L’uguaglianza per salvare la Terra
settembre 6, 2015 in Approfondimenti, Recensioni da Mario Baldoli
C’è un tema davanti al quale di solito voltiamo la testa infastiditi, il più importante: è il futuro della Terra, quindi di noi tutti: il futuro ora è il clima. Il clima muta da sé, ciclicamente, ma rispetto al passato, il suo mutare è accelerato fortemente dal nostro modo di vivere, di consumare energia. E’ l’argomento dell’ultimo libro di Naomi Klein, Una rivoluzione ci salverà. Perché il capitalismo è insostenibile, Rizzoli. Titolo scellerato, mentre quello inglese è This Changes everything. Capitalism vs. the climate.
L’argomento è una sorpresa, dopo gli splendidi No logo e Shock economy sugli orrori del neo-liberismo, della riduzione delle persone ad oggetti, con l’unica regola del guadagno degli azionisti, quindi dello sfruttamento. Il sud est asiatico e la Cina i luoghi migliori dove produrre. E se in Cina aumentano i salari, ci sono l’India, la Malesia, la Thailandia, il Vietnam. Tra chi vi lavora è in testa la Nike, ma tante aziende fanno assemblare in Asia quanto è pericoloso per la salute.
Lo tsunami e l’esplosione nucleare di Fukushima (a. 2001) sono stati uno spettacolo: il Giappone riavvia il nucleare.
La Cina aumenterà le sue esportazioni con la svalutazione dello yuan, e proprio le sue esportazioni, in parte fatte dalle multinazionali, producono il massimo inquinamento.
Come sempre i libri della Klein sono da leggere, rigorosamente documentati, senza retorica. Partecipa a incontri e congressi internazionali in ogni parte del mondo, parla con i vertici, ha molti collaboratori.
Ma veniamo a Una rivoluzione ci salverà. Le attività umane del nostro tempo distruggono la Terra. Una crescita della temperatura oltre i 2 gradi, già verificata in alcuni punti del pianeta, scioglie i ghiacci polari, eppure nell’Artico va la Shell per estrarre petrolio. Cicloni, trombe d’aria, violente piogge e lunghe siccità trasformano ormai la nostra vita. Non salveremo la Terra, e forse non si salveranno nemmeno i ricchissimi che la distruggono.
All’origine della guerra contro la Terra, c’è il nostro consumo sempre crescente di energia che dagli Stati Uniti (il maggior consumatore al mondo è il loro esercito) corre ai paesi ricchi di petrolio, metano e minerali. Impadronirsene val bene la guerra, soprattutto se è quella civile che permette di vendere armi e anche guadagnare: Libia, Siria, Nigeria, ex Congo, Ucraina, Irak sono un affare. I profughi sono un problema solo degli stati.
Ora Usa e Canada possono diventare indipendenti dai paesi produttori di energia: ricavano il petrolio con la fratturazione idraulica delle rocce dei monti; il metano, dalle sabbie bituminose dell’Alberta, mentre ritorna in auge il carbone con nuove fatturazioni. Questi interventi provocano perdite enormi di gas, consumo altissimo di riserve d’acqua che restano inquinate da metano, violazione dei diritti umani, compresa la proprietà privata, cacciata degli indiani dalle terre loro concesse, distruzione dell’ambiente.
“A che serve una montagna per il gusto di avere una montagna?”
” Una pianta è una pianta” diceva Reagan. Che ce ne facciamo?
Gli oceani sempre più acidi? Un problema che sarà affrontato a suo tempo. E’ la propaganda delle multinazionali, le stesse che verosimilmente fecero uccidere il nostro Enrico Mattei.
