Chi va con l’asino e chi con l’automobile
novembre 18, 2022 in Approfondimenti, Recensioni da Mario Baldoli
Appare ora nell’editore Adelphi che ne sta completando l’opera (circa 120 volumi), un libro con alcuni reportage di Georges Simenon, Il Mediterraneo in barca, trad. di Laura Vanorio e Girimonti Greco, nota di Matteo Codignola.
E’ il viaggio su una goletta alla scoperta di una realtà che lo scrittore di Liegi non conosceva. Siamo nel 1934; tre anni prima aveva inaugurato con Pietr le Letton, l’epopea del commissario Maigret. Anche se nei reportage c’è un cadavere e di un altro si parla, non c’è lavoro per Maigret, l’assassino è noto e subito catturato, l’altro è una favola.
Il Mediterraneo è per Simenon un mondo nuovo: la variabilità dei venti, i porti, le abitudini e i modi vivere della gente, il sesso, tutto si coagula così da sembrare gli appunti per un libro di antropologia.
Il tema centrale è il confronto tra le società del nord e quelle del sud.
Nelle società del nord tutto è organizzato, alcuni si siedono a un tavolo per studiare lottizzazioni e truffe, nuovi investimenti e nuove idee, dormono nei Grand Hotel, frequentano i casinò e parlano sempre di crisi. Risparmiano per passare le vacanze al sud nel caldo Mediterraneo che forse non godono neanche “preferendo suicidarsi a Montecarlo”.
I “nordici” badano all’igiene, bevono acqua sterilizzata, usano bicchieri graduati, si bagnano nelle piscine, accendono il gas e la luce, costruiscono i metrò. I marinai sono sindacalizzati e ritirano lo stipendio a uno sportello.
Il sud (che Simenon conosce dal mare e dalla frequentazione dei porti) è un mondo al rovescio. I marinai vanno avanti e indietro per il Mediterraneo, da un porto all’altro, “come fossero sul tram”. Sul Mediterraneo- che giudica molto piccolo, lui abituato all’immensità dell’oceano- tutti si conoscono e conoscono le navi quando passano: il tal capitano è fallito, quell’altro si sposa, non si parla di armatori.
Al nord hanno paura di aver fame, al sud sono abituati ad averla e non si lamentano, non c’è proletariato, le loro navi sono poco più che barche, l’albero che porta le vele “sembra filigrana rispetto a quelli massicci del nord, si flette al vento” e tutto funziona. Ovunque ci sia una famiglia, c’è una scodella di minestra e un fiasco di vino (ma Simenon usa la parola “bottiglia”), “vivono delle risorse della tribù”. Eppure vanno dappertutto, sono i nomadi del mare, non leggono giornali, qualcuno sa chi è al governo, “vivono senza speranza e senza disperazione”.
Molti non fanno niente, girano a zonzo “nella mollezza, hanno capito che è inutile fare qualcosa”. Mangiano tutti i giorni pasta con pomodori, peperoni, pesce, più raro l’agnello.
La goletta tocca anche i porti arabi, i quali arabi non sono così ingenui da mettersi a contare gli anni. Quando spuntano i primi peli vuol dire che si ha l’età dell’amore, quando arrivano i primi capelli bianchi significa che si ha l’età della saggezza, e chi ha perso tutti i denti capisce di essere decrepito. Quando un uomo muore non si indaga (che offesa per Maigret!), un altro ne nasce. Dormono su mucchi di sabbia, vicini. A volte arrivano dal deserto i beduini, magari c’è una grande festa perché ritorna il Bey, tutti si affollano contenti anche perché “qualche portafoglio cambia di persona”.
Negli Stati Uniti le automobili scorrono a fiumi, in un anno si costruisce un Partenone nuovo di zecca, 5.000 persone si ammassano in un cinema.
Al sud l’asino fa girare la ruota del pozzo (si ricordi che ancora nel Novecento una grossa barca “L’amico a prova” percorreva il lago di Garda mosso da cavalli che giravano intorno a una ruota come motore), giocano a bocce accanto alle rovine di un tempio greco, fanno figli senza chiedere al governo il permesso di farsi sterilizzare, un infinito ignoto.
Nel Mediterraneo anomale è solo Malta, sulle cui coste scintillano i cannoni inglesi, intorno le corazzate, Malta è stata colonizzata, non ci sono bordelli perché la polizia è dappertutto, inutile cercare una donna la notte girando “come un cane randagio”. Qualche maltese brontola: “ne abbiamo piene le tasche”.
Anche a Istambul Mustafà ha vietato i bordelli che sopravvivono nel quartiere di Galata (e si può ricordare che fu quello colonizzato dai genovesi).
Con stupore di Simenon, il viaggio è tormentato dai venti che a volte spingono avanti e indietro la goletta, il che mi fa pensare a una barca di antica costruzione, mentre ignora la funzione delle correnti e si meraviglia che il marinaio preveda il tempo del giorno dopo, né gli riesce di approfondire il perché. Vede le isole tutte picchi collinosi e non pensa ai vulcani, svelando così altri limiti “nordici”.
Infine il suo giudizio è umoristico, come d’altronde l’ironia percorre tutto il libro: forse i popoli del Mediterraneo sono stanchi perché hanno già creato grandi civiltà.
Nella seconda metà dei reportage domina il sesso, inteso come presenza di bordelli. Sono ambienti che Simenon ha sempre amato e tratta con competenza: ogni città ha bordelli diversi. Vi si va senza problemi di essere visti, di decoro: è una cosa normale per chi lavora dentro e chi viene da fuori.
La sera, quando arriva la frescura e, magari si leva leggera la musica da un grammofono, è bello percorrere le città egiziane e trovare in ogni quartiere donne seminude, terrazze dove si beve il caffè turco e si fuma il narghilè “in un caldo sentore di cosce”. C’è la via delle negre a 2 franchi, delle ebree e armene a 5, delle tedesche e italiane, ma l’aristocrazia è francese. Hammamet invece è specializzata nella pederastia. Al contrario, nel Mediterraneo settentrionale ci sono bordelli di lusso, fortemente illuminati, abbelliti da marmi, ringhiere di ferro battuto, specchi. Così Narbona e Nizza, in tono minore a Genova, Napoli, Messina.
I suoi confronti mi fanno pensare a un viaggio di Kafka e Max Brod a Parigi, Milano, Dresda. Giusto confrontare le peculiarità di ogni Paese rispetto a Praga. Taglienti i giudizi di Kafka, come la delusione dei due che arrivano a Dresda troppo presto, quando le ragazze dormono ancora, e non gli resta che riprendere la via per Weimar e fermarsi qualche giorno, da intellettuali, alla casa di Goethe, dove pure Kafka cerca di imbastire qualcosa con la giovanissima figlia del custode.
Simenon non esprime un giudizio su nord e sud, fotografa i due mondi, ma chi legge capisce, forse col senno di poi, che il nord colonizzerà il sud, lo costringerà a imitarlo, forse anche lo schiaccerà nella miseria.
di Mario Baldoli