Donna vita libertà
dicembre 30, 2022 in Letteratura, Persia da Mario Baldoli
G9 scrive sulla lotta che le donne e gli uomini dell’Iran hanno iniziato quattro mesi fa per rovesciare il regime. Essendo una rivista di cultura, facciamo conoscere poeti e scrittori persiani anche del passato, convinti che essi siano la forza che agisce nel profondo di donne e uomini per ribellarsi, rispondere con coraggio alla repressione e ottenere la libertà.
Tutti i Persiani scrivono poesie, citarle è segno di distinzione (Mashid Alinejad, Il vento tra i capelli, Roma 2019).
Nima Yushij (1895-1960)
Nima Yushij (1897-1960), il primo grande poeta persiano moderno, sviluppò la forma poetica del verso libero, che rimosse le antiche restrizioni della rima e del metro tradizionali. Modernizzò così la poesia persiana di cui è considerato il padre.
La mia casa è annuvolata
La mia casa è annuvolata
con lei tutta la terra è annuvolata.
Dall’alto del valico abbattuto, devastato e ubriaco,
il vento imperversa.
Tutto il mondo ne è devastato,
e così pure i miei sensi.
Tu, o flautista, che la melodia del flauto ha fuorviato, dove sei?
La mia casa è annuvolata, ma
la nuvola è sul punto di piovere.
Immaginando i miei giorni luminosi, sfuggiti al mio possesso,
io sono davanti al sole,
porto il mio sguardo alla soglia del mare.
E tutto il mondo è devastato e abbattuto dal vento,
e per la via, il flautista che perenne suona il flauto, in questo mondo zeppo di nubi,
sta davanti alla sua strada.
Ti attendo fissando la strada
Ti attendo fissando la strada, di notte
quando si tingono di scuro le ombre tra i rami di “telajen”
e da ciò è causata la nostalgia di amanti afflitti;
ti attendo fissando la strada.
Di notte. Nell’attimo in cui i fondi delle valli dormono come i serpenti morti;
nel momento in cui la mano dell’edera lega al piede del cipresso la trappola,
che tu mi ricordi o no, io dal tuo ricordo non cesso;
ti attendo fissando la strada.
Forugh Farrokhzad (1934-1967)
Morta a 33 anni in un incidente stradale, è la poeta persiana più amata. Nella sua breve vita fu anche attrice (Pirandello e Cechov), regista cinematografica: La casa nera, venne in Italia, conobbe Bertolucci, su di lei torneremo ancora.
Prigioniera
(…) Io sono quella candela che con il dolore del proprio cuore
illumina una rovina;
se decidessi di spegnerla,
distruggerei un nido.
(…) C’è una strada dove i ragazzi che mi amavano
sono ancora lì con i loro capelli spettinati e i colli sottili e le gambe magre, pensano ancora
al sorriso innocente di quella ragazza
che una sera il vento portò via con sé.
Peccato
Peccai un peccato pieno di piacere,
In un abbraccio che era caldo e ardente.
Peccai tra braccia
Che erano roventi, assetate di vendetta e come ferro.
In quel luogo solitario, buio e silenzioso,
Guardai i suoi occhi pieni di segreti.
Ansimante, il mio cuore trasalì nel petto
Alla supplica del suo sguardo implorante.
In quel luogo solitario, buio e silenzioso,
Sedetti confusa accanto a lui.
Le sue labbra sulle mie labbra stillarono desiderio.
Dimenticai le pene del mio folle cuore.
Sussurrai al suo orecchio frasi d’amore:
Voglio te, o mio amato,
Voglio te, o abbraccio vivifico,
Te, o folle amato mio.
Desiderio divampò nei suoi occhi;
Vino rosso danzò nella coppa.
Ebbro, il mio corpo contro il suo corpo
Fremette nel soffice letto.
Peccai un peccato pieno di piacere,
Accanto a un corpo tremante e privo di sensi;
O Dio, io non so che feci
In quel luogo solitario, buio e silenzioso.
Il mio amato
Il mio Amato,
Con quel corpo nudo e impudente,
Sulle sue gambe possenti,
Se ne stava eretto come la morte.
Impazienti linee oblique
seguono
I suoi organi ribelli
Nel suo solido disegno.
Il mio Amato
Sembra appartenere alle generazioni dimenticate.
Come fosse un Tartaro,
Nel fondo dei suoi occhi,
tende di continuo un’imboscata a un cavaliere.
Come fosse un Berbero,
Nel lampo dei suoi denti,
è affascinato dal sangue caldo di una preda.
Il mio Amato,
Come la natura,
Ha un significato ineluttabile e chiaro.
Lui con la mia sconfitta
Afferma
La sincera legge del potere
Lui è selvaggiamente libero,
Come un sano istinto,
Nel folto di un’isola disabitata.
