La grande scoperta: quattro inediti di Pirandello
febbraio 1, 2014 in Letteratura da Mario Baldoli
Sono quattro gli inediti di Pirandello, da pubblicare, rappresentare, aggiungere alla conoscenza che abbiamo di lui. Inediti risalenti agli ultimi otto anni della sua vita, scoperti nell’archivio di Guido Torre Gherson (Latisana, Udine) che fu il suo impresario nel periodo parigino del grande drammaturgo. Torre Gherson salvò tutto quanto poteva di lui: documenti, lettere, contratti e opere anche non finite. Perché Pirandello distruggeva quanto scriveva e non rappresentava, di qui la perdita di molti drammi e dell’epistolario, per non dir altro. Non era così solo per il nichilismo del suo pensiero, ma anche perché fidava nella “servetta sveltissima” della sua fantasia che gli fu accanto tutta la vita, vita intensa, nella quale fu anche pittore e musicista di talento, un altro aspetto della sua personalità poco conosciuto. Gli inediti sono stati “certificati” da un convegno di specialisti provenienti anche da Stati Uniti e Francia, diretto dal prof. Vincenzo Orioles dell’Università di Udine.
Essi sono tanto diversi quanto importanti per conoscere gli ultimi anni, poco noti, di Pirandello. Il primo, completo, è un musical pensato per il pubblico americano. Fu scritto in francese (1930) col titolo C’est ainsi e tradotto da un’americana che vi aggiunse delle liriche (in tutto vi sono 18 canzoni). Il nome inglese fu Just like that. Le musiche sono molto varie: valzer, fox trot, tango. La trama si svolge fra Palm Beach (Florida), un castello francese, un ruscello in Scozia, un cabaret di Buenos Aires e si conclude nella giungla amazzonica. Pirandello amava sperimentare ogni nuovo genere artistico, dal cinema alla fotografia, non stupisce quindi la novità del musical, costruito con una fantasia sfrenata che ha indotto la professoressa Annamaria Andreoli a paragonarlo ad Aristofane, anche per le molte opere perse. Commedia che non fu rappresentata per divergenze interne e con l’imprenditore americano.
Una tragedia in tre atti è Le folgori (1932). Vi è trattato un clamoroso fatto di cronaca: lo stupro e l’uccisione di Maria Goretti. Pirandello qui affonda nell’oscuro inconscio dei personaggi, ne fa emergere la mescolanza tra il desiderio di morte e l’attaccamento alla vita.
Segue la tragicommedia La masseria o Una finestra sulla ferrovia (1932-1934) che descrive la lotta fra una famiglia nobile e un gruppo di borghesi che ritengono venuta l’ora di emanciparsi dal dominio dei padroni. Il ricordo va inevitabilmente al Gattopardo, se pure la morale sia qui del tutto diversa.
Altro dramma completo è Le nozze di Rossana (1936). Nel protagonista, Pirandello raffigurò se stesso e in una giovane servetta l’amata Marta Abba.
Il protagonista segue in fascisti che vanno alla guerra di Spagna. Pirandello cercava così in ogni modo di piacere alla fascistissima Marta Abba; si era spinto a paragonare Mussolini al David di Bernini. Nel dramma si canta “Giovinezza”, “La canzone del volontario”, le oscene “Osteria n.1” ecc. Oltre alla fine di quell’amore, Pirandello avvertiva la “carneficina” che si abbatteva sull’Europa, si sentiva stanco. Ha 69 anni e scrive a Marta: “Non faccio più nulla Marta mia, sto tutto il giorno a pensare, solo come un cane”.
In quel terribile anno iniziò il dramma (incompiuto) L’anticamera della morte: anche qui un vecchio dottore si innamora della servetta che si meraviglia delle sue proposte.
In quella solitudine Pirandello non riesce nemmeno a concludere l’ultimo capolavoro I giganti della montagna, ispirato questo ad esperienze avute con Torre Gherson.