MUSIL a Brescia: un progetto culturale per rilanciare la città
giugno 29, 2017 in Approfondimenti, Architettura e urbanistica da Laura Giuffredi
Dunque sembra sia giunta l’ora, dopo anni d’attesa: finalmente il Museo bresciano dell’Industria e del Lavoro (MUSIL) vedrà la luce, col concorso di Regione Lombardia, Provincia, A2A, Università degli Studi di Brescia e grazie al fondamentale contributo finanziario della società Basileus. L’inizio lavori è previsto per l’autunno di quest’anno per i primi due lotti del progetto, presentato lo scorso 10 giugno nel salone Vanvitelliano del palazzo Loggia, a Brescia.
Se “apologia del lavoro” e della sua dignità deve essere, così sia, come è giusto in una città come Brescia che si è costruita, tra Ottocento e Novecento, come città industriale ed ha sedimentato, soprattutto nel suo settore ovest, la massima concentrazione di fabbriche, opifici, case operaie.
Quel “comparto Milano” che l’Amministrazione comunale ha iniziato a recuperare, intorno alla bonifica in corso dell’“area Caffaro”, drammaticamente agli onori delle cronache di questi ultimi anni, come caso emblematico di gestione “disinvolta” di processi produttivi altamente inquinanti. In questo, Brescia si è tristemente distinta e purtroppo i nodi sono poi venuti al pettine: un “vaso di Pandora” che, scoperchiato, non ha ancora esaurito la sua carica distruttiva, anche in altre aree del Comune.
Ora però si vedrà sorgere, dallo scheletro della “Metallurgica Tempini” (12.500 mq) una nuova architettura aperta alla città, che alla città tutta vuole restituire un senso, servendosi della cultura.
Sarà il primo grande museo dell’industria e del lavoro in Italia, attrattivo anche in ambito europeo.
Gli spazi industriali storici dialogheranno con quelli di nuova realizzazione, progettati dall’architetto Klaus Schuwerk ben 14 anni fa: il fianco orientale del cimitero Vantiniano ed i suoi alti cipressi faranno da suggestivo fondale ai nuovi volumi del museo.
Utilitas, venustas, firmitas: sono questi i principi cardine cui Schuwerk si ispira nel suo lavoro.
Su tutto dominerà una squadrata torre, permeabile alla luce, dal valore simbolico come nuovo punto di riferimento urbanistico.
Altro corpo di fabbrica sarà una lunga hall lineare, come atrio espositivo e polifunzionale affacciato su una vasca d’acqua.
Un altro foyer lineare (stoà) collegherà gli spazi espositivi alla prevista piazza longitudinale.
Altri ampi ambienti, con copertura metallica voltata, l’uno, con campata a shed, l’altro, ospiteranno le mostre temporanee e le collezioni permanenti.
In questi spazi si vuole sanare l’apparente contraddizione tra natura transeunte dell’industrializzazione (la logica dell’utilità e dell’usa e getta) e volontà di conservazione della memoria culturale, che il museo saprà garantire.
La grande varietà dei materiali esposti sarà organizzata attorno ad alcuni temi-chiave: energia, metallurgia e meccanica, media e comunicazione, modi di vivere e lavorare
I materiali, di certo, non mancano, a partire da quelli conservati, organizzati, studiati dalla Fondazione Micheletti, da più di 20 anni anima di questo sforzo progettuale che apparve a lungo visionario e persino velleitario, in una città che in certe fasi della sua storia recente ha stentato a darsi una prospettiva ambiziosa e di lungo respiro, ma che finalmente sembra ora battere un colpo d’ala in un ambito, quello culturale, da troppi anni in sordina. Non solo conservazione, doverosa, dell’esistente, ma proposta di un nuovo orizzonte.