Nel 2010 avviene nel golfo del Messico la più grande fuoruscita di petrolio: una piattaforma della BP esplode uccidendo 11 lavoratori , mentre il petrolio sgorga a 1500 metri sotto il livello del mare Nessuno è in grado di affrontare il problema, per cui sono incaricati gli stessi tecnici della BP. Dieci giorni dopo un gasdotto della Enbridge (multinazionale canadese) esplode nel Michigan provocando la maggior fuoruscita in terraferma di bitume diluito dalle sabbie dell’Alberta, apparentemente petrolio, ma meno degradabile (l’azienda cercò di nasconderlo). La tubatura era corrosa, ma l’azienda aveva ottenuto due volte una proroga. Così 3,8 milioni di litri contaminarono 55 km di corsi d’acqua, distrussero la vita in quei luoghi e ancora giacciono sul fondo dei fiumi. I treni diretti ai porti con questi materiali a volte esplodono, mentre il fracking aumenta i terremoti nei dintorni.
L’ultima catastrofe (Klein non poteva saperlo) è quella di Tainjin (letteralmente “Guado del fiume del paradiso”) in Cina, una città di 13 milioni di abitanti, a 100 km da Pechino. L’esplosione di un magazzino di carburanti distrusse la zona industriale e il porto dove presero fuoco alcune navi, uccise 112 abitanti, esclusi i dispersi, abbattè la casa di 17.000 famiglie, 1.700 imprese e 675 centri commerciali. Tainjin dovrà far parte di una megacittà da 130 milioni di abitanti, con al centro Pechino. Questo “Guado del paradiso” ospita dal 2007 la sessione estiva del World Economic Forum di Davos, fondato da un professore di business dell’Università di Ginevra. Ad esso sono associate un migliaio di grandi aziende e multinazionali, le prime nel loro settore o paese. Il suo scopo è prevedere l’orientamento degli sviluppi futuri. I suoi incontri sono a porte chiuse, a volte sono invitati capi di governo. All’ultimo c’era Renzi.
Torno ora a Klein: il Mediterraneo si va riempiendo di piattaforme che ricavano cattivo petrolio da profondità sempre maggiori. Sono a rischio le nostre coste e le isole greche (ora è attaccata la penisola Calcidica che resiste).Scienziati pazzi, ben finanziati da “benefattori” come Bill Gates, studiano come diminuire il clima sulla terra coprendo i paesi ricchi con calotte che intercettano il sole, o aerei che risucchiano l’anidride carbonica. Che il cielo sia sempre grigio, che perda la bellezza di indimenticabili paesaggi, valli percorse da torrenti, boschi, animali che corrono in libertà (di cui abbiamo già distrutto varie specie), salmoni che risalgono i fiumi non interessa. Tanto meno che ciò comporti anche la rovina del clima dei poveri: le fine dei monsoni, per esempio, o la fine del Nilo.
I capitalisti vogliono salvare il mondo col capitalismo e (secondo me) riescono a nascondere i loro clamorosi fallimenti.
La disuguaglianza economica e il cambiamento climatico sono madri delle stesse crisi. Ci sarebbero le organizzazioni verdi, ma molte, Wwf compreso, ritengono di dover collaborare coi capitalisti per attenuare i danni dello scempio, ricevendo quindi montagne di soldi.
Infine Klein mostra che nel mondo ci sono anche delle opposizioni.
Contro la follia delle estrazioni, descrive vari episodi di rifiuto: resistenze legali, migliaia di persone (ricchi, poveri e indiani nativi del posto) che improvvisamente si scoprono solidali, bloccano il loro territorio e impediscono gli scavi.
Ma tutto ciò – scrive – va legato alla proposta di fonti di energia alternative di facile realizzazione e bassi costi, energia che deve essere messa al più presto in funzione per far capire che ci sono altre soluzioni. Naturalmente è vero che certe comunità sono così povere da accettare gli indennizzi di una multinazionale, come è vero che i parlamentari di ogni paese, soprattutto degli Stati Uniti, sono corrotti dalle lobby, ma le azioni comuni fanno intravvedere una società dell’interdipendenza.
Bisogna agire come in passato: l’abolizione della schiavitù comportò miliardi di perdite economiche, come l’allontanamento dei colonizzatori dal Terzo mondo. Così va sconfitta la mentalità del libero mercato. E qui Klein accenna solo in breve alle guerra che queste azioni hanno comportato: è necessario oggi lo stesso numero di morti? Certamente non c’è una forza come quelle in grado di opporsi alla distruzione della Terra.