L’orizzonte in fuga. Viaggi e vicende di Agostino Codazzi da Lugo.

marzo 24, 2013 in Approfondimenti da Roberta Basche

Il libro L’orizzonte in fuga, di Giorgio Antei (Leo S. Olschki editore) narra le vicende di Agostino Codazzi, cittadino lughese molto più noto in America latina, in particolare in

Colombia e Venezuela dove trascorse la maggior parte della sua vita, che in Italia, patria di nascita.

C. Fernandez, Ritratto di Agostino Codazzi, 1832

C. Fernandez, Ritratto di Agostino Codazzi, 1832

Agostino Codazzi nacque a Lugo, Legazione di Ferrara, il 12 luglio 1793.

A quei tempi Lugo era una piccola cittadina con una consistente comunità ebraica dedita principalmente all’agricoltura e al commercio della seta. Anche il nonno di Agostino commerciava in seta ma in seguito al sacco di Lugo ad opera delle truppe napoleoniche, la famiglia Codazzi perse l’azienda di famiglia.

Vuoi per il tracollo economico che subì la famiglia vuoi per la curiosità di Agostino di conoscere nuova gente e nuovi paesi, il giovane lughese si arruolò appena diciassettenne nell’esercito del Regno italico e fu ammesso alla scuola teorico pratica di artiglieria di Pavia. Grazie alle nozioni di calcolo, disegno, sistemi di misurazione di rilievi e superficie ricevuti durante tale percorso formativo Agostino Codazzi sviluppò l’attività di geografo e cartografo in America latina.

Il libro di Giorgio Antei si compone di una decina di capitoli (più un undicesimo, la biografia del viaggiatore) che raccontano la vita militare di Codazzi in Europa e la sua attività come esploratore in Nuova Granada e in Venezuela accompagnando il lettore in altri tempi e in altri mondi, trasformandolo da donna o uomo del XXI secolo (comodamente seduto in poltrona) a compagno di viaggio di Agostino, immerso nelle foreste pluviali dell’America latina.

Compagno di peregrinazioni di Codazzi fu Costante Ferrari, suo concittadino. Ma mentre l’amico Ferrari credeva nella vita militare, per Agostino Codazzi l’arruolamento nell’esercito fu un mezzo per guadagnarsi da vivere, per poter viaggiare e soddisfare la propria curiosità.

Come artigliere dell’esercito del Regno italico Agostino Codazzi combatté per Bonaparte nel corso della campagna di Germania; successivamente si arruolò nelle truppe italo britanniche ma in seguito alle delusioni ricevute da queste esperienze si imbarcò per l’America latina.

Rimase tutta la vita in America latina (con una breve parentesi durante la quale rientrò in Italia), costruì una famiglia e la propria carriera di geografo e cartografo disegnando i territori del Venezuela e della Colombia.

Il suo interesse per la geografia non fu mai unicamente descrittivo ma si intrecciò con l’interesse per gli uomini; Codazzi, accanto alle misurazioni, si prodigò per favorire lo sviluppo demografico e agricolo delle popolazioni di quei territori.

Per tutta la vita le sue imprese e i suoi sforzi mirarono al progetto di una società libera, egualitaria e felice.

Durante un’ultima spedizione nelle aree paludose colombiane fu colpito da un’infezione malarica e il 7 febbraio 1859 la Colombia “aveva perduto il suo misuratore”.

america libre

Post scriptum: sfogliare e risfogliare le pagine per godere di un affascinante viaggio attraverso le immagini.

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da admin

A Brescia gli uomini si dedicano le vie e dimenticano l’altra metà del mondo

febbraio 9, 2013 in Approfondimenti da admin

Nell’articolo di Roberta Baschè, Donne, un’emancipazione incompiuta, si parla della toponomastica femminile: le vie, i vicoli, le piazze dedicati a donne illustri in Italia sono in una percentuale inferiore al 5%. E a Brescia? Leggi il resto di questa voce →

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I Mosaici Decò della Stazione Centrale di Milano ed un gazebo fuori luogo

gennaio 31, 2013 in Approfondimenti da Andrea Zucchini

I recenti restauri hanno dato una nuova luce alla Stazione Centrale di Milano. Nata come luogo di transito ovvero un NON luogo come le stazioni vengono chiamate, secondo il lessico di Marc Augé, la stazione aumenta il suo introverso richiamo con l’inserimento di negozi commerciali. Leggi il resto di questa voce →

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da admin

NO PORK

gennaio 22, 2013 in Approfondimenti da admin

Brescia, da città dalle mille fontane a città dai mille parcheggi.
Che cosa farei se avessi 22 milioni di euro
Da parecchio tempo a Brescia si discute sull’utilità del nuovo parcheggio in galleria. Un’ opera definita “fondamentale” per la città che costerà 22 milioni di euro. Essa è in totale contrasto con l’idea di mobilità portata dal nuovo metrò che nel 2013 comincerà a funzionare decongestionando in parte il traffico. L’ipotetico parcheggio avrà 600 posti auto. Il limitrofo parcheggio di Fossa Bagni ha in media 150 posti auto liberi giornalmente. Il parcheggio in fondo a Via Turati che copre piazzale Arnaldo è in completamento. Ma allora perché volerlo fare a tutti i costi? Sicuramente qualche impresa edile ne verrebbe avvantaggiata, come l’occupazione. Ma dall’altra parte, chi e cosa si perde?

