Appunti per il 25 aprile 2020
aprile 24, 2020 in Approfondimenti da Marco Castelli
Il 25 aprile 2020 sarà il 75 anniversario della data scelta per ricordare la liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Si tratta d’una celebrazione che negli anni si è svolta con finalità diverse, che ha valorizzato discorsi differenti, che è stata celebrata con intensità variabile. Quest’anno non sarà una celebrazione come quelle consuete, non potendo che porsi in disparte rispetto a quel gioioso filo di memoria, a quel discorso continuo che contribuisce a disegnare la nostra identità ed a tessere idealmente la nostra bandiera nazionale. In un momento in cui un velo nero di silenzio copre le nostre strade e le nostre piazze non solo è sicuramente interdetto qualsiasi assembramento ma anzi stonato potrebbe risultare anche solo un qualsiasi ricordo di battaglie, di dichiarazioni, di ulteriori sfide da affrontare.
Nel tempo presente sembra che tutto lo spazio sia divorato dal senso di profonda ingiustizia della situazione attuale, che non può che interrogare angosciosamente anche coloro che non sono stati toccati dalla “peste”. Questa sensazione – la si chiami, se si vuole, “male” o mysterium iniquitatis – può essere talmente grave da sopraffare.
In questa direzione tuttavia il ricordo della liberazione può forse oggi servire, come una Pasqua laica, a dare una speranza di redenzione. Per quanto si tratti di un’interpretazione storicamente e politicamente semplicistica, si deve dire che il 25 aprile conferma la possibilità di un giorno in cui, nonostante tutto, a pesare di quello che era stato e sarebbe stato, le cose sono andate come dovevano andare. Per quanto raro nella storia quel giorno hanno vinto i buoni. Non siamo più sudditi ma cittadini; i bambini non sono più inquadrati in formazioni paramilitari; i diritti inviolabili dell’uomo, costituzionalmente garantiti, hanno sostituito i diritti subiettivi; con la dichiarazione dell’uguaglianza sostanziale sono state cancellate le vergognose leggi razziali; la donna da oggetto utile alla riproduzione è diventata cittadina ed elettrice; le organizzazioni internazionali e sopranazionali hanno sostituito la bellica volontà di potenza ed è finito il tempo dei tribunali speciali a vantaggio di una giustizia amministrata in nome del popolo. Hanno vinto i buoni.
All’inizio della diffusione di questa pandemia si è paragonato – in maniera retoricamente efficace, per carità – l’invito a “stare a casa” ad una forma di resistenza, “come quella dei vostri nonni”. L’accostamento si deve definire improprio, non solo per la distanza tra i fenomeni naturali e quelli umani ma anche per l’intima divergenza tra le due situazioni. La Resistenza è stata infatti, prima di un evento militare, un moto etico, una rivoluzione morale, non può essere identificata con un “non facere” che, per quanto seccante e probabilmente di lungo impatto sulle nostre psiche, si riduce ad un mero comportamento, tenuto per di più sotto minaccia di sanzione.
La Resistenza era rompere delle leggi tiranniche per il bene di tutti, non rispettare delle norme che, tese al bene comune, devono solo essere rispettate. La Resistenza era ribellarsi alla volgare legalità fascista, non una triste situazione in cui il potere dello Stato – legittimamente finché si resta entro i sottili confini della razionalità e della Costituzione – assume poteri d’urgenza per rispondere ad una situazione d’emergenza. Resistenza era cercare una legittimità politica e personale autentica, non lo sfogo di un preoccupante istinto repressivo che si vede nel gioire al contare le sanzioni pur giustamente comminate ai “runner” o a coloro che prendono soli il sole sulla spiaggia.
Nell’involversi delle cose e nel trascorrere di questi giorni d’angoscia e di afflizione può forse esser utile il ricordare il 25 aprile come la vittoria della speranza di un tempo migliore, da progettare insieme, da immaginare a vantaggio di tutti, di cui tutti oggi sentiamo il bisogno.
È questo certamente un “grado 0” di avvicinamento alla storia della Resistenza che tuttavia forse oggi può bastare per riaffermare la necessità di questa celebrazione anche in questo contesto, per sperare e per ricordarsi che con la ricostruzione sarà necessario ripartire dai fondamentali che un giorno di sole di 75 anni fa, sono stati tra le macerie affermati.