L’impossibile stupro tra perizia medica e “pratica giurisprudenza”
marzo 7, 2018 in Approfondimenti da Mario Baldoli
La prima cosa che si nota studiando lo stupro nell’Ottocento è il suo carattere di classe.
Le vittime sono bambine/i, handicappate, contadine.
Le bambine in particolare sono povere, figlie di poveri, abbandonate a se stesse: passano la giornata spigolando e cercando qualcosa da mangiare, sono quindi una preda facile e indifesa. L’Ottocento, il secolo dell’ossessione sessuale, secondo Foucault, è caratterizzato in Italia da tre codici penali: l’austriaco nel Lombardo-Veneto, il piemontese-leopoldino dopo l’unità, quello Zanardelli dal 1890.
Tuttavia le leggi sullo stupro sono abbastanza simili.
Per averne un’idea, cito quello austriaco: Chi con pericolose minacce, con violenza effettivamente usata, o con artifici diretti ad istupidire i sensi mette una donna fuori di stato di far resistenza alle libidinose sue (?) voglie, ed in tale stato la viola, commette il delitto di stupro violento. Seguono le aggravanti per chi è inferiore ai 14 anni. La pena è il carcere duro da cinque a dieci anni. Altri articoli intervengono sull’oltraggio al pudore, la corruzione e la sodomia. In caso di scandalo o querela, la pena, nell’austriaco, poteva estendersi ai lavori forzati per dieci anni.
Secondo il mio studio (Archivio di Stato di Brescia, Tribunale penale) nell’età austriaca nessuno stupratore viene condannato, perché la sua parola valeva quanto quella della vittima, l’atto non era stato pubblico, e i genitori trascuravano la bambina.
Un esempio, anno 1850. E’ assolto Giuseppe Nambrini di Erbusco che da almeno due anni compie atti di libidine su tre bambine impuberi. Scrive il giudice: Il Nambrini si faceva lecito, nessuno presente, di usare atti indecenti e sconci toccandole nelle parti vergognose, ma pure consta, massime dalla ispezione medica, che non furono violentate e nemmeno vennero intraprese su di esse violazioni di sorta. Gli atti libidinosi (…) ove avessero dato pubblico scandalo potevano soggiacere a una punizione, ma in questo caso si tratta di “semplici traviamenti”.
Anno 1970, codice piemontese. Di una contadina quattordicenne di Orzinuovi il perito medico dice: “Si deve ritenere la lacerazione dell’imene poter essere stata portata tanto dall’atto del coito come da manustuprazione cui poteva essere dedita la ragazza”. L’imputato è assolto.
Siamo in clima positivista, quindi il perito medico era chiamato ad un responso indiscutibile e indiscutibile si sentiva lui stesso. Controllava la vagina inserendovi un dito: se la riteneva “stretta” significava che non c’era stata violenza, se “ampia” la ragazza era corrotta, se c’era del rossore era effetto di manustrupazione. Non vi erano altre analisi, non si badava a come camminasse la bambina per esempio, e tanto meno se aveva problemi psicologici o psicosomatici.
Con le leggi piemontesi non è più considerato stupro il rapporto con una donna consenziente, cioè si supera il giudizio che “delitto fosse la semplice fornicazione”, come voleva la Chiesa. Rimaneva la convinzione che una donna adulta e cosciente non poteva essere costretta al coito senza la sua volontà, le sarebbe bastato muovere il bacino per evitarlo, infatti “è più facile alla donna respingere l’immissione del pene che all’uomo praticarla”. Su questo erano d’accordo i due massimi giuristi, Carrara e Strassman: una bambina che chiama “peccato” i rapporti sessuali non è “imbecille”, quindi è in grado di opporvisi.
Nel corso del secolo, alla perizia medica, si affianca “la pratica giurisprudenza”.
La “pratica giurisprudenza “ è il secondo modo di infrangere la legge.
Scrive Carrara: se impuberi e alienate sono incapaci di consentire, non per questo dissentono, “i fanciulli e dementi si dibattono e strillano, ed usano ogni forza loro quando non vogliono subire una qualche cosa spiacente. Manca il consenso razionale, ma c’è quello animale (dove il termine riporta la donna a una primordiale natura ferina).
Inoltre la impubere può per curiosità o malizia precoce concorrere intellettualmente e fisicamente alla propria deflorazione.
Carrara cancella lo stupro anche a forza di distinzioni: la semplice mollitia violenta non è lo stupro che va distinto in semplice e qualificato. Il semplice non va punito, mentre il qualificato va distinto in seduzione vera o presunta e violenza. Una sottintende l’inganno, l’altra riguarda i casi dell’impubere e dell’alienata. Lo stupro qualificato da violenza dà vita alla violenza carnale che si distingue in consumata, tentata e oltraggio violento al pudore. Naturalmente ogni distinzione ha la sua dotta definizione.
Il significato di questa “giurisprudenza” si legge in una lettera del Procuratore del Re: Comprovare che vi sia stata violenza in un atto segreto in cui la resistenza ha i suoi gradi, e la volontà i suoi capricci, è assunto sempre difficile ed in queste difficoltà si vedono dalla pratica giurisprudenza stabilite certe presunzioni dalle quali desumere il concorso di questo carattere del reato. La persona stuprata deve aver opposto una resistenza sempre uguale e sempre costante, essendo bastevole che la resistenza abbia ceduto un istante per dirsi la stuprata consenziente; che vi sia una evidente disuguaglianza tra le sue forze e quelle dell’assalitore, dappoichè non può supporsi che vi sia stata violenza., quando si aveano i mezzi di resistere e non si sono adoperati; che la stuprata abbia conclamato e chiesto ajuto; da ultimo, qualche segno rimasto sulla sua persona attestasse la forza brutale, alla quale abbia dovuto cedere.
Seguirono aggiunte: i crini disciolti, il corpo cosparso di lividi ecc. Né si dimentichi che il peggior misogino era Cesare Lombroso (ormai in declino), come lo erano Flaubert, Schopenhauer, Zola.
Malgrado tutti gli insulti alla legge, che non prevedeva certo tali casistiche, le condanne per stupro arrivano al 15% circa. Analizzare il lessico usato sarebbe degno di un altro studio.
Con il Codice Zanardelli le pene sono intorno al 40%. Non tanto la legge, quanto la mentalità era cambiata: si estendeva il confronto a tu per tu fra i coinvolti, le perizie perdevano di peso. Ma si deve attendere il 1996 perché il reato di violenza sessuale non sia più un reato contro la morale, ma contro la persona, quindi entri a far parte di un altro capitolo del Codice. La legge passò per alzata di mano, essendo possibile che non fosse approvata col voto segreto.