Al vertice del triangolo d’amore c’è Franz Kafka (3)
marzo 6, 2024 in Approfondimenti da Mario Baldoli
A Felice: Sarò sempre tuo A Grete: Lei è primaverile, mi rende felice
—Devo correggermi: una lettrice osserva che tra i massimi scrittori del Novecento, citati nella precedente puntata su Kafka, va inserito almeno Thomas Mann. Ha ragione. Erano anche contemporanei, se così si può dire di uno che visse 80 anni e l’altro 40.
—Nel precedente articolo prevedevo di scrivere dei due triangoli amorosi di Kafka, invece sono così complessi che ora posso scrivere solo una parte del primo, il seguito la prossima volta.
Entrare in un triangolo- un uomo e due donne o una donna e due uomini, tralasciando altre combinazioni, richiede nel nostro caso buoni occhiali, perché il triangolo è geografico: Vienna, Praga, Berlino; è nazionale: tedesco, ceco, ebreo, coinvolge (un uomo) Kafka e due donne, si consuma nella prima metà di un secolo sconvolto dalle guerre balcaniche, dalla Grande guerra e da potenti scoperte scientifiche (ad es. Einstein, Planck, Freud) e novità culturali (Heinrich e Thomas Mann, Wedekind, Rilke, Klee, Klimt, Benjamin, Mahler, Schonberg, Stravinskij, Prokof’ev).
La donna amata da Kafka è Felice Bauer, come lui ebrea.
Lui ha 29 anni, lei 25 e vive e lavora a Berlino. L’ha conosciuta una sera il 13 agosto 1912 a casa della famiglia di Max Brod a Praga. In un mese Kafka riesce a superare le resistenze di lei grazie alle buone parole di conoscenti comuni, e le invia la prima di circa 750 lettere in quasi cinque anni, mettendo a dura prova il sistema postale austro-tedesco, del quale continua a lamentarsi.
Sfuggita a Hitler e raggiunti con il marito gli Stati Uniti, Felice fu costretta per bisogno a vendere le lettere di Kafka all’editore di lui. È evidente che ha tenuto per sé le più personali, ma ne ha inserite 63 che Kafka scrisse in sette mesi all’amica Grete Bauer (si capisce leggendole che soprattutto di queste ne trattenne davvero molte). Felice e il marito hanno quindi salvato forse un migliaio di lettere di uno scrittore che cominciava a farsi un nome, benché conosciuto quasi solo da pochi grandi: Rilke, e i fratelli Mann in particolare.
Nella prima lettera che K. invia a Felice, le ricorda minuziosamente la sera della loro conoscenza, il vestito, le scarpe, la proposta di lei di un viaggio in Palestina ecc. poi parla di sé e si scusa se sarà incostante nelle lettere (in realtà sarà opprimente). Nei suoi Diari la descrive: Viso ossuto e vuoto che mostrava apertamente il vuoto. Collo libero. Camicetta trascurata (…) naso quasi rotto. Capelli biondi un po’ lisci, poco attraente, mento robusto.
Lui si mostra subito innamorato: è andato in ufficio benché fosse festa, per trovare la lettera di lei, ed ora che la porta tra di noi comincia a muoversi, parla di sé come farà in tutte lettere successive (cui bisogna aggiungere cartoline, telegrammi, posta pneumatica, telefonate): una pioggia di nervosismi mi cade addosso ininterrottamente. Ciò che voglio ora poco dopo non lo voglio più, però le scrive: non con la speranza di avere una risposta quanto in adempimento di un dovere verso me stesso. Oh, fossi il portalettere che reca questa sua lettera in casa sua, non si lascia trattenere da alcun membro stupefatto della famiglia, attraversa diritto tutte le stanze, arriva a Lei e le mette in mano questa lettera! O meglio, fossi io stesso davanti alla Sua porta a premere il campanello all’infinito per mio godimento, per un godimento che risolva tutta la mia ansia!
Le dedica La condanna, poche pagine culminanti in un suicidio, storia breve e intensa, non proprio adatta all’amore. Infine scrive il più splendido racconto lungo mai scritto Le metamorfosi considerato uno dei primi alla base della letteratura espressionistica. Inizia Il fochista, primo capitolo di America, romanzo mai concluso. L’amico Max Brod nota: Kafka in estasi, scrive per notti intere (…) è innamorato di F. ed è felice.
Ma già alla fine di quel 1912 l’effetto positivo di Felice si spegne. Il 23 marzo dell’anno seguente i due innamorati si incontrano per la prima volta a Berlino. A causa dei continui rinvii di Kafka, che somatizza l’incontro con nevrastenia, insonnia, tremito alle ginocchia, e ancora il giorno prima non ha deciso se partire, si vedono in breve il 23 tra messaggi che si contraddicono, uno dei quali è affidato in extremis a un “giovanotto” che deve portare subito la risposta “senza dar nell’occhio”. Ovvio che l’incontro sia una delusione e non il chiarimento atteso.
Il I aprile le invia un’altra tegola: Non ti potrò possedere mai, nel migliore dei casi mi limiterò a baciare come un cane forsennatamente fedele la tua mano abbandonata (…) sentirò al mio fianco il respiro e la vita del tuo corpo e starò più lontano da te che ora nella mia camera. Da mesi non scrive neppure racconti e si convince che un’unione più stretta glielo impedirà. Solo Max, fingendo una gara tra loro, lo convince a scrivere la cronaca di Aeroplani a Brescia.
