Dal silenzio di Roth esce un vecchio, delizioso romanzo
febbraio 8, 2014 in Recensioni da Mario Baldoli
Un grande della letteratura del secondo Novecento, Philip Roth, ha deposto la penna. A 79 anni ha dichiarato a una rivista francese: Ho dedicato tutta la mia vita a scrivere sacrificando tutto il resto. Ora basta. L’idea di cercare di scrivere di nuovo è impossibile. L’ultimo suo romanzo è Nemesis, già tradotto in italiano.
Negli anni scorsi Roth si era dedicato a leggere i suoi autori preferiti e a confrontarli con i suoi libri. Non sappiamo chi abbia avuto la meglio in questa sfida, ma forse la vecchiaia o il silenzio di Roth dicono qualcosa in proposito.
Ora l’editore Einaudi propone un suo grande romanzo degli anni ’60, quasi richiamando quell’intervista di addio e in attesa di pubblicare l’intera opera.
Ecco quindi Quando lei era buona, terzo libro di Roth, più agile ma già ruvido come i successivi, sempre costruito intorno all’adolescenza, romanzo tanto forte quanto intelligente.
Lucy ha da sempre una certezza: non mentire con se stessa e con gli altri, non arrendersi mai di fronte all’opportunismo e alla viltà di chi la circonda. Un buon programma di vita per chiunque, si direbbe.
Di che stoffa è fatta si capisce quando, ragazzina, denuncia il padre che torna a casa ubriaco e mette a nudo la debolezza della madre, vittima rassegnata e piangente del marito. Del padre non vorrà più saperne per tutta la vita.
E tuttavia ha un cedimento che le sarà fatale, resta incinta, non abortisce, rinuncia agli studi universitari cui tiene molto e dove sta già esprimendo la sua intelligenza, sposa il giovane padre di suo figlio pur detestandolo.
Questi sono i suoi cedimenti, il crollo della sua etica, il male che l’accompagnerà per sempre.
Ma a quel punto riprende in lei la coscienza più profonda.
L’istinto che la muove, forse per reagire ai suoi cedimenti, diventa estrema ferocia.
Come sempre in Roth, il nucleo dell’opera non si risolve in uno o pochi personaggi, ma ad essa partecipano tanti attori: il luogo e il mondo circostante, le strade, le case, le amicizie.
Non c’è quindi limite alla furia di Lucy: l’attacco implacabile al marito, ai genitori, ai nonni, ai suoceri, alle amiche, ciascuno colpevole nelle parole, nei gesti, nell’incontrarsi o nello sfuggire, ciascuno immerso in una cloaca di menzogne, viltà, ipocrisie. Questa è la sua lettura del mondo, dietro ogni gesto, che noi giudicheremmo buono o “normale” è pianificata una menzogna. .
Roth trae dalla storia di una media borghesia, non particolarmente generosa né cattiva, una tragedia tagliente e furiosa, anticipazione di tanti suoi romanzi, a cominciar dal più famoso Pastorale americana. Lucy esclude quel mondo di ipocriti, si autoesclude, infine sarà il mondo ad escluderla, un mondo non buono e non cattivo, falso ma anche duttile nell’adattarsi alla realtà senza la pretesa di cambiarla. La forza di Lucy si trasforma quindi in ciò che lei soprattutto odiava, una contestazione infantile che non le permette di capire e di accettare.
Lei comprende che gli uomini vogliono una vita brutta, ma quella vita nessuna forza, nemmeno la sua, ha mai potuto cambiarla.