Dal Senegal all’Italia, la positività di Laye
ottobre 22, 2013 in Nuovi cittadini da Beatrice Orini
Nome: Abdoulaye Bar
Cognome: Diouf
Età: 30 anni
Professione: studente e mediatore culturale
Paese d’origine: Senegal
In Italia dal: 2005
Stato civile: libero
Sogno: diventare dirigente sportivo
Io sono una Ferrari: se mi danno la benzina, la mia resa sarà altissima. Così si presenta Abdoulaye Bar Diouf, nato circa trent’anni fa nella campagna di Diourbel, in Senegal.
Nel 2005 Laye decide di lasciare gli studi universitari in matematica, fisica e chimica per partire verso l’Europa, dove il diploma ha un valore maggiore. Inoltre – spiega il ragazzo – mio padre, politico, aveva perso le elezioni e io volevo cercare di rilanciare la mia vita in un altro posto. Il sogno è frequentare l’università di Lione ma la Francia gli nega il visto e Laye, deluso, sceglie l’Italia e il suo popolo di accoglienza. Grazie a un visto tedesco arriva in Europa e poi a Brescia, attratto dallo sviluppo scientifico-meccanico del Nord Italia. Abita per un anno e mezzo al residence Prealpino e si iscrive all’Itis Castelli, che però dovrà abbandonare l’anno seguente per l’impossibilità di conciliare la scuola con un lavoro nella ristorazione: dodici ore al giorno per novecento euro, senza mai vacanze. La cosa più faticosa per lui, comunque, è la condizione di irregolare, che vive a lungo, fino al 2012: Cercavo di organizzarmi per vivere al meglio le difficoltà, per far vedere la mia positività – spiega il ragazzo – ma la clandestinità è molto pesante e rischiosa: la Legge Bossi-Fini non fa distinzioni tra una persona positiva e negativa, sa solo che se non hai documenti non devi rimanere nel Paese. Io ho avuto sempre la testa per non perdere il controllo davanti alla provocazione, ma non è facile… Quante volte, nel periodo in cui facevo il vu’ cumprà, i vigili mi hanno provocato o picchiato, ma se avessi reagito sarebbe stato peggio, avrei pagato due volte. La richiesta di regolarizzazione che Laye avanza con la sanatoria del 2009 viene respinta perché ha alle spalle due fogli di via e secondo la circolare Manganelli (circolare del Ministero dell’Interno del 17 marzo 2010) la condanna per inottemperanza di allontanamento all’ordine del questore costituisce causa ostativa all’istanza di sanatoria. Laye, comunque, in seguito al ricorso al Presidente della Repubblica e alla lotta bresciana della gru, ottiene il sospirato permesso. Oggi – afferma – ho dei diritti, ma dei diritti tra virgolette perché in Italia per vederli attuati non devi stare fermo, devi impegnarti fino in fondo.
Così lui prosegue con l’impegno nel far valere la mia competenza e far vedere la positività dell’immigrazione: gli immigrati sono persone che possono partecipare allo sviluppo dell’Italia, che possono aiutare anche in Comune, in Questura, nella Prefettura per migliorare l’integrazione. Nessuno può più cancellarli dal popolo italiano.
A Brescia ormai Laye si sente a casa: Il mio cuore batte sempre per l’Italia… Ogni tanto mi arrabbio, certo, ma i bresciani sono miei amici, c’è gente bella che non mi ha mai ingannato: qui tutto si riflette nella faccia della persona. Tra le cose che Laye, musulmano, apprezza di più dell’Italia, c’è l’organizzazione della chiesa cattolica, l’aiuto che dà alle persone povere, dall’insegnamento della lingua alla distribuzione di cibo. Tra i difetti, rileva la facilità ad influenzare la gente, a cambiarla. E anche la mentalità limitata di alcuni. Un esempio? Io non ho mai sentito parlare uno della Lega fuori dall’Italia… Ma il mondo non è solo l’Italia! Altro atteggiamento che Laye lamenta è la vergogna che le donne spesso hanno di stare con un ragazzo immigrato, soprattutto se nero e africano.
La sua nostalgia più grande è la famiglia, che ha potuto riabbracciare solo due volte in otto anni. Gli manca anche il calcio senegalese, ma non il cibo: Il mondo – puntualizza – è diventato un villaggio planetario e anche qui ormai si può mangiare africano.
La sua passione è il calcio e il sogno è diventare dirigente sportivo: Da tre anni – racconta – porto avanti un progetto che coinvolge un gruppo di settanta ragazzini senegalesi dagli otto ai diciassette anni: si tratta di una scuola di calcio a Thiès, a est di Dakar, che, in omaggio a Brescia, abbiamo chiamato San Faustino (su facebook, San Faustino Fc). Quello che io vorrei, soprattutto da parte dei grandi giocatori italiani, è un contributo per far sviluppare il progetto. Il sogno dei sogni è accompagnare Balotelli a visitare questa realtà, perché tutti da noi lo considerano come un figlio o come un riferimento. Io sono fiero di dire che abito nella città di Balotelli, Pirlo, Prandelli. Un altro desiderio è poter invitare Youssou N’Dour, cantante e ministro senegalese, a fare un concerto a Brescia, in piazza Loggia: Sarebbe segno di un grande cambiamento culturale.
Insomma, che sia attraverso il calcio o la musica, quello che desidera Laye è fare da ponte tra l’Italia e il Senegal: là mi ascoltano e qui sanno che sono un ragazzo positivo. Io non mi lascio fare. Nel frattempo, Laye si è riscritto a scuola, al corso serale dell’istituto per geometri Tartaglia: Mi piace – dice – ma il problema è che non ho mezzi per andare avanti, e non so se riuscirò a concludere. Per questo vuole fare un appello al sindaco Emilio Del Bono, che ha conosciuto durante la campagna elettorale: Io sono un ragazzo utile per la città, faccio volontariato come mediatore culturale e collaboro alla Cisl. Vado a scuola, vivo senza famiglia, sono capace di andare avanti da solo ma senza mezzi non so più come fare. Non chiedo soldi, nessuno dovrebbe farlo, ma un lavoro. Per continuare ad essere sul campo. Oppure in pista, come una Ferrari.