“È stato morto un ragazzo” – Il racconto del calvario degli Aldrovandi nel documentario di Filippo Vendemmiati
febbraio 13, 2015 in Approfondimenti, Cinema
“Ho sempre pensato che sopravvivere a
un figlio fosse un dolore insostenibile. […]
Ora mi rendo conto che in realtà non si sopravvive.
Una parte di me non ha più il respiro, la luce, il futuro,
perché il respiro, la luce, il futuro sono stati tolti a lui”
(Patrizia Moretti, madre di Federico Aldrovandi)
In una delle scene finali di Arancia Meccanica, il protagonista, “guarito” dal metodo Ludovico, si imbatte nei vecchi compagni di violenza, ritrovandoli ripuliti in una divisa di polizia. Per dei vecchi drughi come noi il lavoro più adatto è questo: poliziotti spiegano, tra un ghigno e l’altro, i due agenti, prima di tentare di soffocare Alex in una fontana e riempirlo di manganellate. Ma la vicenda raccontata in È stato morto un ragazzo, documentario firmato dal giornalista e regista Filippo Vendemmiati, non è ambientata nell’Inghilterra distopica e futurista nella quale i drughi di Burgess/Kubrick si drogavano di lattepiù, pregustando le imminenti scorribande notturne. Siamo infatti a Ferrara, città dotata di opinione pubblica e società civile reattive, di un sistema d’informazione diffuso e disposto a diffondere notizie e spiegazioni e a non subire condizionamenti. E il ragazzo che “è stato morto” all’alba, in un parco cittadino, dopo uno scontro fisico violento con quattro agenti di polizia, senza alcuna effettiva ragione, era un diciottenne, studente incensurato, integrato, di condotta regolare, inserito in una famiglia di persone perbene (frasi estratte dalle motivazioni della sentenza).