Il viaggio del sentimento
dicembre 14, 2023 in Persia, Recensioni da Paolo Merini
Passati sei anni, Il Mulino ripubblica il libro più bello e suggestivo che sia stato scritto sull’Iran in età contemporanea: Anna Vanzan, Diario persiano. Viaggio sentimentale in Iran.
La chiave per leggerlo e amarlo sta nell’aggettivo “sentimentale”. Anna Vanzan, docente alle Università di Milano e New York, morta a 65 anni nel 2020, ha dedicato la sua vita all’Iran: lo ha fatto conoscere attraverso interventi scientifici, decine di traduzioni delle opere antiche e moderne che hanno formato il carattere del Paese, osservazioni sui problemi dell’oggi. Un libro che sembra un romanzo, reso lieve dall’arguzia, dall’ampiezza storica, della sua curiosità femminile, delle osservazioni impreviste che vi si nascondono.
Sentimentale dicevo, ma senza romanticismo: un lavoro – eredità della sua vita e della sua personalità – nel quale i nostri pregiudizi uniti a superficiale ignoranza, sempre umoristicamente disegnati, crollano sotto dati incontestabili, mentre conquista il viaggio attraverso un Paese di antichissima civiltà, la sua cultura, l’arte e la poesia, l’indipendenza di pensiero, la peculiarità del carattere.
Unico paese indoeuropeo (alcune parole hanno la stessa radice delle nostre) circondato da arabi, islamico ma non sunnita, invece sciita (Anna sul tema scrisse il libro Sciiti), ed. Il mulino, Paese ospitale e guerriero, composito di tante minoranze: azeri, armeni, curdi le maggiori. E’ ancora presente l’antichissima religione zoroastriana che mantiene circa 25.000 fedeli.
Raccontarne la guerra proditoria dell’Iraq (1980-1988) aiutato dai sedicenti “occidentali”, dall’Urss e dai Paesi arabi, nel tentativo di sfruttare il caos all’arrivo di Khomeini, la risposta vittoriosa dell’Iran con il sacrificio di migliaia di giovani, Morire da martire, significa iniettare sangue nelle vene della società, vittoria fermata dall’appoggio Usa all’Iraq di Saddam, la guerra più sanguinosa del II Novecento: un milione di morti e il ritorno ai confini precedenti, ecco, tutto questo non è il sentimento del libro.
La vita di Vanzan si è fermata prima che esplodesse la rivolta contro il velo, ma rivela almeno due aspetti dell’Iran di oggi e indirettamente l’anticipa. L’aspetto positivo: i progressi sociali: suffragio universale, università anche per le donne che accedono alle professioni, tranne quelle di governo e di giudice, analfabetismo sconfitto. Grandi librerie e gallerie d’arte tenute da donne, registe donne, museo del cinema, film premiati ai nostri festival, e anche in città sovraffollate come Tehran, immensi parchi dove i giovani si incontrano e si stringono per mano, città resa fresca dalla catena montuosa dell’Elborz, di solito innevata. L’Iran non tollera l’omosessualità? Sì, ma per denunciarne l’atto occorrono quattro testimoni oculari, ed è praticato il cambio di sesso. Le donne portano il chador o il velo? Sì, ma le giovani delle città l’hanno ridotto a un fazzoletto che lascia scoperti i capelli. Proprio da questa libertà sappiamo che si scatenò la rivolta in Iran.
L’altro aspetto è il diffondersi di usi nostrani, consumismo e ciarpame cinese, surf nel deserto e corse con bici da cross, alti edifici alla periferia di Tehran, detti con disprezzo Fiammiferi e tuttavia entrati nel paesaggio locale sovrastandone il profilo urbanistico vivo da secoli: case basse che arrivano al massimo al primo piano, cortili interni verdi e fontane. La metropolitana divenuta anche luogo di vendita: nei vagoni si può comprare un po’ tutto, dagli accendini ai cellulari. Per strada si può vedere qualcuno col cerotto al naso: è l’esito di operazioni chirurgiche per modellare il naso iraniano piuttosto marcato.
Ma il libro è dominato dalla bellezza, dall’incontro con la scienza e l’arte persiana: “le torri del silenzio” nel deserto, dove alti “camini” comunicano nelle case l’aria fredda della notte ed espellono quella calda, i canali coperti che portano l’acqua per migliaia di km, senza evaporare. Così crescono campi coltivati a fichi, melograni e pistacchi con negozietti al confine col deserto che vendono acqua di rose e prodotti locali. Da questi splendidi giardini verdi con padiglioni decorati di fiori e uccelli, nasce l’idea di Paradiso per i musulmani, non luogo di piaceri erotici, ma promessa per uomini e donne, padri, mogli e figli che abbiano agito bene, come scrive il Corano, sura 4 e sura 13.
Altre attività durano da secoli: le scuole di mosaico che si ricava da lastre di ceramica smaltata tagliando tasselli di varie forme e misure cementati con stucco liquido; la miniatura che rappresentava anche figure umane che sono attestate da dipinti murali; l’arte antica di intrecciare centinaia di fili per il tappeto anticamente con motivi decorativi, poi naturalistici. Un capolavoro come il grande tappeto con scene di caccia si trova al museo Poldi Pezzoli di Milano, altre stoffe preziose sono al Museo Correr di Venezia, testimonianze di commerci e scambi fra Paesi lontanissimi.
Vita Sackville West lasciò giudizi negativi su giardini e piazze, luoghi costruiti in secoli da re e principi, spesso immense piazze che si estendono per oltre 500 metri, occupate al centro da altre piazze d’acqua intorno a cui si passeggia circondati da filari di cipressi e altre piante. Luoghi diventati ormai turistici, di pellegrinaggio e di scoperta del nascosto, dove tutto è così vasto da mutare il nostro modo di vedere la realtà.
di Paolo Merini