Faranno il deserto e lo chiameranno pace
luglio 11, 2014 in Palestina da Sonia Trovato
Quando le bombe cadono dal cielo da diecimila metri, state tranquilli, non fanno distinzione tra le bandiere di Hamas e quelle di Fatah esposte sui davanzali. Non esistono operazioni militari chirurgiche: quando si mettono a bombardare l’aviazione e la marina, le uniche operazioni chirurgiche sono quelle dei medici che amputano arti maciullati alle vittime.
Era il 30 dicembre 2008, il mondo si preparava a festeggiare l’arrivo del nuovo anno e sulla Striscia di Gaza cominciò a piovere Piombo Fuso. Un giovane volontario dell’ISM, arrivato in Palestina dopo un lungo viaggio di volontariato e solidarietà, iniziò a raccontarci il massacro giorno per giorno, ora per ora, minuto per minuto, pubblicando sul “manifesto” e sul blog “Guerrilla Radio” dei reportage precisissimi e appassionati, in grado di restituirci l’orrore e l’ingiustizia di quella catastrofe innaturale. Sono passati sei anni e la morte continua a piombare su Gaza, una morte che – complice la calura estiva, la disinformazione, i Mondiali di calcio, la disumanità di chi forse non ha mai avuto orecchie per ascoltare – è accolta da un silenzio assordante da parte della comunità internazionale.
Una morte che, come nel 2008, Israele tenta di legittimare, sventolando lo spauracchio di Hamas, dell’omicidio dei tre coloni, della sicurezza dei propri cittadini. E Obama, che era presidente nel 2008 ed è oggi a metà del secondo mandato, finge di non accorgersi di un genocidio che prosegue, implacabile, da sessantasei anni. Quaggiù comunque nessuno si era mai illuso che bastasse il pigmento della pelle a marcare radicalmente la politica estera statunitense.
La vita di Vittorio Arrigoni è stata barbaramente soffocata una nefasta notte dell’aprile 2011. I gazawi hanno pianto un amico, un compagno, un fratello, che vegliava sulle loro esistenze precarie nel doppio ruolo di scudo umano e di scrittore. Uno scrittore lucido e poetico, che trasformava i numeri dei bollettini di guerra in persone con un nome e una storia. Oggi Piombo Fuso si chiama Scudo difensivo, ma il libro Gaza. Restiamo umani, scritto da quell’integerrimo idealista con la sfrenata passione per i diritti umani, resta il ritratto più puntuale e più drammatico di una strage di civili, di un 11 settembre perpetuo, di un deserto che hanno il coraggio di chiamare pace.
Qualcuno fermi questo incubo. Rimanere immobili in silenzio significa sostenere il genocidio in corso. Urlate la vostra indignazione, in ogni capitale del mondo “civile”, in ogni città, in ogni piazza, sovrastate le nostre urla di dolore e terrore. Per Vik e per il sangue che sta bagnando quella luttuosa striscia di terra trasformata all’occorrenza in trappola mortale, Brescia sarà in Piazza Loggia domani, alle ore 16.
Per i lutti che abbiamo vissuto, prima ancora che italiani, spagnoli, inglesi, australiani, in questo momento siamo tutti palestinesi. Se solo per un minuto al giorno lo fossimo tutti, come molti siamo stati ebrei durante l’olocausto, credo che tutto questo massacro ci verrebbe risparmiato.
Restiamo umani