La strega da uccidere
aprile 3, 2024 in Recensioni da Viola Allegri
La novità del saggio di Francesca Matteoni , Il famiglio della strega. Sangue e stregoneria nell’epoca moderna, ed. Effequ pone la centralità di due elementi trascurati dai molti studi sul tema: il famiglio e il sangue con il loro sovrapporsi, il loro spazio sociale, la dimensione psicologica che vivono, la reazione che suscitano.
Il saggio si avvale di una sterminata bibliografia, quasi tutta in lingua inglese perché quello era il Paese dove più numerose erano le streghe. Tuttavia il testo non si abbandona mai alla microstoria, anzi i moltissimi casi citati sono sintetizzati in poche righe così da consentire il mosaico unitario dell’epoca, l’esordio dell’età moderna, i secoli XVII e XVIII, quando maggiore fu la caccia alle donne e più forte la volontà di punire.
Il famiglio è un animale comune che la strega nutriva variamente con latte e derivati, pane, birra, fieno, ma soprattutto, e in piccola misura, col proprio sangue. Si tratta in genere di animaletti domestici: il gatto, il cane, pollame, furetti, topi e, con la peggiore reputazione, il rospo, non domestico ma residente in qualche stagno vicino. Alcuni di questi sono animaletti che donne anziane ed emarginate tenevano per compagnia, ma le cattive compagnie sono pericolose al punto che in certi paesi dell’Essex, la regione aurea delle streghe, le donne sospettate potevano arrivare al 90%. Erano anche capaci di colpire attraverso un lungo elenco di erbe, peraltro di uso comune.
Tra famiglio e strega poteva esserci uno scambio pericoloso: lei poteva assumere forme animalesche e succhiare il latte delle mucche o influire sul raccolto. Forme simili si trovano nei Benandanti di cui ha scritto Carlo Ginzburg, i quali però addirittura avevano facoltà di uscire dal corpo e sfiorare il soprannaturale.
Al centro del fenomeno Strega sta il corpo della donna su cui si trovano segni del famiglio e segni persino diabolici. Il corpo della donna “è uno spazio che si apre all’altro, la sua salute è definita da quanto lascia uscire”: figli, latte, sangue mestruale (questo considerato nel sud Italia, portatore di grandi poter tra cui, ovviamente, quello di far innamorare).
Il “problema” dei persecutori, non sempre ecclesiastici, non solo cattolici, anche riformati, era il riconoscimento del marchio, facilmente confondibile con ogni altro segno o imperfezione cutanea, come un terzo capezzolo solo accennato, emorroidi, voglie, tagli comuni, ferite cicatrizzate. La scoperta e il numero dei segni definivano il corpo come quello di una strega e la sua frequentazione a un sabba. Il diavolo leccava la donna o l’artigliava, ecco un segno “sicuro”. Un metodo di controllo era infilare uno spillone nel segno sul corpo e, se la donna non sentiva dolore, era una strega. Oppure le si toglieva il sangue impuro. Oppure la si artigliava fino a farla morire.
A volte si usava l’annegamento: se la donna messa in acqua, non annegava, era una strega. C’erano anche poche streghe che guarivano qualche malattia, ma dopo dure punizioni.
La “confessione” poteva essere estorta con carcere, discorsi suggestivi, torture, ma non mancavano donne che si autodenunciavano per essere esaminate attentamente e fugare la paura del marchio diabolico, per esempio, una trova due buchi nei piedi, un’altra ha perso sangue dal mignolo morso dal diavolo.
A distanza di secoli queste morti, vite e relazioni manipolate, ancora ci toccano, scrive l’autrice: “la ricerca di un nemico interno da esporre e perseguitare non è esaurita”, una maggioranza coesa può azzittire ogni vocazione minoritaria e anelito al cambiamento.
Le 40/60.000 donne uccise “ci raccontano di profonde solitudini causate dalla povertà, dall’esclusione, da dolori e difficoltà personali, sensi di colpa e disagio, rabbia, anche fantasie e visioni”.
Gli scrittori, dall’antica Grecia a Roma a Shakespeare a Goethe le hanno rese perennemente vive. Dalle ceneri le loro voci tra l’umano e il mondo degli spiriti, meraviglia e solitudine, invitano ancora oggi a convivere con simili e dissimili, a non rinunciare al corpo sognato, a vivere lontano dal rancore, dal sospetto e dalla barbarie.
di Viola Allegri