Rimuove
Le sue scarpe dalla polvere della strada
Con le pezze della tenda di Majnun,
Il mio Amato,
Come un dio, nel tempio del Nepal,
Dall’inizio della sua esistenza,
È stato estraneo
Lui
È un uomo dei secoli passati,
Una traccia dell’autenticità della bellezza.
Nel suo spazio,
Come il profumo dell’infanzia,
Sveglia
Di continuo i ricordi innocenti
È come un’allegra canzone popolare
pieni di furore e nudità.
Ama sinceramente
Le particelle della vita,
le particelle della terra,
le malinconie dell’uomo
le pure malinconie
Ama con sincerità
Un sentiero nel giardino del villaggio,
un albero,
una coppa di gelato,
una corda da bucato.
Il mio Amato
È un uomo semplice,
Un uomo semplice
In un malaugurato paese delle meraviglie
Che come l’ultima traccia di una portentosa religione
Tra il cespuglio del mio…
Io l’ho nascosto.
(Trad. Abbes Effati)
Sohràb Sepehri (1928-1980)
Alla morte di Furugh l’amico pittore e poeta Sohràb Sepehri (1928-1980) scrisse:
Amica
Era grande
Era uno degli abitanti di oggi
E con tutti gli estesi orizzonti aveva relazione
E come capiva bene la tonalità dell’acqua e della terra! (…)
Aveva la forma della sua stessa solitudine
E interpretò per lo specchio
La più appassionata curva del suo tempo. (…)
Chiamava sempre l’infanzia del vento,
sempre annodava i fili del discorso
al catenaccio dell’acqua. (…)
E molte volte vedemmo con quale cesta
andava per cogliere un grappolo di liete novelle.
Però non ebbe occasione
Di sedersi dinanzi al chiarore delle colombe
E andò fino al margine del nulla
E dietro la pazienza di luci si sdraiò
E non pensò per nulla
Che noi sconvolti dal pronunciamento delle porte
Quanto soli eravamo rimasti!
(…) Vi sono cose, istanti colmi di pienezza
(per esempio vidi una poetessa
così annientata nel contemplare lo spazio che nei suoi occhi
il cielo deponeva l’uovo).
E una notte di quelle
un uomo mi chiese:
fino allo spuntare dell’uva, quante ore abbiamo?)
(L’uva evoca la morte iniziatica cui segue la rinascita)
(da Il volume verde)
Altre poesie di Sorab Sepheri
Richiamo primordiale
Al ricordo del gelso inciso sulla pelle della stagione,
guardavi
la presenza di un verdone tra i trifogli
curava il graffio sul volto del sentimento.
Guarda, c’è sempre un graffio sul volto del sentimento.
Sempre qualcosa, si direbbe il senso del sogno,
giunge lieve da dietro come il passo della morte
e sulle nostre spalle posa la mano (…)
O suonatore di flauto
che hai perso la strada rapito dalla tua melodia,
dove sei?
Ci sono nuvole sopra la mia casa,
nuvole sul punto di piangere.
Nel ricordo dei giorni luminosi scivolati tra le mie dita
mi appare il sole sulla soglia dell’oceano
ma il mondo intero è rattristato e flagellato dal vento
e sulla strada il suonatore continua suonare il suo flauto,
lungo è ancora il cammino davanti a lui
in questo mondo sotto una coltre di nuvole.
Alla morte di Furugh l’amico poeta Ahmad Ahamlu (1925-2000) scrisse:
A Forugh
Cercando te,
ai piedi della montagna,
sulla riva del mare
e ai confini della prateria, piango.
Cercando te,
al passaggio dei venti,
al crocevia delle stagioni,
nel telaio spezzato di una finestra
che mette in una vecchia cornice
il cielo luminoso, piango.
In attesa della tua immagine
Questo libro vuoto
Fino a quando
Fino a quando?
Sarà sfogliato?
Accettare la corrente del vento
E l’amore
Che è gemello della morte. L’eternità
A te confidò
Il suo segreto
Ora ti sei trasformata in un tesoro,
uno di quei tesori che suscita brama e
che rende
così gradevole
il possesso della terra e delle contrade!
Il tuo nome è un’aurora che transita per la fronte del cielo
Sia lodato il tuo nome!
E noi ancora
Ripetiamo
La notte e il giorno
Tuttora…
Un vicolo cieco (sulla censura)
Ti annusano la bocca
nel caso tu abbia detto: Ti amo.
Ti annusano il cuore:
sono tempi strani, mia cara.
Fustigano l’amore
ai posti di blocco.
Nascondiamo l’amore nel ripostiglio.
In questo vicolo cieco
alimentano il fuoco
bruciando canti e poesie.
Non azzardarti a pensare
Sono tempi strani, mia cara.
di Mario Baldoli