È bello l’aprirsi della profondità femminile, ma non basta (4)
giugno 11, 2024 in Approfondimenti da Mario Baldoli
Il tribunale, come Kafka chiama la rottura del fidanzamento con Felice (12 luglio 1914) è seguito da un periodo di grande creatività: K scrive Il processo, un nuovo capitolo del Fochista, poi chiamato America da Brod, e un racconto terribile: Nella colonia penale, in cui possiamo, senza retorica, specchiare l’orrore del nostro tempo.
Ma i due si ritrovano il 24 gennaio 1915 in Renania a Bodenbach. Kafka scrive nei Diari: Non dobbiamo torturarci ancora a vicenda (…) ci siamo trovati immutati. Ognuno dice tra sé che l’altro è inflessibile e spietato. Io non rinuncio alla mia esigenza di vivere in modo fantastico soltanto per il mio lavoro. Lei vuole la mediocrità, la casa comoda, il vitto abbondante, il sonno dalle undici di sera in poi, la camera riscaldata, e regola il mio orologio che da un trimestre anticipa di un’ora e mezzo sul minuto giusto. Ed è dalla parte della ragione (due ore siamo stati insieme in camera. Intorno a me soltanto noia e sconforto). Stando insieme non abbiamo avuto ancora un momento buono durante il quale io avessi respirato liberamente.
Qualche giorno dopo le invia una lettera dello stesso tenore: Ho trovato che entrambi siamo spietati reciprocamente; non già perché l’uno tenga troppo poco all’altro (…) non c’è tra di noi alcuna lite esteriore, camminiamo in pace l’uno accanto all’altra, ma intanto ci sono guizzi tra noi come se qualcuno fendesse continuamente l’aria, tra di noi, con una sciabola.
La lettera è, al solito, ambivalente, accompagnata da contradditori lampi d’affetto: Mi minacciava la seduzione della vicinanza, quella folle seduzione che mi sta, come dire, sul collo.
E la seduzione funziona. Li troviamo dal 3 e 13 luglio del 1916 a Marienbad nello stesso albergo, in camere separate. Nei Diari scrive: I dubbi rimangono, ma è bello lo sguardo dei suoi occhi placati, l’aprirsi della profondità femminile. Pensano di sposarsi, lui scrive altri racconti che confluiscono nel Medico di campagna.
Ma nello stesso tempo ancor più ricorda la dolcezza delle brevi relazioni avute a Zuckmantel e Riva del Garda, una dolcezza breve, senza lettere, mai avuta con Felice.
Nel luglio del 1915 era stato pubblicato La metamorfosi, Kafka comincia ad essere conosciuto tanto che Carl Sternheim, gli cede il premio Fontane che aveva vinto.
Nei Diari dell’aprile 1917 ci sono vari abbozzi de ll cacciatore Gracco pubblicato postumo da Max che vi diede anche il titolo. È il suo unico racconto che si svolge in un luogo determinato, Riva del Garda, ne parlerò più avanti.
Marienbad provoca un secondo fidanzamento, questa volta limitato a una visita agli amici, ma quando arrivano in Ungheria dalla sorella di lei, succede qualcosa per cui K. torna da solo.
Il 9 settembre scrive a Felice di aver avuto uno sbocco di sangue. Dato che odiava i medici (per farti star bene, ti fanno del male), non si cura finchè Max lo costringe ad andare da uno specialista, ha la tubercolosi.
È la fine dell’amore tra lui e Felice, fra due persone molto diverse: da una parte una donna pratica in carriera, dall’altra un uomo che vive per scrivere, ma vuole restare dentro il mondo e i suoi problemi che pure non è in grado di affrontare e si trova da essi sconfitto e umiliato.
Perlopiù K. interpretò la tubercolosi come psicosomatica: Il mio cervello non riusciva più a sopportare le preoccupazioni e i dolori che gli venivano imposti. Allora disse: mi arrendo. Se però qui c’è ancora qualcuno interessato al mantenimento del tutto, allora si sobbarchi una parte del mio peso e si tirerà avanti ancora per un poco. Così si presentarono i polmoni, molto da perdere certo non avevano. Queste trattative tra cervello e polmoni che avevano luogo a mia insaputa devono essere state terribili.
Altra volta chiama la Tbc “la pistola giocattolo nei miei polmoni”.
Che fosse una malattia psicosomatica è opinione di tutti, interpretata in genere come simbolo della sua incapacità di aderire ai valori della comunità, di affrontare i propri sentimenti e la pressione che ne deriva.
K. è scettico:” la medicina va a caccia alla cieca di quest’unica malattia come un animale in infinite foreste”. Inoltre “metà dell’Europa ha i polmoni malati”. Da qui viene il trascurarla preferendole inutili cure naturalistiche, come il restare nudi all’aria aperta, al freddo e altri comportamenti che si ritrovano nella Montagna incantata di Thomas Mann.
Kafka la descrive non sempre in negativo: “Ho verso la tubercolosi l’atteggiamento di un bambino che si aggrappa alla gonna materna”. Inoltre la malattia gli dà la forza di lasciare la “cara, povera Felice”.
Non sono sicuro delle interpretazioni psicosomatiche: già sei volte K. era stato in sanatorio, inoltre la malattia (con relativo ricovero) era considerata dall’Ottocento qualcosa che affinava la sensibilità e dal dottor von Hartungen, come lui, vi si ricoveravano tali malati, ad esempio Heinrich Mann.
