Dietro le pagine avanzano donne invisibili
maggio 2, 2024 in Approfondimenti, Recensioni da Roberta Basche
La donna invisibile pubblicato da Quodlibet a cura di Anna Baldini e Giulia Marcucci esplora le biografie e il ruolo di alcune traduttrici nell’Italia del primo Novecento.
Il volume si apre con tre saggi che analizzano il contesto di invisibilità nel quale si trovano i traduttori in generale e di doppia invisibilità le traduttrici in quanto donne.
Percorsi personali e di lavoro di alcune traduttrici del secolo scorso: Ebba Atterbom, Ada Salvatore, Olga Malavasi Arpshofen, Lavinia Mazzucchetti, Rosina Pisaneschi, Alessandra Scalero, Maria Martone, Ada Prospero, Natalia Ginzburg, Gabriella Bemporad e Giovanna Bemporad.
Alessandra Scalero trascorre bambina (al seguito della madre e del padre Rosario, violinista e compositore) alcuni anni a Londra e successivamente a Lione e a Vienna. Rientrata in Italia compie studi incompleti ma la passione per la lettura e la frequentazione di americani durante la guerra come infermiera per la Croce Rossa la spingono a riprendere lo studio della lingua inglese. Frequenta l’ambiente delle avanguardie artistiche romane e collabora come costumista e scenografa per alcuni spettacoli teatrali.
Ed è proprio attraverso quelle frequentazioni e la traduzione dei drammi di Eugene O’Neill che si introduce nel mondo editoriale.
“Lavoratrice instancabile (…) riuscì a farsi strada nel panorama culturale e artistico del primo Novecento, imparare un mestiere e affermarsi professionalmente solo grazie alla propria intraprendenza”.
Consapevole del proprio ruolo di traduttrice e mediatrice editoriale desidera realizzarsi in questo ambito tanto che quando la famiglia è preoccupata perché a trent’anni non è ancora sposata in una lettera alla sorella Liliana Scalero (a sua volta traduttrice dal tedesco) replica “non è che io sia contraria in nessun modo al matrimonio; ma mi guardo dall’andar a cercare il marito col lanternino e tanto più dallo sprecare le mie preziose energie” e aggiunge “non c’è nessuna fretta cara Liliana di entrare in porto (…) Sento che ho tanti interessi, tante cose da fare ancora, ho la mia vita così ben istradata e occupata che non desidero altre vie”.
Alessandra Scalero ha introdotto per la prima volta in Italia Virginia Woolf (traducendo Orlando), Willa Cather, John Dos Passos, Jakob Wassermann, Richard Aldington, Daphne Du Maurier. Morì a soli 51 anni per una setticemia in seguito ad un intervento chirurgico.
Maria Martone, come le sorelle Scalero, trascorre la sua infanzia all’estero, in Romania; impara il rumeno, il francese, il tedesco e rientrata in Italia studia l’inglese.
Incoraggiata dalla madre, dopo gli studi universitari in lingue e letterature straniere, si trasferisce a Parigi dove traduce dal francese sia opere di narrativa che teatrali (Colette, Mauriac, Maurois, Cendrars). Durante la parentesi parigina lavora anche come assistente di Marie Curie.
Rientrata in Italia collabora con gli editori Carabba, Mondadori, Corbaccio, con l’anarchico Giuseppe Monanni, primo editore a tradurre nel 1928 l’opera completa di Nietzsche, mentre nel 1949 fondò la BUR. Martone lavora anche con Leo Longanesi per i quali firma le traduzioni di autori inglesi e americani.
Dopo un viaggio negli Stati Uniti, negli anni ‘40 cura la pubblicazione di due antologie: Autobiografia degli Stati Uniti e Novellieri inglesi e americani.
Dagli anni ‘50 l’attività traduttiva di Martone rallenta ma prosegue quella di divulgazione della letteratura americana. Il suo ruolo di traduttrice e mediatrice editoriale va considerato alla stregua di quello dei più noti Pavese e Vittorini.
