Every Thursday morning
giugno 12, 2023 in Attualità, Persia da redazione
di Arianna Cargnoni e Gaia Gargiulo
“For her, the physical pain had been more bearable than the indignity of the virginity tests and her self-loathing at having signed a forced confession”1.
Mahsa Amini, la prima delle tante ragazze redarguite, multate, imprigionate, picchiate, violentate, torturate e perfino uccise per il semplice fatto di non portare l’hijab correttamente… una notizia terrificante che tuttavia non appartiene ad un passato remoto, ma alla critica realtà dell’odierno Iran. Davanti a ciò non si può certo rimanere indifferenti, soprattutto in un mondo interconnesso come il nostro, e vedere ragazze che invece di godersi la loro adolescenza vengono soffocate da un regime integralista e repressivo dovrebbe far riflettere tutti noi: proprio per questo la professoressa Zorzi, docente di inglese, ci ha proposto l’approfondimento di Leggere Lolita a Teheran, un libro di Azar Nafisi che ci ha rese consapevoli della nostra fortuna nel poter vivere una vita libera, felice e realizzata. In quanto ragazze occidentali, dunque, è interessante chiedersi, in che modo le nostre coetanee in Iran, che pure hanno dei sogni, delle speranze e dei progetti, vivano la loro vita sentimentale e la loro intimità.
“It is a truth universally acknowledged that a muslim man, regardless of his fortune, must be in want of a nine-year-old virgin wife”2.
Riprendendo la citazione tratta da Orgoglio e Pregiudizio della scrittrice inglese Jane Austen, Nafisi mostra ironicamente come, tanto oggi in Iran quanto nell’Europa del ‘700, il matrimonio resti legato ad una tradizione maschilista e retrograda, che implica ancora pratiche come nozze combinate e poligamia, retaggi culturali e religiosi che ledono in maniera evidente la libertà individuale femminile, bambine, che già dai nove anni vengono promesse a uomini molto più grandi di loro che nemmeno conoscono, si trasformano poi in donne il cui unico compito e orizzonte è quello di badare alla casa e ai figli, senza aver avuto la possibilità di esprimere a pieno le loro potenzialità e di dar voce ai loro sogni. La donna, infatti, non viene riconosciuta nella sua individualità, ma solo come un oggetto di cui usufruire e da difendere come si protegge una proprietà privata: è dunque l’immagine di una donna-accessorio, debole e sottomessa all’uomo; immagine che il governo appoggia e promuove (“A WOMAN IN A VEIL IS PROTECTED LIKE A PEARL IN AN OYSTER SHELL”3 è infatti uno degli slogan più ricorrenti in Iran, come mostra Nafisi). Si vengono a creare, in questo modo, enormi squilibri e ingiustizie: se la donna è tenuta a coprirsi perché oggetto di tentazione, a mortificare le sue aspirazioni e a rinunciare alla sua libertà per diventare la perfetta padrona di casa intrappolata un matrimonio spesso infelice, l’uomo non solo può dare libero sfogo a tutti i suoi desideri, ma per legge ha persino il diritto di avere molteplici amanti, cosa impensabile e vietata alla moglie, che rischierebbe una condanna a morte per lapidazione. Nafisi ha saputo rendere questa realtà tramite la voce delle sue allieve che, quasi adulte, si affacciano insicure al mondo dell’amore. Ciò che accomuna tutte le ragazze è l’impossibilità di sperimentare e conoscere se stesse: alla donna non è concesso scoprire il proprio corpo, che diventa un motivo di vergogna, proprio come lo è il desiderio amoroso che rimane una prerogativa esclusivamente maschile. Questa mancanza provoca in loro un senso di frustrazione e insicurezza sul quale l’Ayatollah gioca per mantenere l’ordine e il controllo. Inoltre Nafisi spiega bene il divario percepito dalle sue allieve, instillato loro dalla società, per cui una donna può essere o una sposa, dedita alla casa e ai figli, o un’amante pronta a soddisfare i bisogni maschili. Nafisi ci racconta come una delle sue ragazze più giovani e introverse, Nassrin, abbia deciso di ribellarsi interrompendo, non senza un po’ di fatica e dispiacere, la relazione con un giovane dal quale, malgrado una certa dose di affetto e complicità, si sentiva amata e rispettata solo per le sue capacità intellettuali: Nassrin rappresenta forse il grido di tante altre che vogliono essere amate e rispettate nella loro interezza, tanto per la loro intelligenza quanto per il loro fisico e la loro bellezza, e come sincere compagne di vita, stanche di non poter vivere e amare pienamente. Dunque, la lettura di Nafisi mostra come, per assoggettare un intero popolo, sia necessario reprimere innanzitutto affetto e amore, sentimenti di per sé indomabili, incontrollabili e liberi, capaci di smuovere gli animi e che sono, in fondo, la più alta espressione dell’individualità di ciascuno di noi.
Alla luce di tutto questo, noi cosa possiamo fare in concreto a sostegno del popolo iraniano? L’indifferenza di fronte a tanto male è inaccettabile, ma parlarne per qualche giorno per poi dimenticarsene è forse peggio poiché si rischierebbe di sminuire questa realtà trasformandola in un semplice “scandalo” da prima pagina di giornale. L’autrice stessa ha dichiarato in un’intervista che se c’è una cosa che noi, abituati alla libertà tanto da darla per scontata, possiamo fare è continuare a discuterne per farne un continuo motivo di riflessione. È proprio questo che la professoressa Zorzi ci ha spinto a fare proponendoci la lettura e l’analisi delle memorie di Azar Nafisi: supportare, anche se da lontano, e non lasciare sole tutte quelle giovani vittime di un regime ingiusto, violento e sessista, che limita la loro libertà, riduce i diritti e non permette loro di vivere veramente.
di Arianna Cargnoni e Gaia Gargiulo (Brescia, Liceo Linguistico V.Gambara cl.5B)
Note:
1.”Per lei, il dolore fisico era stato più sopportabile dell’offesa causata dai test di verginità e dalla ripugnanza che provava per se stessa per aver firmato una confessione forzata”
- “E’ una verità universalmente conosciuta che un musulmano, indipendentemente dal suo patrimonio, abbia bisogno di una moglie vergine di 9 anni”
- “ La donna che indossa il velo è protetta come una perla in un guscio d’ostrica”