Diagnosticata la tubercolosi, dopo un periodo in sanatorio, Kafka si reca a Zurau, in Boemia, dove sua sorella Ottla (la sua preferita) lavora a un modesto podere agricolo. Collabora con lei, è appassionato di giardinaggio e botanica sulla quale lei aveva seguito anche un corso.
Per rivederlo, Felice compie un viaggio di 30 ore da Berlino a Zurau. Lui scrive nei Diari che con lei è stato “del tutto insensibile”, ha recitato “la commedia”. Di nuovo Felice lo raggiunge a Praga ed è la fine di quei tormentati cinque anni. Due anni dopo lei sposerà un funzionario di banca.
A Zurau la vita con la sorella è un periodo positivo. K. sapeva da sempre che non avrebbe potuto vivere con Felice, eppure non avevano mai avuto la forza di lasciarsi. Dato che mancano le lettere di Felice, non si sa come lei abbia vissuto cinque anni di lettere e probabilmente solo cinque di incontri malriusciti in un legame che ha qualcosa di sublime e di masochistico.
Nel 1918, un anno dopo la rottura con Felice, Kafka si fidanza con Julie Wohryzek, una commessa figlia di un calzolaio scaccino di una sinagoga. Il padre di Franz è furibondo vedendo in questo possibile matrimonio un declassamento sociale e invita il figlio a frequentare il bordello dandogli anche qualche consiglio. Franz scrive la Lettera al padre, un centinaio di pagine contro di lui, dure e bellissime che non gli consegnerà mai.
Sull’argomento bordello K. non aveva niente da imparare. Del 1908 è il suo rapporto equivoco e breve con Hansi Julie. Scrive: la sera ad una grande mostra con un’altra, alle 5.30 a casa. “Ieri in hotel con una prostituta troppo vecchia (…) non l’ho consolata, poichè nemmeno lei ha consolato me”. (rispettivamente: Lettere a Brod, 9 giugno e settembre 1908). Alla fine di quell’anno finiva il rapporto con Hedwig Weller.
Un viaggio di cultura con Max a Weimar è arricchito dalla visita ai bordelli dei Paesi attraversati, descritti umoristicamente nei Diari: Milano, Parigi, mentre a Lipsia i due amici arrivano quando le ragazze non sono ancora alzate. A Weimar K. inizia un flirt con la giovane figlia del custode della casa di Goethe e porta in giostra alcune ragazzine.
Quelle frequentazioni compaiono in un sogno del 9 ottobre 1911 che riporto in breve: K. percorre in punta di piedi per non disturbare un lungo corridoio con stanze a destra e sinistra, alcune stanze erano bordelli. Come l’ultima camera dove si ferma e vede due prostitute.
Si occupa di una, Max dell’altra: Io le palpavo le gambe e indugiai a premerle regolarmente le cosce. Il mio piacere era tale che mi stupivo di non dover pagare per quel divertimento. Con mio grande spavento volse la schiena coperta di grandi cerchi rossi come ceralacca. Guardai preoccupato Max che senza paura…
II sogno svela un rapporto tormentato: attraversa un bordello, prova piacere, teme però che la donna abbia una malattia venerea (la ceralacca).
Esco dai bordelli e incontro Julie Anche lei è molto diversa da K., che così la descrive a Max: Una figura comune (…) innamorata del cinema, operette e commedie, della cipria e dei veli, padrona di una quantità inesauribile e irrefrenabile delle più sfacciate espressioni di gergo, in complesso molto ignorante, più allegra che triste. È bella, ma insignificante, come, poniamo, il moscerino che vola contro la mia lampada.
Resta senza risposta una domanda: perché anche il suo più intimo amico Max Brod, un’amicizia che dura tutta la vita, è tanto diverso da lui? Perché K. che pure piaceva alle donne come loro a lui, si fidanza con due che sono il suo contrario?
Eppure ne conosceva molte che, essendo sposate, hanno poi dato testimonianze reticenti. Elsa Bergman che fu moglie di due accaniti sionisti Gershom Scholem e Hugo Bergmann, gli dedica varie poesie, eccone una:
Di tanti uomini ebbi diletto
Curiosità del corpo e ardente anelito
Solo una volta però, del cielo attinsi il fondo
Nel tempo incalzante della vita
Fu un soffio, a malapena un bacio
Un raggio lieve e d’oro mi confisse il cuore
Un solo attimo impalpabile
All’intera mia vita portò luce
E le tue parole: amicizia reca bontà,
forse…immortalità.
Di lui Elsa ricorda due versi del 1903: C’è un giungere e un andare
Un separarsi e spesso- mai più ritornare.
Ancora una fra le molte testimonianze, quella di Anna Pourazovà, educatrice nella famiglia Kafka nel 1910: Facevamo lunghi bagni nell’Elba (circa 30 km a nord di Praga) e prendevamo il sole in spiaggia, sempre separati e senza costume da bagno per avere un rapporto intimo con la natura e gustare fino in fondo il sole e l’estate (…) andava molto in bicicletta e giocava a tennis con una bella ragazza. Dopo il suo ritorno a Praga scrisse una lunga poesia “Stella”, così si chiamava la signorina. “Franz le è infedele” mi disse Ottla. Una domenica pomeriggio Ottla cominciò a saltare intorno al tavolo e cantò: “ing, ang, ling, ong” al nostro Franz piace molto la signorina Anna!
La prossima puntata sarà dedicata al suo ultimo triangolo.
di Mario Baldoli