Amori seri e goliardici del giovane Kafka (1)
gennaio 3, 2024 in Approfondimenti da Mario Baldoli
Nel 1906, sul colle di san Lorenzo sopra Praga, un uomo di 23 anni si interroga inquieto. Si tratta di Franz Kafka, dottore in giurisprudenza (col voto di sufficiente): Consideravo i desideri che avevo riguardo alla vita. Risultò che il più importante era quello di arrivare a una visione della vita che pur nel suo naturale cadere e risalire, nello stesso tempo potesse essere vista come un nulla, un sogno, un essere sospesi.
Il nulla, il sogno, l’essere sospeso, un’idea nichilista di sé e del futuro. Ma a quell’età Kafka non ne era certamente maturo e dentro gli urgeva una fresca voglia di vivere, se pure con una sotterranea minaccia. La sua costituzione fisica era fragile: già nell’estate del 1903 aveva soggiornato al Sanatorium (che in tedesco significa semplicemente “Casa di cura”) di Weisser Hirsch, vicino a Dresda. L’anno dopo iniziò a scrivere Descrizione di una battaglia.
Nell’estate del 1905 in un altro Sanatorium, lo Schweinburg a Zuckmantel (Slesia) incontra il primo amore. Nei Diari scrive d’essere stato in intimità con lei, ma lei era una donna e io un ragazzo. Che fosse un ragazzo a 22 anni è evidentemente una frottola, e ne ha raccontate altre, come ogni scrittore. Su quell’incontro non si sa altro.
L’estate del 1906 è ancora a Zuckmantel per riposo. Sentendosi non “perfettamente sano” si ricovera all’Istituto Naturista del dottor Lahmann. Pieno di vita e di buon umore, scrive a Max: Sono sventato, moltissimo tra uomini e donne e sono diventato piuttosto vivace.
Alla fine dell’anno (Kafka usa non mettere date) scrive ancora a Max: Piccola fanciulla, pochissimo studio, il tuo libro (Tod den Toten! – Morte ai morti!), prostitute, il Lord Clive di Macaulay (…) e la ridicola metamorfosi dei Felici: un romanzo al quale lavorai per anni senza terminarlo mai. Il titolo avrebbe potuto anche essere I mille divertimenti. E qualche giorno dopo: Quando andremo dalla ballerina indiana, se già ci è scappata la piccola signorina la cui zia per il momento è ancora più forte del suo ingegno?
L’anno seguente, in agosto, sempre per riposo, è presso lo zio a Triesch, villaggio isolato tra i boschi in Moravia, dove incontra il secondo amore. La critica lo considera “goliardico e frivolo” mentre è un amore giovane e felice, raccontato in alcune pagine dell’Epistolario, amore che dura dell’estate 1907 alla fine del 1908.
A Triesch conosce due ragazze viennesi molto intelligenti, studentesse, molto socialiste, e socialista era anche lui dall’età di sedici anni, a modo suo, perseguendo gli ideali della solidarietà e dell’uguaglianza, tanto che l’anno dopo scrisse anche un programma: Per una società di lavoratori nullatenenti.
Le due ragazze provenivano da Leopoldstadt, il quartiere più socialista ed ebraico di Vienna, chiamato per questo Matzo Island, l’Isola del panino ebraico: elementi ed esperienze che li accomunavano
Delle due giovani lo colpisce Hedwig Weiler piccola, guance rosse senza interruzione e senza limiti. È molto miope e non lo è soltanto a causa del gesto grazioso col quale si mette gli occhiali sul naso – la cui punta è veramente bella e composta di piccole superfici- questa notte ho sognato le sue grosse gambe.
Hedwig aveva allora 19 anni; si laureò in filologia e filosofia tedesca all’Università di Vienna con una tesi su Grillparzer, l’autore preferito da Kafka. Finita la vacanza a Triesch, tra loro vi furono senz’altro molte e lunghe lettere in cui Kafka scrive con quel vagabondo umorismo che gli è proprio, infatti le sue opere hanno spesso una doppia lettura.
Le lettere occuparono senza dubbio tutto il 1908, ma lei ne fece avere a Max Brod solo quattordici, per un tramite che nemmeno lui seppe spiegare, e furono scoperte dalla diligenza della sua segretaria. È evidente che Hedwig ne riteneva la maggior parte troppo personale per essere divulgate, ma è straordinario che le abbia conservate per decenni anche dopo il matrimonio: pur così giovane, si era resa conto del valore di lui. Valore che ben conosceva Felice Bauer (che fu costretta dal bisogno a vendere le 750 lettere che l’ex fidanzato Kafka le aveva inviato in cinque anni) e che anche lei mantenne oltre il matrimonio e la fuga in America, come le conservarono, per quanto possibile, Grete e Milena, finite ad Auschwitz.
Unica a mantenere per sè le lettere di Kafka fu Dora Diamant, che gli fu compagna negli ultimi mesi di vita. Molto materiale fu distrutto da Kafka stesso prima di morire e più tardi dalla Gestapo, a cominciare degli scritti che si trovavano a casa dei suoi genitori e delle tre sorelle, morte ad Auschwitz.
Egli aveva nominato Max Brod esecutore testamentario con l’obbligo di bruciare tutto quanto si trovava nella sua stanza, compresi gli scritti. Max Brod invece li salvò insieme con i disegni, portando fuori dalla Cecoslovacchia una valigia con migliaia di carte in una fuga rocambolesca, si può dire, sotto il naso dei nazisti.
