Il generale che amava Hegel
marzo 27, 2019 in Architettura e urbanistica, Recensioni da Paolo Merini
Niccola Marselli, allievo di Francesco de Sanctis, alfiere nell’esercito borbonico, poi cresciuto fino a diventare generale in quello italiano, infine senatore del Regno, fu uomo singolare come mostra lo stesso titolo di un suo libro giovanile ora ripubblicato L’architettura in relazione alla storia del mondo (a cura di Damiano Iacobone), Olschki editore.
Marselli, uomo di grande cultura, viveva una contraddizione insanabile: soldato concreto, tanto da insegnare anche alla scuola militare di Torino, era attirato soprattutto dalla filosofia e dai problemi culturali del suo tempo, il tempo della crisi dell’idealismo, arrivata tardi in Italia, mentre altrove già si affermava il positivismo.
Scrisse opere di successo: La scienza della storia e La guerra e la sua storia; è citato da Giovanni Gentile in Le origini della filosofia contemporanea, dove lo definisce: uno degli spiriti più concentrati nella riflessione speculativa che ci fossero in Italia al tempo suo.
Tutto vero: Marselli era un hegeliano convinto e in questo piccolo libro lo mostra in maniera forse anche troppo scolastica. Il suo obiettivo è che l’architettura vada oltre la sua specificità, si integri in un superiore orizzonte filosofico, orizzonte in grado di unire le varie scienze.
Il progetto piaceva certo ai filosofi idealisti italiani, se non che la sua concretezza di soldato gli faceva ben vedere lo stato dell’architettura dell’Ottocento, quando lo scopo dell’architettura è l’utile e non la bellezza; figlia di un secolo scientifico, ella si volge a studiare le leggi dell’equilibrio. L’attuale catastrofe dell’architettura – per Marselli, come per tanti autori tedeschi del suo tempo– inizia con la fine del Medioevo; l’architettura rinascimentale torna al passato, al classico, per non dire della degenerazione barocca. Si riduce a schiava di un’epoca anteriore, decade come arte bella. Si costruiscono edifici da cui il proprietario possa trarre il maggior utile possibile. .Tuttavia, essa esprime il suo tempo, quindi – Hegel maestro – forma sulle arti un progresso verso il predominio dello spirito.
Hegel fa scrivere a Marselli che la storia scientifica dell’architettura (io direi: sintesi) è determinata dall’unione della storia dell’architettura e dalla storia in generale (che chiamerei tesi e antitesi).
Suggestivo è il confronto che Marselli fa con la fisica: dal metodo sperimentale scoperto da Galileo e Bacone, all’astronomia geometrica di Keplero, alla meccanica celeste di Newton. Anche se non si è giunti con ciò alla perfezione, si è però a un moto di unificazione che dà vita al Cosmo, a quella coscienza che assorellando le scienze, fa che l’una si compia in sé giovandosi dell’altra.
Inoltre solo una storia filosofica dell’architettura può spiegare la ragione per cui presso ciascun popolo surse quella determinata forma d’arte.
In attesa del trionfo dello spirito possiamo porci due domande: siamo oggi lontani da una storia scientifica dell’architettura? Oppure le conoscenze matematiche e tecniche l’hanno trasformata o stanno trasformando in una scienza? Che bisogno abbiamo in un’età di specializzazione e frantumazione di trovare elementi unificanti? Certo, non li stiamo cercando.
La seconda domanda: quanto c’è di Hegel nel bastone di comando di ogni generale? Il generale che vince le battaglie, spesso perde la guerra perché manca di strategia.
L’esempio più clamoroso è quello di Annibale: nessuno sapeva vincere come lui, eppure dovette ritirarsi dall’Italia, tornare in Africa dove infine, evidentemente sfiduciato come i suoi soldati, fu definitivamente sconfitto. La triade hegeliana non è accettabile, ma spesso funziona.
Possiamo anche interpretare con lei l’attacco di Napoleone alla Russia, seguendo le pagine di Tolstoj. Il generale russo Kutuzov combatteva ritirandosi. Badava poco al risultato, più al volto degli uomini, dei messaggeri che lo raggiungevano, capiva così l’andamento della guerra. Napoleone conquistò Mosca, la città era contratta dagli incendi, l’inverno arrivava. Napoleone fu costretto a tornare perdendo l’esercito.
Hegel, quando incontrò Napoleone, sfiduciò il sistema che lui stesso aveva elaborato.