Delitto passionale a Cartagine: Didone, Enea e le ragioni di un padre
marzo 31, 2015 in Grammatica studentesca della fantasia da Gemma Roncari
TIPOLOGIA GIORNALISTICA
Un giovane reduce della guerra di Troia ha abbandonato, questa notte, le sfarzose lenzuola della regina Didone, con la quale aveva iniziato una voluttuosa relazione. Sono ignote le cause ma tragiche le conseguenze: Cartagine, dopo l’illusoria parentesi rosa, si è tinta di rosso.
Lo stesso rosso vivo e acceso che, fino alle due di stanotte, apparteneva a un giovane ragazzo biondo, scampato alla ferocità dei suoi avversari in guerra, ma non sfuggito agli artigli amorevoli della principessa. Un sangue che il giovane avrebbe preferito versare in guerra per l’onore della sua patria, piuttosto che sprecarlo per colpa di una Didone capricciosa e non comprensiva.
Un gran frastuono è stato sentito a notte inoltrata dai servitori. Numerose le urla, illimitati i passi frettolosi per gli immensi corridoi del palazzo reale. Nessuno ha avuto il coraggio di bloccare o provare a placare l’ira della principessa. Alcuni testimoni dicono di aver sentito chiaramente Didone urlare contro al soldato che era solo un farabutto e un ladro.
Dopo una chiara ricostruzione dei fatti con l’aiuto dei conoscenti dei giovani, si è giunti alla conclusione che il ragazzo aveva approfittato del suo fascino per ammaliare la sovrana e per poi rubarle qualche moneta e qualche gioiello per curare il figlioletto malato.
Regina capricciosa e crudele? O Regina di una delusione e illusione amorosa? Soldato ladro e cinico? O soldato dell’amore paterno e della pietà? Non lo si può sapere con assoluta certezza. Quel che è certo è che la giovane vittima, bussando alle porte del palazzo reale il giorno prima, non avrebbe mai creduto di perdere la vita, e con essa i sogni e la speranza.
Probabilmente nell’apertura di quelle porte, egli vide un barlume di speranza, molte possibilità in più di salvare suo figlio dalla malattia e la sua famiglia dalla carestia. Era una tragedia che si poteva evitare? Probabilmente sì, se si impiegava l’arma del dialogo. Didone l’avrebbe aiutato accontentandosi poi di un semplice “grazie”? Perché il soldato si è visto obbligato a illuderla e raggirarla?
Come siano andate realmente le cose poco importa: lei è una regina, lui un povero soldato. Per molti è stato un gesto scorretto e imperdonabile, e Didone l’ha punito come meritava. Le persone che amavano il giovane uomo pensano invece che sia stato un atto di amorevole irresponsabilità, dettato dall’agonia e dallo spavento che solo un padre di fronte a un figlio morente può provare.