Torno all’amore con Hedwig. Da subito Kafka le descrive i suoi malanni e insieme scherza: Tu vuoi che io non possa fare a meno di te. Mediante una lunga passeggiata dei miei sentimenti li dovrei stancare e rendere soddisfatti, mentre tu ti riscuoti continuamente e d’estate indossi la pelliccia soltanto perché d’inverno può far freddo.
In effetti l’unica fotografia che abbiamo di lei la mostra in pelliccia.
Kafka le invia una poesia sul proprio scarso interesse per l’umanità, disinteresse che lei deve avergli rimproverato:
Mentre il sole sta calando
Ci sediamo a spalle curve
Sulle panche in mezzo al verde.
Con le braccia ciondoloni,
socchiudiamo gli occhi tristi.
Va la gente ben vestita
Barcollando sulla ghiaia
Sotto questo grande cielo
Che da colli in lontananza
In alti cumuli s’inarca.
Sempre all’inizio di settembre 1907: Nonostante tutto, cara, questa lettera è arrivata tardi, hai riflettuto a fondo su ciò che hai scritto. Non ho potuto in alcun modo costringerla ad arrivare prima, né stando di notte seduto sul letto, né dormendo vestito sul divano e tornando durante il giorno a casa più spesso di quanto non fosse giusto. (…) Pensavo che scrivere una lettera fosse come sguazzare nell’acqua della riva, ma non pensavo che si sentisse lo sguazzare. E ora mettiti a sedere e leggi con calma e fa’ che invece delle mie parole scritte sia io a guardarti negli occhi (…) Anch’io sono a Triesch, tanto è vero che attraverso la piazza con te, qualcuna s’innamora di me (…) ora devo prendere commiato, ti stringo la mano e fuggo in direzione del ponte. In un’atmosfera scherzosa, lo scritto rivela che Kafka era a Praga, probabilmente lei era a Vienna, innamorata, ambedue sognavano di essere a Trietsch.
Il 19 settembre Kafka lamenta la sua salute: Forse sono un po’ malato; poi continua su un altro registro: Senti cara (…) tutto quanto mi circonda è soggetto a te. La scrivania preme quasi innamorata contro la carta, la penna giace nella valle tra il pollice e l’indice come una creatura volonterosa, e la pendola squilla come un uccello.
11 di sera
Porto i miei dolori di testa da una salda risoluzione all’altra, altrettanto salda, ma opposta. E tutte quelle decisioni si animano, hanno sfoghi di speranza e di una vita soddisfatta, questa confusione delle sofferenze è ancora peggiore della confusione delle decisioni. Come una palla di schioppo volo dall’una all’altra e l’eccitazione racconta che soldati, spettatori, palle di schioppo e generali si distribuiscono tra loro nella mia battaglia ….
Lui ha dei momenti di umiliazione: Come vedi, sono un uomo ridicolo, se mi vuoi un po’ di bene è compassione, la mia parte è la paura.
Scherza con lei che verrà a Praga a studiare e fa pubblicare sul maggior giornale cittadino una brillante inserzione: Giovane signorina con esame di maturità che ha studiato francese, inglese, filosofia prima all’Università di Vienna, ora all’Università di Praga, cerca lezioni come insegnante di ragazzi che secondo risultati ottenuti finora crede poter trattare molto bene, o come lettrice o come dama di compagnia. L’incredibile è che riceve due risposte. La ragazza vuol pagare l’inserzione, lui risponde che invece le manderà il conto dello champagne bevuto alla sua salute.
Sul tema della lettera, Kafka inizia con lei una riflessione che lo accompagna per tutta la vita: Quanto poco giova l’incontro per lettera, è come uno sguazzare sulla riva di due che sono separati da un mare. La penna è scivolata lungo i numerosi pendii di tutte le parole scritte e questa è la fine e devo coricarmi nel mio letto vuoto. Ricorda: il bacio che ho ricevuto sulle labbra è il miglior principio di tutto il bene futuro. Quanto al piacere, tu devi offrirmene maggior occasione che nell’ultimo ritrovo.
Lo stesso mese, un lungo messaggio sottilmente erotico:
Mia cara fanciulla (…) sono tutto scaldato dalla tua lettera. Però le pellicce la coprono troppo, io voglio te, e persino la tua lettera è una tappezzeria ornata, bianca e gentile, dietro alla quale stai seduta da qualche parte nell’erba o vai a passeggio e bisognerebbe prima sfondarla per acchiapparti e tenerti (…)
Ti bacio con tutto quello che so di avere di buono.
L’amore si interrompe alla fine del 1908 (non si sa perché), Kafka passa al “lei” e nei primi giorni del 1909 le restituisce il pacchetto delle lettere che lei gli aveva mandato. Qualche lettera di cui non abbiamo notizia, è scambiata anche dopo, finchè Kafka, sembra a metà aprile, interrompe con sarcasmo ogni rapporto, quando lei sembra voglia riprendere la loro storia:
Cara signorina, quando ha scritto quella lettera lei si trovava in uno stato d’animo brutto, ma non durevole. Lei è sola, e l’essere soli è grave. Certo quel tempo non va riempito con uno studio forzato, è una cosa terribile specie quando si trema anche per altre cause, lo so. Allora si crede di incespicare continuamente in suicidi non compiuti, si è tutti i momenti alla fine. Si dilunga per una pagina sugli effetti del clima su di lui, e termina sbrigativo: La faccenda della signorina Kral è una favola, mia madre verrà operata la settimana ventura, mio padre va sempre più declinando, oggi mio nonno ha avuto un grave svenimento, e anch’io non sto bene.
(il prossimo sarà dedicato al Kafka politico)
di Mario Baldoli