Lui di notte non dorme, ha brevi sogni, infine, travolto da una disgregazione mentale che lo porta all’orlo del suicidio, chiede a Felice di sposarlo, è il giugno 1913. Subito dopo si tira indietro e le scrive: Che cosa devo fare? Dobbiamo separarci.
Lei lavora in una fabbrica di registratori e dimafoni, la tecnologia più avanzata dell’epoca. È una donna pratica, da dattilografa è ora procuratore della sua industria, gli scrive non costantemente e certo in breve (le sue lettere sono andate perdute), mentre le lettere di lui sono a volte di dieci o più pagine, anche più di una al giorno, complicate e piene di domande. Vuol sapere tutto di lei, cosa vede dalla finestra dell’ufficio, com’è il rappresentante arrivato ieri ecc. Fa il possibile per non incontrarla e quando avviene è sempre per poche ore e umiliante per lui di fronte ad una donna tanto pratica.
Il 6 settembre 1913 Kafka “fugge” da “quella tragica relazione”, come la definisce Brod, e lascia Praga per una vacanza al sud, “nell’Austria italiana”.
Il 22 settembre è a Riva del Garda (dove era stato felicemente con Max e il fratello di lui nel 1909) e si ricovera al Sanatorium von Hartungen. Di un suo innamoramento qui, parlerò un’altra volta, non è questo il triangolo, anche se forse lo prepara.
Preoccupata per “la fuga”, Felice gli manda a Praga un’amica di Vienna (in realtà la conosce da sei mesi), Grete Bloch col compito di capire se lui la ama ancora. Grete va a Praga il I novembre. Certo non può ingannare Kafka che qualche giorno dopo le scrive una lettera di una decina di pagine: Venne Lei, una ragazza giovane, esile, certamente un po’ singolare. Le racconta di come gli è apparsa, di Felice che non ha avuto tempo per lui quando è andato a Berlino a trovarla, di se stesso. Grete è una donna sentimentale, passionale e reagisce agli stimoli di lui, risponde puntualmente alle sue lettere, prende nota dei libri che lui le consiglia, consola la sua tristezza, gli manda due suoi ritratti, gli comunica particolari negativi su Felice: ora ha tre denti d’oro davanti.
Kafka le risponde: Lei mi rende felice, Lei è primaverile, è la creatura più buona e più brava che ci sia, ci vediamo a Dresda o a Gmund, ho nostalgia di Lei, lavora troppo, starà meglio se lascerà Vienna, la convince persino a trasferirsi a Berlino dove lui andrebbe a vivere facendo il giornalista. Lei scrive che ha visitato la casa di Grillparzer, lo scrittore che lui preferisce. Lui replica che così la sente più vicina
Kafka scrive spesso a tutt’e due, tenero con Grete, cavilloso e triste con Felice che affligge con i suoi malanni e le difficoltà di un futuro insieme. Non dire che ti tratto con troppa severità, io mi metto al tuo servizio. Però da più di un anno ci corriamo incontro e dopo il primo mese pareva che fossimo già arrivati a stringerci petto contro petto. E ora, dopo tanto tempo, dopo tanto correre, siamo ancora così lontani. Tu hai l’assoluto dovere di vedere la tua situazione, fin dove ti è possibile. Non dobbiamo rovinarci quando finalmente ci uniremo. Confesso che soltanto la tua condiscendenza mi offre la possibilità di riflettere sul nostro conto, ma anche l’inevitabile necessità di farlo.
Ma Felice non teme confessioni, è solida, più tardi lui la definirà “infrangibile”.
Qualche volta lui e Grete si incontrano (qui le lettere mancano), un giorno le scrive: La lettera era come una di quelle dei nostri giorni belli. Una testimonianza non confermata sostiene che lei ebbe un figlio da lui, morto a sette anni, fatto che Grete non ha mai comunicato. Il loro rapporto dura da novembre al maggio 1914.
Via via che si innamorano, si crea in Grete un forte senso di colpa, anche perché deve tenere informata Felice la quale si accorge che c’è qualcosa tra i due: “sembra che tu tenga molto alla signorina Grete”.
In quell’atmosfera claustrofobica, Kafka decide: scrive a Grete che da Felice non potrò staccarmi mai, quello che mi lega a lei e che da lei mi allontana è forse il medesimo potere. E allora non c’è nulla da fare. A Felice scrive: sarò sempre tuo.
Intanto pensa a una terza via: fidanzarsi con Felice cui spiega che “il fidanzamento non è che la recita di una commedia”, e chiedere a Grete di andare a vivere con loro a Berlino “almeno nei primi tempi” del matrimonio. Grete ne è lacerata: Lei mi procura, questo è certo, un’infinita responsabilità della quale non mi sento quasi più all’altezza. Con F. ho parlato quasi di sfuggita. Dopo tutte queste lettere non ho quasi il coraggio di guardarla negli occhi.
Kafka vive una confusione incontrollabile, due giorni prima del fidanzamento scrive alla sorella Ottla: scrivo diverso da come parlo, parlo diverso da come penso, penso diverso da come dovrei pensare e così si va avanti fino al buio più profondo.
A Berlino quando avviene il fidanzamento ufficiale tra Kafka e Felice, alla presenza dei genitori e di alcuni amici, Grete si schiera dalla parte di Felice e lo attacca leggendo brani delle lettere che lui le ha inviato. Felice piange, lui tace, i genitori capiscono, il triangolo è imploso. E’ il 12 luglio 1914. Ma a volte l’amore ritorna.
di Mario Baldoli