Brescia vanta il vigneto urbano più grande d’Europa, lo sapevate? Il riconoscimento ai monumenti del centro ricevuto dall’UNESCO va salvaguardato lasciando intatto il territorio, non squarciandolo per accogliere le auto dei visitatori di Santa Giulia. I bresciani abituati a parcheggiare sotto casa (ad esempio il parcheggio di piazza Duomo) si invogliano a prendere i mezzi pubblici. Non è necessario parcheggiare in centro. Dal parcheggio di Fossa Bagni esiste la possibilità di arrivare in centro non pagando il pedaggio per una sola fermata con l’autobus. Si scende a due passi da piazza della Loggia.
Se dovessi avere in tasca 22 milioni di euro e proprio fossi costretto a spenderli in un opera che aiuti la mobilità cittadina, guarderei al passato. Le grandi opere, ai tempi della crisi, è necessario che siano utili, non solo grandi.

La nostra stazione dei treni ai primi anni dell’800 era coperta, come la stazione Centrale di Milano. Perché non pensare a coprirla nuovamente? Rimanendo fedeli al disegno originale o (perché no?) lanciare un concorso di idee per una nuova contemporanea struttura metallica? Creerebbe occupazione, ed anche attrazione. Invece la stazione è diventata un piccolo triste centro commerciale, privo anche di un ingresso unico. Caratterizzarla come un tempo sarebbe un recupero filologico.
Mi piacerebbe riavere anche la vecchia funivia, che porta in Maddalena.
Funivia Maddalena
Se ne è parlato nell’agosto del 2009. I bollenti spiriti che colpiscono i bresciani sotto la canicola agostana troverebbero un sicuro refrigerio. La vecchia funivia inaugurata nel 1955, costruita da Ceretti & Tanfani con cabine da 35 posti percorreva un dislivello di 650 metri a 7,5 m/s. L’ultima corsa fu nel settembre del 1969 e fino al 1973 funzionò come impianto scuola-guida per i macchinisti. Questo blog spiega bene com’era e com’è allo stato attuale: http://www.funiforum.org/funiforum/showthread.php?t=271 Si può vedere anche il video dell’inaugurazione http://www.youtube.com/watch?v=aBLd6DrFWLE. E’ un altro modo di riportare la montagna vicina ai bresciani. L’unico grande scoglio, oltre quello economico, sarebbe la delocalizzazione del ristorante Funivia (appunto) che da anni occupa i locali della stazione di partenza.

Mi piacerebbe anche il ripristino della ferrovia Brescia Salò.  Come è coperta la tratta che porta in val Camonica e che lambisce il Sebino, sarebbe altrettanto bella (anzi, utile) una ferrovia che portasse sul Benaco occidentale. Desenzano è già raggiunto dalla ferrovia. Sarebbe di sicuro vantaggio per i pendolari, aiuterebbe a decongestionare la strada. La nuova tangenziale è utilissima, certo, ma perché non guardare oltre? Togliere il trasporto su gomma in favore di quello su ferro avrebbe certamente l’appoggio della Comunità Europea per un’opera che verrebbe certamente usata.

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da admin

A2A taglia gli utili: una proposta al Comune per rilanciare il volontariato

gennaio 22, 2013 in Approfondimenti da admin

Facciamo due conti: A2a, nell'altra vita Asm, riconoscerà agli azionisti nel prossimo triennio, secondo calcoli degli addetti ai lavori, 100 milioni di euro. La stessa cifra che in un anno solo, il 2008, venne distribuita sotto forma di dividendo. Una bella differenza, non c'è che dire. Milione più milione meno, che non sono bruscolini, significa che il Comune di Brescia con il suo 27 per cento di azioni beneficerà di 27 milioni nel triennio, ovvero appena 9 milioni l'anno. Se si guarda agli anni scorsi c'è di che rabbrividire.
Lasciamo perdere ora le diatribe sulle strategie societarie, e proviamo a riflettere sulle conseguenze che il calo degli utili comporterà per il bilancio comunale e la spesa corrente in particolare.
Meno soldi significherà automaticamente per chiunque governerà la città un faticoso lavoro per la definizione degli standard da garantire ugualmente e una ulteriore selezione della spesa e dei criteri ai quali assoggettare i cittadini perché godano dei servizi.
Se aggiungiamo che l'economia vive ormai da un lungo periodo una situazione di profonda crisi, che ha drasticamente ridotto occupazione, salari e potere di acquisto, si rischia di attivare una tenaglia dagli effetti micidiali per i cittadini. Meno soldi pubblici, meno servizi, e dall'altra parte meno capacità di spesa per fronteggiare le diverse situazioni quotidiane.
Quando la situazione economica migliorerà (è una dichiarazione di ottimismo), difficilmente si tornerà a godere del livello delle prestazione passate. E’ opportuno quindi sin da ora chiedersi che cosa fare, soprattutto l'ente pubblico che cosa può fare. Mi permetto allora un suggerimento: si avvii un confronto con il mondo del volontariato e dell'associazionismo per trovare forme di collaborazione che mettano in rete e a disposizione della comunità servizi e professioni.
Brescia ha messo in mostra una innumerevole quantità di soggetti impegnati nel mondo del volontariato con le caratteristiche dell'impresa sociale. Ritengo che in generoso contenitore ci siano risorse alle quali il Comune può proporre una forma di collaborazione, di partecipazione a una serie di compiti.
Perchè non pensare ad una sorta di 118 dei servizi, sulla falsariga di quanto è accaduto in tempi ormai lontani con il servizio di emergenza e pronto soccorso?
Dalle ambulanze in partenza dai singoli ospedali si è passati ad una rete vasta, ben articolata delle associazioni di volontariato che oggi espletano un servizio fondamentale. Perchè non riflettere su una analoga organizzazione di un'ampia serie di servizi che prevedano l'affidamento a strutture del volontariato? Si tratta di creare un luogo in cui le risorse del pubblico e le risorse professionali del volontariato si incontrino e insieme riflettano su come continuare a garantire le prestazioni sociali, le risorse disponibili ed a quali altre fonti attingere (l’Europa?).

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