rimira, ne scruta i segreti; poi torna al suo bilocale.
Sogni. Sguardi sul mondo. E su ”Altrimondi”, come titola la seconda sezione del libro.
Altri personaggi, estrosi e misteriosi: c’è la giovane Madame che, piena d’inusitata grazia, prende il metrò e incuriosisce tutti; c’è l’indimenticabile Bianca che visita i quadri, tutti quelli che può (Monet in primis, solo Hopper mai); fin da bambina entra nei dipinti, ne respira il respiro, s’incanta.
Poi c’è il Prof che adora Paris: l’Altrove sempre sognato, pro/gettato… via… ma poi…
Anche Fausto ha il suo Oltre: l’indistinto Fuori della nebbia nella piatta pianura padana, impalpabile opaco limbo, candido velo d’incanto…
Suggestioni e sospensioni che animano anche gli ultimi racconti: “La lingua delle cose mute” (omaggio all’amato Baudelaire, insuperabile nel mettere insieme fiori e male, affanni cupi e campi sereni… con versi che l’autrice sceglie come cornice alle sue storie).
Nostalgia, desiderio, silenzio… Quel silenzio che Giulia vede e sente, di cui percepisce il tocco, il peso. E poi voci, nubi, luci. E ombre… materie prime del mestiere di Adele, fotografa; mentre per Gabriele, poeta, sono le cose le vere muse; i suoi soggetti preferiti sono inerti oggetti, inanimate, vivissime nature morte… E alla fine ecco il matto Martino, l’artista che si costruisce una casa tutta di vetro. Trasparente come il silenzio. Luminosa, sincera e variopinta come uno specchio.
Proprio come la penna sapiente di Paola Baratto.