Ada Prospero è conosciuta per Diario partigiano ma è stata dimenticata come traduttrice di letteratura angloamericana. Sua, ad esempio, è la prima traduzione di I loro occhi guardavano Dio di Zora Neale Hurston scrittrice e antropologa afroamericana.
Riguardo questo testo la curatrice del saggio su Prospero sottolinea come “forse per effetto dei condizionamenti (anche interiorizzati) della censura, le omissioni e gli adattamenti caratterizzano il suo stile traduttivo come addomesticante, teso a rendere meno alieno il testo di partenza rispetto alla prassi linguistica e ai valori dominanti della cultura d’arrivo”.
Laddove “le presenze gergali agganciano l’area della sessualità, dell’animalità” Prospero tende a “normalizzare o nobilitare i riferimenti specifici alla cultura d’origine”. Al contempo “inquadra in modo efficace l’opera della scrittrice e antropologa Hurston nel contesto della letteratura sugli afroamericani, riconoscendone l’inedita carica realistica e l’insostituibile sguardo interno alla cultura rappresentata”.
Natalia Ginzburg è certamente la figura più nota tra quelle descritte nel volume poiché si è affermata come scrittrice.
La sua attività come traduttrice è legata all’editore Einaudi. Nella collana Scrittori tradotti da scrittori, tradusse il primo volume della Recherche di Proust, La strada di Swann, Madame Bovary di Flaubert e Una vita di Maupassant.
Nel saggio a lei dedicato vengono suggerite riflessioni riguardo la sua visibilità legata al cognome, e successivamente alla sua notorietà come scrittrice; l’invisibilità riguarda la pubblicazione del racconto La strada che va in città e la traduzione di Riflessioni e pensieri inediti di Montesquieu con lo pseudonimo di Alessandra Tornimparte.
Gabriella Bemporad, laureata in germanistica, fa conoscere in Italia Adalbert Stifter, di cui traduce il racconto Cristallo di rocca nel 1942 e si occupa della traduzione delle opere di Hugo von Hofmannsthal; nella propria attività traduttiva si avvale del confronto con Leone Traverso per il quale nutre profonda stima. Gabriella Benci fu lo pseudonimo utilizzato dalla Bemporad in seguito all’emanazione delle leggi razziali.
Giovanna Bemporad è donna ribelle, eccentrica e anticonformista che vuole affermarsi come poeta, tuttavia si dedica anche alla traduzione. Oltre ai Veda, Virgilio, Saffo, Omero (per l’Odissea riceve il Premio nazionale per la traduzione) si occupa di poesia tedesca affrontando le liriche di Holderlin, Novalis e Rilke, “una via d’accesso laterale, e possibilmente solo temporanea, alla carriera letteraria”.
Ebba Atterbom, svedese, fa da ponte tra la Svezia e l’Italia. Dotata di “uno straordinario talento per le lingue” impara l’italiano durante un soggiorno fiorentino tra il 1896 e il 1898.
A Firenze intesse rapporti con la giornalista Sofia Bisi Albini, attraverso la quale pubblica su rivista sue traduzioni di Sophie Elkan e altri autori svedesi, compreso un racconto di Selma Lagerlöf, la prima donna che vinse un Nobel per la letteratura (1901). Nel 1903 traduce Elias Portolu di Grazia Deledda.
Rientrata in Svezia si dedica all’insegnamento della lingua italiana e alla traduzione soprattutto dal danese, dal norvegese e dall’inglese che all’epoca erano lingue più richieste.
Per approfondire la letteratura tradotta in Italia, le sue protagoniste e protagonisti c’è il bellissimo progetto Letteratura tradotta in Italia consultabile sul sito https://www.ltit.it. che al momento copre le letterature tedesca, scandinava, ceca, italiana, inglese, russa.
L’invisibilità di traduttrici e traduttori sta venendo alla luce anche grazie all’opera di Strade, associazione nazionale nata per promuovere e tutelare il prezioso lavoro di questi mediatori e che si batte per ottenere compensi equi.
Quando leggiamo un’opera straniera lo facciamo grazie a traduttrici e traduttori: cerchiamo il loro nome nel volume che abbiamo tra le mani e ricordiamocene.
di Roberta Baschè